Sui libri di testo della Bosnia Erzegovina bambini della stessa età studiano tre versioni diverse della storia (istorija/ historija/ povijest), a seconda della nazionalità di appartenenza. Il settimanale sarajevese DANI analizza tre libri di storia per la terza media
Di Amer Obradović, DANI, 2 settembre 2005 (tit. orig. Jedna duša a nas troje)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Dicono che scrivere la storia sia un lavoro del diavolo. Si tratta di una scienza di cui si afferma che è scritta dai vincitori, che è soggetta ai miti, allo storcimento dei fatti, che è ideale per risvegliare le passioni nazionali... Come chiamare allora "gli eroi" che osano scrivere un libro di testo di storia in un Paese dove non ci sono i vincitori, dove l'istruzione è divisa prima in due entità e nel Distretto di Brcko, e poi nella Federazione in altri dieci cantoni, e in questi dieci lo stesso problema è affrontato in modo diverso?
Nella BiH ci sono scuole dove i bambini della stessa età, ma in classi diverse (più spesso su pianerottoli diversi), studiano secondo programmi diametralmente opposti. Nonostante il fatto che la comunità internazionale, qualche anno fa, abbia cancellato col pennarello le parole che avrebbero potuto offendere gli altri, come: aggressione, guerra di saccheggio, vandalismo, cetnico, balia, ustascia... le differenze maggiori si trovano ancora nel gruppo delle cosiddette materie nazionali, dove al primo posto c'è la istorija o historija oppure povijest (il termine che indica "storia", varia col variare della nazionalità e della relativa lingua usata, ndt.). Ecco, per esempio, cosa imparano i bambini dell'ottava classe (la terza media, ndt.), cioè della nona classe in Republika Srpska, dai libri di testo di storia a Dobrinja IV, a Dobrinja III e a Kiseljak.
Già durante le prime lezioni a Dobrinja IV, gli insegnanti, che insegnano secondo il libro per la 9° classe, dell'autore Ranko Pejic, sugli inizi della Prima guerra mondiale diranno agli studenti: "Un membro dell'organizzazione Mlada Bosna, il ginnasiale Gavrilo Princip, con un colpo di pistola colpì Francesco Ferdinando. La seconda pallottola, destinata al generale Oskar Pocorek, colpì la moglie di Ferdinando, Sofia. L'Austro-Ungheria accusò la Serbia per l'attentato, nonostante non avesse alcuna prova che il governo serbo sapeva dell'attentato."
Soltanto un centinaio di metri più in là, dall'altra parte della frontiera tra le entità, a Dobrinja III, i bambini che studiano secondo un altro programma, secondo il libro di Muhamed Ganibegovic, edito da "Svjetlost", sull'attentato si Sarajevo sapranno quanto segue: "L'Austro-Ungheria usò tale atto terroristico come motivo per fare i conti con la Serbia", e i colleghi di Ganibegovic, Zijad Sehic e Zvjezdana Marcic-Matosovic, che hanno scritto il libro di testo per un'altra casa editrice - "Sarajevo Publishing"- hanno scritto: "L'attentato fu fatto da Gavrilo Princip con l'aiuto di altri membri della Mlada Bosna, sostenuti nell'attività nazionale rivoluzionaria dalle organizzazioni della Serbia."
Gli autori Hrvoje Matkovic, Bozo Goluza e Ivica Sarac in Storia (Povijest) per la terza media, che in copertina riporta il Ponte Franjo Tudjman di Capljina (!?), hanno evitato abilmente il ruolo storico di Gavrilo, scrivendo succintamente sull'attentato.
Però, questo trio nel capitolo successivo ha scritto a tutto spiano: "sullo spargimento di sangue a Piazza Jelacic ban, sul raggruppamento politico e partitico dei croati, sulla politica croata nella lotta contro il centralismo e l'egemonia della grande Serbia". Sono state citate le parole di Radic: "Noi vogliamo la repubblica croata dei contadini, e i Serbi se vogliono la monarchia, sia benedetto il loro re, che la abbiano".
