© Teerasan Phutthigorn/Shutterstock

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Un recente report redatto dall’Associazione dei giornalisti indipendenti della Serbia insieme al Balkan Investigative Reporting Network analizza le problematiche riguardanti la sicurezza dei giornalisti sul web guardando al caso specifico della Serbia e suggerisce come rendere l’ambiente editoriale meno pericoloso

23/08/2023 -  Ettore Morello

Le minacce e gli attacchi ai giornalisti sono sempre più frequenti e nella maggior parte dei casi colpiscono direttamente i sistemi informatici, i siti web, la posta elettronica e generalmente i documenti digitalizzati. Come emerge da un recente report a cura dell’Associazione dei giornalisti indipendenti della Serbia (NUNS) e del Balkan Investigative Reporting Network (BIRN), spesso le aggressioni ai giornalisti avvengono tramite insulti, intimidazioni, diffamazione e abuso di identità digitale. I media possono essere oggetto di campagne orchestrate di troll e di diffusione di disinformazione, favorite dall’anonimia del web, portando a segnalazioni infondate e alla rimozione dei contenuti dai social media. La mancanza di meccanismi di protezione e la poca chiarezza nel definire i comportamenti incriminati non fanno altro che alimentare il fenomeno.

Le conseguenze di queste minacce sono molteplici e influenzano il lavoro dei giornalisti, la comunicazione con le fonti e con i colleghi e la qualità stessa delle informazioni destinate al pubblico. L’ambiente mediatico, come sottolineato dal rapporto del 2023 di “Reporters without borders” , sta subendo un deterioramento progressivo per quanto riguarda la libertà di stampa. 

Il problema coinvolge sempre di più il mondo digitale, a proposito del quale organizzazioni del settore, come i partner del consorzio europeo Media Freedom Rapid Response (MFRR) citato nel report, sottolineano come gli attacchi online siano ormai equiparabili in numero a quelli reali. 

Come sottolineano le autrici del report, questa tendenza è visibile ad esempio in Serbia, dove da anni si assiste ad una continua erosione delle istituzioni democratiche e della libertà di stampa e ad una crescente polarizzazione mediatica. In questo contesto socio-politico considerato parzialmente libero , frequenti sono gli attacchi online a giornalisti che investigano casi di corruzione, abuso d’ufficio e criminalità organizzata. 

Molti degli attacchi avvengono con l’uso di bot (spesso su Twitter) attraverso commenti postati sui portali web dei media, sulle piattaforme di contenuti e anche sui profili social personali. 

Tra i meccanismi di difesa individuati dai giornalisti serbi c’è quello dell’auto protezione e il ricorso a procedure di protezione da parte delle redazioni e delle piattaforme. L’auto protezione consiste nell’utilizzo da parte dei giornalisti degli strumenti dei social media per nascondere account inclini al linguaggio d’odio oppure vietare alcune parole specifiche. 

Da parte loro, le redazioni, per contrastare il fenomeno delle minacce online, svolgono il ruolo di moderatrici dei commenti che ricevono attraverso le pagine web. La situazione, soprattutto per le autrici, resta tuttavia preoccupante, poiché le redazioni spesso mancano di meccanismi interni per rispondere efficacemente agli attacchi, che per di più stanno diventando un fenomeno sempre più percepito come “normale”. Anche rivolgersi direttamente alle piattaforme o alle istituzioni ha portato finora a pochi risultati: identificare gli aggressori è difficile se non impossibile, soprattutto quando gli aggressori si nascondono dietro profili anonimi. 

Insulti, minacce e messaggi d’odio hanno un forte impatto sulla vita sia professionale che personale dei giornalisti in Serbia. Nonostante ciò, come evidenziano le autrici, nessuno dei giornalisti e delle giornaliste intervistati per questo report ha mai rinunciato al proprio lavoro a causa delle intimidazioni subite.

Quadro legislativo carente per le minacce online

Il quadro normativo serbo, seppur non privo di leggi a tutela della sicurezza dei giornalisti, manca di disposizioni specifiche per affrontare le minacce e gli attacchi online. Esiste infatti una protezione speciale per i giornalisti che lavorano in un ambiente caratterizzato da pericoli per la sicurezza, omicidi aggravati e lesioni personali gravi. Le sfide per l’ordinamento sorgono a causa sia del mancato adattamento delle leggi al mondo digitale sia per la presenza dei profili anonimi che rendono difficile l'identificazione dei colpevoli. La stessa definizione stringente di minaccia grave, stabilita dalla prassi dei tribunali, non rende perseguibili criminalmente gli autori delle intimidazioni online. L'analisi dei casi infatti rivela una prevalenza di sentenze sospese (14 su 17) per molestie online in Serbia, con soli tre casi che hanno portato alla, seppur limitata, detenzione effettiva. I procedimenti giudiziari e l'ulteriore vittimizzazione che comportano vanno a scoraggiare giornalisti e soprattutto giornaliste dal denunciare le minacce subite online.  

Le raccomandazioni del report per affrontare gli attacchi online ai giornalisti sono rivolte in particolare ai governi e ai pubblici ufficiali ma anche alle redazioni stesse. Si sottolinea la necessità non solo di maggiore celerità nelle indagini da parte dei pubblici ufficiali ma anche di un più serio adattamento normativo alle direttive UE in materia; emendare la legge sulla pubblica informazione e i media e riformare il codice penale rimangono altri due imperativi del momento per la Serbia. 

Da parte loro, le redazioni dovrebbero creare protocolli chiari di sicurezza online per incentivare i giornalisti a denunciare gli attacchi sulle piattaforme digitali. La formazione dei giornalisti sui meccanismi di protezione è dunque essenziale così come quella di giudici, PM, avvocati e ministeri sulle diverse tipologie di attacchi al giornalismo sul web. 

L’introduzione di normative per ridurre l'impatto delle vittimizzazioni secondarie (ovvero delle ulteriori minacce e aggressioni che i giornalisti possono subire durante il processo) garantirebbe un servizio giornalistico più completo e privo di auto censure. I politici e i pubblici ufficiali dovrebbero evitare discorsi che incitino all’odio online e prontamente condannare gli attacchi digitali ai giornalisti. Infine, una migliore collaborazione tra stato, società civile, organizzazioni e settore tecnologico contribuirebbe alla creazione di un ambiente mediatico e digitale più sicuro.


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