Continua il dibattito carico di astio su chi siano i veri colpevoli, mentre i parenti delle vittime commemorano un'altro anniversario della tragedia
Di Alan Tskhurbayev in Vladikavkaz - IWPR
Traduzione a cura di Caterina Brandmayer
Nella 'scuola no.1' di Beslan c'è un continuo flusso di persone che piangono le vittime di quel giorno che due anni fa ha sconvolto il mondo. Accendono candele e lasciano fiori e bottiglie d'acqua, la stessa acqua allora negata ai prigionieri.
Le pareti della palestra, dove gli ostaggi furono tenuti e alcuni uccisi, sono coperte di fotografie delle vittime: bambini, insegnanti e agenti delle forze dell'ordine periti nel tentativo di soccorrerli. Quel settembre 2004, 332 civili, tra cui 186 bambini, persero la vita.
Susanna Dudieva, capo dell'ONG Madri di Beslan, regge la foto della figlia Zaur, tredicenne, mentre accetta le condoglianze delle persone venute a commemorare le vittime. Come lei molte altre, vestite di nero.
Il triste anniversario è durato tre giorni, dall'1 al 3 settembre. Alle 13.05 dell'ultimo giorno, esattamente due anni dopo la prima esplosione nella scuola, 332 palloncini bianchi si alzano in cielo, uno per ogni vita venuta meno. C'è stato un minuto di silenzio nell'intera regione dell'Ossezia del Nord.
Due anni dopo quel sanguinoso evento, ci sono ancora molte polemiche riguardanti il vero svoglimento dei fatti e le successive investigazioni, peraltro non ancora concluse.
"Ci hanno ingannato per ben due anni. Abbiamo smesso di credere a chiunque, a Putin come al pubblico ministero" ha detto Rita Sidakova, che ha perso la figlia di nove anni.
Poco prima di questo anniversario, è emersa una nuova versione dei fatti. Yuri Saveliev, membro della commissione parlamentare russa per l'indagine sull'accaduto, ha infatti pubblicato un rapporto di 700 pagine basato sulle testimonianze di ostaggi e testimoni e supportato da studi forensi.
La conclusione proposta dal rapporto non concorda con la versione ufficiale, secondo la quale i militanti fecero esplodere gli ordigni nella palestra, volontariamente o accidentalmente, prima che le forze di sicurezza irrompessero nell'edificio. Saveliev afferma infatti che le prime due esplosioni furono causate da colpi di arma incendiaria e dallo scoppio di una granata lanciata dal tetto di una casa vicina alla palestra. Seguirono un incendio e una serie di esplosioni che uccisero 106-110 ostaggi. In aggiunta, secondo quanto si afferma nel rapporto, l'ordine di spegnere le fiamme giunse solo due ore dopo.
Il 2 settembre, mentre a Beslan continuavano gli eventi commemorativi, sono state sequestrate copie del rapporto di Saveliev all'aereoporto della città. Secondo quanto dichiarato dal capo redattore del sito Pravda Beslana, Marina Litvinovich, a IWPR (Institute for War and Peace Reporting), la polizia ha sequestrato circa 300 copie, in seguito restituite solo grazie alle proteste dei famigliari dei defunti.
Il rapporto doveva essere distribuito gratuitamente, e a Beslan è stato accolto positivamente.
"La gente di Beslan conosceva la verità da tempo. Questo rapporto è molto importante per il resto delle persone in Russia, cosicchè sappiano cosa è davvero successo," ha detto Vissarion Asayev, un residente di Beslan.
Il rapporto di Saveliev propone una conclusione che corrisponde a quella sostenuta dalla commissione parlamentare investigativa dell'Ossezia del Nord, guidata da Stanislav Kesayev.
"Se due persone arrivano alla stessa conclusione indipendentemente non può trattarsi di una coincidenza" ha detto Elbrus Tedtov, che ha perso il figlio undicenne. "Saveliev è un esperto di cui ci si può fidare."
"Questo è un lavoro incredibile," ha affermato Ella Kesayeva, a capo della commissione 'Voci di Beslan', "in questi due anni nessuno nella commissione federale parlamentare ha fatto uno studio di precisione e serietà pari a quello di Saveliev. Il suo rapporto è ricco di informazioni tecniche e concrete, dovremmo usarlo come manuale. La verità la conosciamo da tempo: non è certo una novità il fatto che furono i militari i primi ad aprire il fuoco e ora ne abbiamo la prova scientifica."
Nel frattempo la commissione di 'Voci di Beslan' ha fatto ricorso contro la sentenza su Nurpashi Kulayev - ritenuto essere il solo rapitore sopravvissuto - condannato all'ergastolo lo scorso maggio per partecipazione in attentato terroristico e omicidio.
La commissione non si oppone al verdetto, ma afferma che il tribunale non ha correttamente considerato le testimonianze di persone presenti e degli ostaggi riguardanti le cause delle prime due esplosioni e la condotta delle forze di sicurezza. 'Voci di Beslan' afferma che le prove presentate al processo di Kulayev sarebbero sufficienti per accusare gli ufficiali delle forze russe.
"Non rinunceremo ad agire legalmente contro lo stato", ha detto Kesayeva. "Ci sono proteste anche verso Putin, che sostiene questa farsa. Non avremo pietà per nessuno. Gli chiederemo se davvero gli fu impossibile prevenire il massacro di due anni fa. Perché cerca di convincere chiunque che è impossibile fermare gli attentati terroristici?"
L'appello di 'Voci di Beslan' è ora al vaglio della Corte Suprema della Russia, e, nel caso fosse rifiutato, Kasayeva afferma che sono pronti a presentarlo ad una Corte di giustizia internazionale.
A Beslan si sta discutendo di cosa fare delle rovine della scuola, e in particolare della palestra. Soprattutto riguardo quest'ultimo spazio, i famigliari delle vittime non tollerano che venga modificato. "Qui, tra le rovine della palestra, mi sento in qualche modo piu' tranquilla," dice Anneta Gadieva, che ha perso una bambina di 4 anni.
Ci sono progetti per costruire una cappella ortodossa dove un tempo vi era la palestra, ma non tutti accolgono questa proposta positivamente.
"Non sono contro il fatto di costruire una cappella" dice Dudieva. "Ma che sia nel giardino della scuola, qualsiasi posto, purché non sia dove c'era la palestra, dove ho perso mio figlio. Questo non deve essere assolutamente dimenticato."
"Riteniamo che la scuola debba essere preservata fino al momento in cui le indagini saranno concluse e i colpevoli individuati," ha detto Kesayeva. "Le autorità vogliono rimuovere le macerie per dimenticare le proprie colpe. Questo è il motivo per cui vogliono costruire una cappella e noi non possiamo permetterlo. La palestra è la prova più eclatante contro le forze di sicurezza."
Al contempo, lo psicologo Oleg Kisiev, attivo a Beslan, ha sottolineato che la presenza delle rovine della scuola altro non fa che prolungare il dolore dei famigliari delle vittime. "Chiunque abbia perso una persona cara in quel massacro rivive un ulteriore trauma ogni volta che rivede la scuola. In questo modo le ferite continueranno a riaprirsi, senza possibilità di guarigione."