Quando sono iniziati gli aiuti ai paesi dei Balcani? Che tipo di aiuti hanno ricevuto? Che cifre sono state stanziate e in che modo? La prima parte di un'analisi sull'aiuto estero ai Balcani in questi ultimi dieci anni
Nel 1996, come si racconta, Carl Bildt prelevò 210.000 dollari da una banca a Bruxelles, li mise in una valigetta e partì per Sarajevo. È in questo modo che incominciò l'impegno per la ricostruzione in Bosnia Erzegovina (BiH). Allora in Bosnia ovviamente non esisteva un sistema bancario.
Di storie così ce ne sono altre; ne girano parecchie. Raccontano dell'intraprendenza e dell'impegno di professionisti dell'aiuto. E sono belle storie da raccontare. Descrivono anche le sfide dell'avviare un'operazione di aiuto.
In ogni caso sembra che avviare l'aiuto, per quanto possa essere pieno di sfide, è meno difficoltoso che dare un termine all'aiuto. E soprattutto, di dire quali siano stati i suoi risultati.
Dopo circa dieci anni dall'inaugurazione simbolica del processo di ricostruzione post-bellica, col prelievo di denaro da parte di Carl Bildt, la questione dell'aiuto estero ai Balcani è ancora irrisolta.
Prima ancora di tentare di rispondere ad alcune delle domande chiave, come quelle sull'efficacia (l'aiuto ha funzionato?) e sull'impatto (quale è stato l'effetto?), ci sono domande a monte ancora senza risposta.
A cominciare dalla domanda: Quanto? Quanti aiuti hanno ricevuto i Balcani nel periodo di transizione?
Per quanto possa sembrare facile, questa domanda a tutt'oggi non ha ancora una risposta precisa.
Un articolo del "New York Times" del 2003, lo stesso che parlava della valigetta del signor Bildt, stimò che l'aiuto alla Bosnia Erzegovina nel periodo post-bellico (1996-2003), fosse tra i 5 e i 15 miliardi di dollari americani. Non certo è ciò che si potrebbe definire una stima precisa, considerando che l'intero PIL della BiH nei primi anni del 2000 si aggirava intorno agli 11 miliardi di dollari, e nell'immediato dopo-guerra ammontava a circa la metà, avvicinandosi ai 6 miliardi di dollari.
In ogni caso, se si può considerare il 1996 come anno d'inizio dello sforzo per la ricostruzione (nella ex Jugoslavia) - che fu poi interrotto da altre due guerre: in Kosovo nel 1999 e in Macedonia nel 2001 - l'assistenza internazionale era già attiva nella regione da 6 anni, a partire dal 1990/91.
L'aiuto alla ex Jugoslavia in questa prima fase, consisteva soprattutto in soccorsi in stato d'emergenza. Ma non ovunque. La Macedonia, che rimase esclusa dalle guerre fino al 2001, ebbe l'opportunità di usare i fondi per uno sviluppo normale, cioè non emergenziale, durante questo periodo. Anche l'Albania, che non fu attraversata da guerre, ad eccezione del collasso statale del 1997 dopo il crollo dello schema piramidale dei risparmi, potè diversificare l'utilizzo dei fondi. In ogni caso ad un certo punto, il conflitto nella regione influenzò fortemente l'aiuto sia per la Macedonia sia per l'Albania. In maniera anche molto diretta: nel 1999 si videro entrambe moltiplicato l'ammontare dell'aiuto, in risposta alla crisi dei rifugiati kosovari e all'enorme numero di rifugiati che ospitavano. Si potrebbe ragionevolmente osservare che questo aiuto non era assistenza diretta alla Macedonia e all'Albania.
Allargando lo sguardo ai Balcani, o al sud-est Europa, l'aiuto a Bulgaria e a Romania mirava a sostenere una transizione diversa, costante e pacifica. Questo voleva dire che i soldi venivano elargiti per diversi motivi, ma anche che avevano una provenienza diversa.
Quindi, quanto aiuto hanno ricevuto i Balcani?
Dati del Comitato Assistenza allo Sviluppo (Development Assistance Committee - DAC) dell'OCSE, il maggior esperto globale di aiuto estero, indica che nel periodo 1990-2005, i paesi dei Balcani occidentali (ex Jugoslavia, meno Slovenia, più Albania) hanno ricevuto niente meno che 41,5 miliardi di dollari. Di questi, 5,3 miliardi di dollari sono andati all'Albania e il resto ai paesi e ai territori della ex Jugoslavia.
Le confinanti Bulgaria e Romania si sono spartite l'ammontare di 11,5 miliardi di dollari, portando l'ammontare totale dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) alla regione, nel corso di 16 anni di transizione, a 53 miliardi di dollari. L'APS include i soldi provenienti dai governi (bilaterali) e dalle organizzazioni internazionali (multilaterali), come la Banca mondiale, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, le Nazioni Unite, etc. Anche le donazioni della Commissione Europea sono considerate multilaterali.
Per un ulteriore confronto, i quattro paesi dell'Europa centro-orientale - Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria - si sono spartite un totale di 44,8 miliardi di dollari nel periodo 1990-2004, anno in cui fecero il loro ingresso nell'UE.
Questo porta l'aiuto complessivo all'Europa dell'est a 97,9 miliardi di dollari, nel periodo 1990-2004-2005.
41 miliardi di dollari ai Balcani occidentali è un aiuto cospicuo? Sì, la risposta è semplice, è cospicuo. Eppure, fondamentali rimangono il punto di vista e il termine di paragone.
Un paragone molto frequente è quello del prezzo della pace opposto a quello della guerra.
In una lettera al "Washington Post" del 29 luglio 1999, appena prima del summit del Patto di Stabilità, il filantropo privato più coinvolto in questa parte del mondo, George Soros, suggerì che il costo di ricostruzione e integrazione dei Balcani avrebbe "a malapena superato quello dell'intervento umanitario ma (che) i benefici sarebbero stati incommensurabilmente maggiori." L'uso dell'espressione "intervento umanitario" designa qui l'operazione militare del bombardamento NATO di Serbia, Montenegro e Kosovo.
Anche riguardo a questa questione, ci sono diversi punti di osservazione. La campagna di bombardamenti NATO in Serbia, è costata tra i 2,5 e i 4 miliardi di dollari, o detto altrimenti molto meno degli aiuti elargiti alla regione. Si stima comunque che il costo della presenza della forza militare di pace nella regione arrivi agli 8,9 miliardi di dollari all'anno, cifra che supera facilmente l'ammontare degli aiuti alla regione in uno qualsiasi degli anni a partire dal 1990, perfino nell'anno cruciale del 2002 quando, in seguito all'enorme estinzione del debito della Serbia dopo l'estradizione di Slobodan Milosevic al Tribunale penale internazionale dell'Aja, l'APS complessivo ai Balcani ha raggiunto il picco storico di 5,3 miliardi di dollari.
In ogni caso, il costo di mantenimento delle truppe nella regione è un costo di pace, piuttosto che di guerra, osserverebbero in molti. Tuttavia è evidentemente, di gran lunga più alto di quello di una vera e propria assistenza ai Balcani. (1 - continua)