Preševo, rimosso il monumento della discordia
21 gennaio 2013
Alla fine, il monumento è andato giù. Anzi su. Ieri mattina, alle prime luci di una livida alba d'inverno, la pala del bulldozer l'ha sollevato di peso, depositando la grossa stele di marmo su un camion parcheggiato pochi metri più in là. Intorno, in un silenzio quasi irreale, decine di agenti della gendarmeria serba armati fino ai denti, e alcune troupe di giornalisti. Il camion è poi partito, uscendo dalla città, destinazione ignota.
E' finito così, almeno per il momento, il braccio di ferro tra Belgrado e i rappresentanti della comunità albanese della Serbia meridionale sul monumento ai caduti dell'“Esercito di liberazione di Preševo, Medveđa e Bujanovac” (UÇPMB), eretto a metà novembre 2012 nella piazza centrale di Preševo.
Il monumento era dedicato alla formazione paramilitare (considerata terrorista dal governo serbo) che dal 1999 al 2001 ha operato nelle municipalità a maggioranza albanese della Serbia meridionale, con l'obiettivo politico di congiungerle al vicino Kosovo. Lo scontro aveva provocato alcune decine di morti sia nelle fila dei ribelli che tra le forze di sicurezza serbe. Vittime c'erano state anche tra i civili.
Una decisione che aveva da subito provocato dure polemiche. Se per i politici albanesi locali, come il presidente delle municipalità di Preševo Ragimi Mustafa, la stele era un simbolo del rispetto alla storia e alle sofferenze di tutte le comunità, compresa quella albanese, per Belgrado il contestato monumento non rappresentava altro che un'intollerabile provocazione politica.
"E' meglio che lo rimuova chi l'ha messo”, aveva dichiarato di recente il premier serbo Ivica Dačić, dando poi il 16 gennaio come ultimatum. Da parte albanese, però, era arrivato un secco no, anzi, alcuni veterani dell'UÇPMB avevano minacciato resistenza armata a qualsiasi tentativo di rimozione.
Nonostante il clima di tensione, lo sgombero è avvenuto senza incidenti. Questo non significa però che l'azione di ieri mattina abbia calmato gli animi: ancora una volta la memoria di conflitti lontani o recenti, nei Balcani diventa ragione e sostanza di nuove divisioni.
Dačić ha espresso soddisfazione, dichiarando che “la Serbia ha mandato un messaggio forte e chiaro che nessuno è più forte dello stato”. Gli albanesi di Preševo, però, hanno già annunciato una protesta oggi a ora di pranzo. L'ex UÇPMB Orhan Rexhepi, ai microfoni di Al Jazeera Balkans, si è spinto più in là. “Sono grato alla Serbia”, ha dichiarato alla tv qatarina, “perché oggi ha segnato il futuro della valle di Preševo, che diventerà quanto prima parte del Kosovo, e quindi dell'Albania”.
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