Negoziati Serbia-Kosovo: a Bruxelles nulla di fatto

3 aprile 2013

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“Il divario tra le parti è ora molto stretto, ma resta profondo”. Questa l'istantanea dell'ottavo e inconclusivo round di negoziati sulla normalizzazione delle relazioni bilaterali tra Serbia e Kosovo fatta da Cahterine Ashton, Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri.

Questa è l'ultima volta che ci incontriamo formalmente”, ha poi aggiunto la Ashton. “Le delegazioni ora torneranno in patria per consultazioni, e mi annunceranno e proprie decisioni nei prossimi giorni”.

L'incontro di ieri a Bruxelles, che era stato presentato come “decisivo”, non ha dato invece i risultati sperati. Le due delegazioni, guidate dal premier kosovaro Hashim Thaçi e dall'omologo serbo Ivica Dačić (accompagnato nell'occasione dal vice-premier e leader del Partito progressista Aleksandar Vučić) hanno dato inizio a varie sessioni di incontri dalla tarda mattinata.

L'atmosfera del dialogo è apparsa subito molto tesa. Oggetto del contendere, il nodo più complesso rimasto sul tavolo: le competenze della futuribile Associazione delle municipalità serbe in Kosovo, che Belgrado vuole in cambio dello smantellamento delle proprie strutture nel Kosovo settentrionale, regione a larga maggioranza serba.

Più volte la Ashton, nel suo ruolo di facilitatore del processo negoziale, ha chiesto di effettuare pause di riflessione per avvicinare le posizioni. Dopo 14 ore di trattative, però, ha alzato bandiera bianca.

In sofferenza è apparsa soprattutto la delegazione serba. Dačić ha confermato la distanza delle parti sulle competenze da attribuire alle municipalità serbe in Kosovo, che Belgrado vorrebbe con poteri esecutivi e di controllo su polizia e giustizia. “Riguardo al tavolo negoziale, in una situazione normale, non credo che qualcuno potrebbe definire accettabili le proposte che ci vengono fatte”, ha dichiarato il premier serbo a negoziati chiusi. “Ma oggi è difficile dire se abbiamo davanti soluzioni migliori”.

A pressare Belgrado è la decisione dell'UE di definire o meno una data di apertura dei negoziati di adesione della Serbia, attesa il prossimo giugno. Dačić ha confessato che, dopo il non esito dell'incontro di ieri “è molto difficile” per la Serbia sperare in una risposta positiva da Bruxelles.

Più rilassato è apparso Thaçi, che ha rimarcato la “vicinanza” tra la posizione di Pristina e quelle di UE e Stati Uniti. “Ripeto: l'associazione delle municipalità serbe non avrà poteri esecutivi o legislativi. Siamo pronti a offrire tutte le condizioni che derivano dalla costituzione del Kosovo e dai principi europei”, ha dichiarato il premier kosovaro, che poi ha aggiunto:“nel porre le nostre condizioni siamo stati estremamente altruisti”.

Thaçi non ha risparmiato frecciate al “progressista” Aleksandar Vučić. “Nelle discussioni di oggi erano presenti nuovi partecipanti che non sono ancora venuti a patti con la nuova realtà del Kosovo. Evidentemente hanno avuto bisogno di tempo per rendersi conto del cambiamento e rompere con la politica di Šešelj”.

Anche Dačić ha indirettamente confermato tensione interna nella delegazione serba. “Consapevole della complessità dei problemi, durante i negoziati Vučić mi ha offerto le dimissioni”, ha dichiarato il premier serbo. “Che io, naturalmente ho rifiutato”.

Resta da chiarire quale sarà il prossimo passo: nonostante la durezza dei toni, le parti hanno infatti rinnovato l'intenzione di arrivare ad un compromesso. Le parole della Ashton fanno pensare che non ci sarà un nuovo round negoziale a Bruxelles, ma sia Dačić che Thaçi hanno parlato di un possibile nuovo incontro la settimana prossima.

Con quale formula, però, resta da vedere.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa