Ter-Petrosyan ed i suoi sostenitori denunciano irregolarità nelle operazioni di voto e ad una settimana dalle elezioni presidenziali rimane ancora tesa la situazione in Armenia
Nonostante lunedi la Commissione elettorale centrale abbia dichiarato ufficialmente la vittoria di Serhz Sarksyan, con il 52,82% dei voti, continuano le proteste e le manifestazioni dei sostenitori di Ter-Petrosyan, l'ex presidente che il 19 febbraio ha ottenuto il 21,5% dei voti.
Fin dalle prime ore successive alla chiusura dei seggi, Ter-Petrosyan ed i suoi sostenitori avevano denunciato irregolarità nelle operazioni di voto ed anche numerosi casi di aggressione ai danni di elettori e sostenitori di Ter-Petrosyan. Nella giornata di sabato almeno 40.000 persone hanno manifestato nel centrale piazza della Libertà ad Erevan per protestare contro l'elezione di Sarksyan. "Siamo venuti a difendere i nostri voti" raccontano i manifestanti, come riportato dal settimanale armeno di Istanbul, Agos. Nel mirino delle proteste anche la televisione di stato, accusata di essersi schierata a fianco di Sarksyan. Fuori Halur!, uno degli slogan più gettonati, e che prende di mira il telegiornale della sera.
Migliaia di persone sono tornate a manifestare nelle strade della capitale anche nella giornata di lunedì.
Nel frattempo la polizia ha proceduto all'arresto di numerosi personalità vicine a Ter-Petrosyan. Per alcuni, come Ashot Zakaryan leader di un piccolo partito di opposizione, l'accusa è stata quella di aver ostacolato il lavoro delle commissioni elettorali. Per altri, come l'ex Procuratore Generale Gagik Jahangirian, quella di detenzione di armi da fuoco.
La polizia ha anche ammesso di aver chiuso gli uffici elettorali di Ter-Petrosyan in tutto il Paese, allo scopo di prevenire "la destabilizzazione della situazione politica".
Nei suoi interventi durante le manifestazioni di questi giorni, Ter-Petrosyan ha garantito di voler continuare a contestare i risultati del 19 febbraio, facendo anche ricorso alla Corte costituzionale "Abbiamo 10-15 giorni per presentare l'appello. Nessuno deve dubitare della nostra vittoria".
Ter-Petrosyan si è rivolto poi agli studenti universitari invitandoli a boicottare le lezioni.
"La mobilitazione popolare è crescente e la disintegrazione del sistema di governo si approfondisce di giorno in giorno".
Il presidente della repubblica in carica, Robert Kocaryan, di fronte alle proteste ha invitato la polizia e le forze armate "a garantire l'ordine costituzionale nel paese" accusando Ter-Petrosyan di volersi impadronire del potere con metodi illegali.
La protesta più clamorosa si e' verificata nella giornata di lunedì quando sei alti diplomatici, tra i quali l'ambasciatore in Italia, hanno reso noto un documento nel quale si esprime "il bisogno per l'Armenia di avere un presidente democraticamente eletto". I diplomatici esprimono poi "la loro solidarietà per tutti gli armeni che stanno combattendo per la libertà e un'autentica democrazia nel paese." Un'iniziatica costata ai sei diplomatici l'immediata destituzione dai loro incarichi decisa dal ministro degli esteri Oskanyan. "Ho firmato a malincuore il documento di destituzione ma come può un ambasciatore designato dal presidente aderire ad un movimento politico che definisce lo stato una cleptocrazia?". Oskanyan ha poi accusato i diplomatici di avere strette relazioni personali con l'ex presidente Ter-Petrosyan " Conoscevamo le loro posizioni politiche fin dal principio".
Le istituzioni internazionali, in particolare l'OSCE, che hanno monitorato il processo elettorale lo hanno giudicato "sostanzialmente in accordo con gli standard democratici" non senza però rimarcare "seri problemi durante lo scrutinio ed una generale mancanza di fiducia nel processo elettorale".
Il ministro degli esteri slovacco Jan Kubis, in rappresentanza del Consiglio di Europa si è recato a Erevan per incontrare il suo omologo Oskanyan. Al termine dell'incontro Kubis ha definito le elezioni presidenziali "un altro positivo passo verso lo sviluppo democratico del Paese" auspicando poi che "il governo farà tesoro delle raccomandazioni e delle critiche degli osservatori internazionali e che nel futuro prenderà provvedimenti per migliorare l'atmosfera elettorale nel Paese".
L'organizzazione Human Rights Watch per bocca della responsabile per Europa ed Asia Centrale, Holly Cartner, ha invece invitato il governo a compiere indagini di fronte alle accuse mosse dall'opposizione "Il governo armeno deve mettere in atto indagini rapide ed indipendenti per assicurare la giustizia e dare un segnale che le intimidazioni non saranno accettate". HRW ha invitato anche l'OSCE ad inserire nel proprio rapporto sulle elezioni i numerosi casi di violenza denunciati dagli elettori.
In attesa che Sarkisyan si insedi nel palazzo presidenziale il prossimo 9 aprile, arrivano intanto le reazioni dei due vicini "speciali" dell'Armenia, Azerbaijan e Turchia.
Da Baku il ministro degli esteri azero Araz Azimov, ha dichiarato " Ci aspettiamo che il nuovo presidente compia passi in conformità alle norme internazionali in direzione della soluzione del conflitto ed è necessario che si comprenda che la pace con l'Azerbaijan non ha alternative. L'integrità territoriale dell'Azerbaijan deve essere riconosciuta".
Sul versante turco, all'indomani delle elezioni il presidente della repubblica Gul in un messaggio a Sarksyan si è congratulato con il neo-presidente esprimendo anche l'augurio che la sua elezione possa rappresentare un'occasione "per arrivare alla normalizzazione delle relazioni tra i due popoli che hanno saputo vivere insieme nella concordia e nella pace per centinaia di anni".
Proprio il 19 febbraio scorso, in una intervista al canale CNNTurk, il ministro degli esteri armeno Oskanyan aveva ribadito che per l'Armenia il riconoscimento del genocidio da parte della Turchia non costituisce una precondizione per il ristabilimento di normali relazioni bilaterali, ed aveva invitato il governo di Ankara a riaprire i confini tra i due paesi, chiusi dal 1993.