I bambini dello "storico" Pejic, d'altra parte, studiano in modo dettagliato l'attentato ad Aleksandar Karadjordjevic, avvenuto nel 1934 a Marsiglia, in Francia, organizzato dall'emigrazione politica degli ustascia e da quella macedone: "Gli organizzatori dell'attentato sono il leader degli ustascia Ante Pavelic e alcuni politici della Ungheria, Germania e dell'Italia, ai quali non era gradita la politica pacifista del re e l'amicizia fra la Jugoslavia e la Francia. L'assassinio del nostro re è la prova di una crescente politica aggressiva delle forze fasciste in Europa. Il re Alessandro fu la prima vittima del fascismo." Tutto ciò assomiglia allo scenario di una puntata dei Nadrealisti in cui i piccoli bambini serbi dell'asilo "Slozna braca" ("Fratelli in armonia", ndt.) chiedono all'insegnante: "Uros, in che modo hanno assassinato il nostro re?", e Uros risponde: "in modo vile e a tradimento"
Il trio croato sunnominato sostiene che il re sia stato assassinato dalla "emigrazione degli ustascia" e non una parola di più sull'attentato, mentre su quell'altro attentato, quello al Parlamento popolare nel 1928 contro Stjepan Radic, Pavle Radic e a Djuro Basaricek esistono interi capitoli. Hanno scritto persino che al corteo funebre di Pavle Radic e di Djuro Basaricek "c'erano 250 corone".
I bambini, però, né dalla storia di Ganibegovic né dalla storia firmata da Sehic e Marcic-Matosovic riescono ad imparare qualcosa sulla morte poco chiara di Mehmed Spaho, per molti anni il leader del JMO (Organizzazione dei musulmani jugoslavi, ndt.), avvenuta nel 1939 a Belgrado - probabilmente per non mettere in ombra il primo presidente della Presidenza della BiH indipendente. Sull'accordo Cvetkovic-Macek del 1939, Ganibegovic scrive: "L'accordo e la soluzione della 'questione croata' sono stati fatti a spese della Bosnia ed Erzegovina, e in modo particolare sul conto dei Musulmani bosniaci." Di nuovo, i bambini di Kiseljak dall'insegnante che insegna secondo il programma "croato", a proposito di questo accordo non sentiranno neanche una parola sgradevole - si dice che fra i Serbi, fra i Musulmani e fra i Croati c'era chi si opponeva, ma si constata che "la banovina Croazia sorse sui territori dove viveva il popolo croato all'interno dello stato jugoslavo". E Pejic nella RS insegna ai bambini che: "L'accordo Cvetkovic-Macek di fatto creò lo stato della Croazia."
Ogni autore tratta gli argomenti su Josip Broz Tito, su Ante Pavelic, su Draza Mihajlovic e sulla Seconda guerra mondiale sotto un'angolatura nazionale: i criminali sono gli altri - noi siamo le vittime. Come se tutto fosse scritto sotto lo slogan: "A loro i loro, a noi i nostri!" Mentre la storia recente è un'altra speciale "leccornia'". Nel capitolo La guerra in BiH e la formazione della RS, Pejic afferma che "SDA e HDZ si sono uniti nello sfacelo della Jugoslavia", e sulla separazione della BiH dalla Jugoslavia scrive: "All'inizio del 1992 i leader musulmani (bosgnacchi) e i leader croati, senza il consenso e la partecipazione del popolo serbo, tennero il referendum nel quale una relativa maggioranza di elettori croati e musulmani si espresse per la separazione della BiH dalla Jugoslavia, e a favore di uno stato indipendente. Già il 12 aprile 1992 giunse, con sorpresa del popolo serbo, il suo riconoscimento internazionale ed iniziò la guerra." Non una parola su Srebrenica, Sarajevo, Trnopolje...
Dalla parte ovest si ingrandisce Franjo Tudjman, come persona che è stata la base di una forte "resistenza ai sempre più violenti attacchi dello sciovinismo serbo nel tentativo di prendere i territori croati", e si giustifica l'"Herceg-Bosna". "Negli atti di fondazione della HZ HB e HVO non ci sono tendenze separatiste." Non una parola su Dretelj, Vranica, Stari most...
La storia di Ganibegovic, così come la storia di Sehic e di Marcic-Matosovic, si conclude il 22 maggio del 1992, quando la RBiH fu accettata dall'ONU. Non una parola su Srebrenica, Dretelj, Kazani...
Probabilmente qua è così, la storia è una scienza con la data di scadenza - prima di ogni guerra inizia a cambiare, durante la guerra (onore alle eccezioni) serve anche come arma malvagia, e dopo gli scontri, come mezzo per mantenere le conquiste della guerra. Le verità storiche non possono essere il capriccio di nessuno. Perché di nuovo ci si "spaccherà la testa".
Dubravko Lovrenovic, storico
DANI: Come è possibile che in un unico Paese, Gavrilo Princip venga trattato in tre libri di testo in modo diverso, di modo che gli uni hanno l'impressione che sia un eroe, gli altri che sia un criminale e i terzi un terrorista?
LOVRENOVIC: Negli ultimi nove anni in vario modo sono stato coinvolto nella problematica riguardante i libri di testo. Sono stato recensore, ho lavorato al Ministero dell'istruzione, della cultura e dello sport della FBiH, quando abbiamo iniziato il programma di realizzazione dei libri di testo, dunque prendevo parte alla creazione del piano e del programma scolastico. Quello che voi dite su Princip, e ci sono altri esempi come questo, conferma soltanto qualcosa che abbiamo diagnosticato durante la guerra, e si tratta di un quadro per niente allegro e per niente ottimista, che dice che la Bosnia ed Erzegovina è un paese con tre biografie. E con biografie molto diverse, per come viene interpretato il suo passato prossimo e il suo passato remoto. Mi ricordo una riunione nel 1994 dell'Accademia delle scienze e delle arti della BiH: allora la situazione, nonostante la guerra, sembrava più ottimistica che oggi. Da allora sono passati 11 anni, dunque più generazioni sono passate sui banchi di scuola, dove ai bambini si insegnava in un modo più rigido, oggi forse più sottile, ed in ogni caso si diceva: che quello là, dall'altra parte della collina, in un altra città, in un'altra entità, è il tuo nemico naturale. E il mantenimento di tale inimicizia rappresenta in realtà una specie di stato naturale. Ecco, la storia sugli scontri dei tifosi a Zenica, esula dal contesto nazionale. Tale storia dice che il nazionale non è il criterio, ma che esistono inimicizie anche all'interno delle entità. Si tratta di una sorta di concorrenza, che trova la sua espressione nella violenza. Ritengo che i bambini che studiano su questi libri di testo ricevano, e questo lo so dalla prassi, una sorta di aggressione che viene nutrita dalle interpretazioni che avete nominato.
DANI: Sì, "il nostro re Alessandro è stato la prima vittima del fascismo"...
LOVRENOVIC: Proprio così, la parola "il nostro" in realtà rivela di cosa si tratta. Dunque, esiste la nostra, nazionale, popolare... storia. E tutti gli altri sono forestieri, cioè nemici. Tutto il resto è straniero, qualcosa che bisogna eliminare dalla propria coscienza. In altre parole, si tratta dell'assenza di elementari criteri scientifici, e poi, in modo parallelo, di criteri etici. Da noi non è stato per niente introdotto il criterio della verità storica. Mentre lo constatavo, mi è venuto in mente un pensiero di un grande storico medievale, Mark Bloch. Lui disse: "No, non esiste la storia della Francia, esiste soltanto la storia dell'Europa. No, non esiste nemmeno la storia dell'Europa, esiste soltanto la storia del mondo." Se da questa piattaforma più alta, in assoluto, ci mettessimo ad osservare queste nostre storie locali, o, meglio, una storia nella quale esistono diversi corsi, allora potremmo arrivare alla verità storica universale. Secondo il mio giudizio, una verità è che qua tutti noi siamo vittime della storia europea e di quella mondiale. Tale tesi può sembrare pessimistica, invece io credo che non lo sia, perché da tale tesi, se venisse analizzata in modo corretto, credo che potrebbe nascere ciò che viene definita la coscienza storica universale. Direi persino una coscienza storica difensiva. Contro noi stessi, come tali, all'interno di questi nostri ambiti e poi verso l'esterno.
DANI: Dunque, è possibile mettere d'accordo le nostre tre storie, è possibile in un unico libro per tutti i bambini scrivere di cetnici, partigiani e di ustascia...
LOVRENOVIC: Certo che è possibile. Dobbiamo fare i conti con le mistificazioni. Noi siamo puri outsider della storia, mero materiale di consumo della storia. Da tale posizione dovremmo definire la nostra posizione e iniziare quel lavoro di cui parlate - creare una storia sovversiva, spogliarla fino all'osso. Bisogna demistificare i partigiani, i cetnici, e gli ustascia... Allora in breve tempo arriveremmo ad un quadro molto cristallino. Naturalmente, nelle nostre circostanze, dove regna il primitivismo politico e l'ideologia, nella nostra situazione pre-politica, dove le persone si organizzano sul principio della religione e della nazione, qualcuno mi potrebbe dire che ciò non è possibile. Ci serve una decontaminazione politica, poi, dopo circa tre mesi, sarebbe molto semplice scrivere un libro di testo, secondo il quale la storia invece di essere un'arma diverrebbe un nostro strumento.
DANI: Nei libri di testo si parla anche dell'ultima guerra in BiH. Sarebbe intelligente mettere una sorte di moratoria sullo scrivere di questo tema, qualcosa che avevano fatto i francesi e i tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale?
LOVRENOVIC: Ciò potrebbe essere una delle soluzioni possibili. Però, non sarebbe un reale passo avanti nel senso di qualcosa che potremmo dire si avvicini alla verità. Io sono per un'altra soluzione: nei libri di testo offrirei agli studenti una nuda cronologia della guerra, non darei nessuna spiegazione, perché quest'ultima potrebbe ritornare come un boomerang.
La Seconda guerra mondiale
Sulla Seconda guerra mondiale si parla in modo universalmente incompatibile. La formazione dello Stato Croato indipendente (NDH) è uno dei temi storici più delicati per gli autori locali. Agli studenti, Pejic così presenta la tradizionale ospitalità croata durante l'arrivo dell'esercito tedesco a Zagabria: "Le unità tedesche entrarono a Zagabria il 10 aprile 1941. I cittadini di Zagabria li accolsero coi fiori e gli offrirono diverse leccornie... Per il pacifico popolo serbo e jugoslavo ciò segna l'inizio delle sofferenze, delle uccisioni e del genocidio." Nel libro di Zijad Sehic e di Zvjezdana Marcic-Matosovic sulla impresa di Pavelic si dice: "Sotto i colpi del terrore degli ustascia si sono trovati, oltre ai Serbi, anche i Croati. I Musulmani sono nominati come 'traditori del popolo croato'." E dei cetnici si scrive: "Sul territorio della Bosnia sud orientale e del Sangiaccato i cetnici cercarono di realizzare uno degli obiettivi strategici per la realizzazione della 'Serbia omogenea', con la completa pulizia del Sangiaccato dalla popolazione musulmana, e della Bosnia dai Musulmani e Croati."
I bambini di Kiseljak, di Busovaca, di Medjugorje... impareranno che "il potere degli ustascia scacciava gli avversari politici, fra di loro anche i membri del HSS che non lo accettavano, e tutti quelli che si rifiutavano di collaborare con loro." Nello stesso libro di testo si dice che nello NDH "la cultura si è liberata dalle pressioni dello stato jugoslavo", e delle vittime degli ustascia si dice: "Si calcola che a Jasenovac siano stati uccisi circa 48.000 Serbi e alcune migliaia di Ebrei. Sono morti anche Rom, Croati e altri"! Nel libro di Pejic, invece, c'è scritto: "Gli ustascia si sono mostrati come nazionalisti, sciovinisti e persino razzisti. Dicevano che sul territorio della NDH possono vivere soltanto i Croati e i musulmani (Bosgnacchi), che rappresentano il fior fiore dei Croati, l'anima della BiH e il cuore della Croazia", e il numero delle vittime è molto diverso rispetto agli altri due libri: "Soltanto a Jasenovac sono morti 700.000 Serbi, Ebrei, Rom e altri antifascisti."
Pejic tratta Draza Mihajlovic in questo modo: "... con un gruppo di ufficiali andò nei boschi di Ravna gora per iniziare in tempo la lotta contro l'occupatore. (...) Draza credeva che la lotta dovesse iniziare quando il fascismo avrebbe iniziato a retrocedere dai fronti principali." Ganibegovic constata diversamente: "Sotto le forze cetniche sparirono molti villaggi. Questo genocidio, mai visto prima d'ora, contro la popolazione innocente, portò via oltre centomila vite." In Povijest (Storia, ndt.) per la terza media non sono stati trascurati i crimini dei cetnici: "Gettando il terrore sui Croati e sui Musulmani avevano l'intenzione di creare dei territori serbi puliti e di rinforzare il potere della grande Serbia nella Jugoslavia rinnovata.". Matkovic, Goluza e Sarac hanno dedicato una particolare attenzione ai "crimini dei partigiani nelle zone in cui venivano reclutati i soldati del NDH, dove i partigiani causarono terrore, omicidi e saccheggi", e poi a Bleiburg.
Titolo: Historija za 8. razred osnovne skole
Autore: Muhamed Ganibegovic
Casa editrice: Svjetlost, Sarajevo
Prezzo: 8 KM
Pagine: 144
Titolo: Istorija za 9. razred osnovne skole
Autore: Ranko Pejic
Casa editrice: Zavod za udzbenike i nastavna sredtsva, Istocno Sarajevo
Prezzo: 5 KM
Pagine: 208
Titolo: Povijest 8., udzbenik za VIII razred osnovne skole
Autori: Hrvoje Matkovic, Bozo Goluza e Ivica Sarac
Casa editrice: Skolska naklada, Mostar, e Skolska knjiga, Zagreb
Prezzo: 13,5 KM
Pagine: 142