I guerriglieri attaccano la polizia e le autorità islamiche che dialogano con Mosca. Mosca risponde con i bombardamenti, le operazioni di "pulizia" nei villaggi e la russificazione delle forze di sicurezza. Nostra traduzione

06/03/2007 -  Anonymous User

Di Andrei Smirnov, per Chechnya Weekly, 8 febbraio 2007 (tit. or.: Putin overlooks assassinaton campaign sweeping the North Caucasus)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Maddalena Parolin

Durante l'ultima conferenza stampa annuale, tenutasi al Cremlino il primo febbraio, Vladimir Putin ha parlato poco di una delle questioni più spinose del paese: i problemi di sicurezza nel Caucaso settentrionale. Probabilmente avrebbe preferito non menzionarli affatto, ma la situazione nella regione è tale da non poter essere ignorata. Appena il giorno precedente la conferenza, il mufti dell'Inguscezia - la repubblica del Caucaso settentrionale confinante con la Cecenia - era scampato ad un attentato (Chechnya Weekly, 1 febbraio). "Il tentato assassinio del mufti dell'Inguscezia dimostra nuovamente come nel nostro paese i problemi della lotta al crimine e al terrorismo siano lontani dall'essere risolti", ha affermato Putin nella conferenza stampa, aggiungendo: "Coloro che commettono tali crimini non hanno coscienza, onore, o religione". Ha inoltre dichiarato: "Continueremo a sopprimere le attività di questi gruppi criminali" (Interfax, 1 febbraio). Tuttavia, la lotta contro la rivolta nel Caucaso assomiglia ancora ad una battaglia a fasi alterne piuttosto che ad una vera e propria repressione dei terroristi. Il tentato omicidio di Khamkoev, che è il leader islamico ufficiale dell'Inguscezia, è solo uno dei tanti episodi dello scontro tra autorità e ribelli nel Caucaso settentrionale.

Il 31 gennaio, Khamkhoev stava tornando a casa in macchina, quando il mezzo guidato dal figlio è stato improvvisamente superato da un veicolo con due militanti. I guerriglieri hanno attaccato l'auto di Khamkoev con un fucile automatico, ma il figlio del mufti è riuscito a portare il mezzo in salvo, pur venendo ferito gravemente, mentre il padre ha riportato solamente ferite minori.

Non si tratta del primo attacco verso un'autorità religiosa nel Caucaso settentrionale. L'anno scorso era stato segnato da una vera e propria campagna di assassinii mirati verso religiosi ufficiali, come risposta al tentativo delle autorità russe di utilizzare i leader musulmani nella guerra contro la rivolta nella regione. Nel luglio 2004 venne istituito il Consiglio Unito delle Autorità Spirituali dei Musulmani Russi contro l'Estremismo e il Terrorismo, incorporandovi anche il Consiglio di Coordinamento Islamico del Nord Caucaso, composto dai muftì delle regioni caucasiche. Prima del 2006, quando Dmitry Kozak, inviato del Presidente Russo nel Distretto Federale Meridionale, ha chiesto ai religiosi di essere più decisi nel condannare la rivolta, le attività del Consiglio di Coordinamento Caucasico erano state piuttosto limitate.

Ma non appena gli imam nelle moschee del Caucaso hanno iniziato a criticare pubblicamente i Wahabiti, come vengono generalmente chiamati i militanti islamici in Russia, i leader spirituali sono diventati bersagli per i ribelli. L'anno scorso, tre imam sono stati uccisi nel Caucaso Settentrionale, due nella Karačajevo-Circassia e uno in Daghestan. Il 29 settembre nel Territorio di Stavropol è stato assassinato Abubekir Kerdzhiev, rappresentante di Ismail Berdiev, presidente del Consiglio di Coordinamento Islamico del Nord Caucaso. Nel 2006 l'abitazione di Berdiev in Karačajevo-Circassia è stata attaccata due volte. Il 15 dicembre, i rappresentanti del parlamento della Karačajevo-Circassia hanno votato l'assegnazione di una scorta al presidente del Consiglio di Coordinamento (Interfax, 15 dicembre).

I ribelli nel Caucaso settentrionale reagiscono immediatamente ad ogni nuova strategia del Cremlino introdotta per sopprimerli o indebolirli. Quando le autorità russe premevano per il ritorno dei cittadini di etnia russa nel Caucaso, i guerriglieri iniziarono a prendere di mira e terrorizzare i civili russi nella regione (EDM, 6 marzo 2006), mentre le autorità islamiche locali sono entrate nel mirino dopo che Mosca ha deciso di servirsene nella campagna contro l'insurrezione.

Ma non sono i religiosi, quanto piuttosto la polizia locale, che continua a costituire il principale obiettivo dei militanti. In Inguscezia i dipartimenti, gli ufficiali e le pattuglie di polizia sono attaccati regolarmente dai ribelli. Lo scorso autunno, il capo del distretto di polizia di Sunzha ha subito un tentativo di omicidio, e il 7 novembre i ribelli hanno allestito una trappola esplosiva all'entrata del dipartimento di polizia nella cittadina di Troitskaya, che ha ferito gravemente tre ufficiali. L'8 gennaio, lo stesso dipartimento è stato attaccato con lanciagranate mentre il 10 gennaio una pattuglia ha disinnescato una bomba che era stata piazzata nelle vicinanze dell'edificio. Inoltre, il mese scorso, i militanti hanno assalito con granate le stazioni di comunicazione di telefonia mobile in diversi distretti dell'Inguscezia, ma l'obiettivo di tale offensiva non è ancora chiaro. Il 9 dicembre, i ribelli hanno assaltato e disarmato una unità di polizia ad un checkpoint al confine amministrativo tra Inguscezia e Cecenia, impadronendosi delle armi dei poliziotti, e di munizioni ed armi pesanti (Kavkazky Uzel, 10 dicembre).

La risposta delle forze dell'ordine verso le attività dei ribelli nella regione è stata quella tradizionale: operazioni di "pulizia" nei villagi ingusci, arresto di simpatizzanti della resistenza e bombardamenti mirati nelle foreste delle montagne. Secondo il sito web Ingushetiya.ru, il 25 gennaio le forze russe hanno bombardato i boschi tra i villaggi di Ali-Yurt e Yandiri. "Si è trattato di una operazione per distruggere i gruppi di guerriglieri e i campi dei militanti," ha commentato una fonte nelle agenzie di sicurezza al reporter del sito web.

I continui attacchi dei ribelli verso i poliziotti ingusci hanno colpito duramente il lavoro delle squadre locali, tanto che le autorità russe si sono viste costrette ad istituire nella repubblica dei corpi di polizia paralleli. Tali entità vengono chiamate "dipartimenti di polizia temporanei" e sono costituite da poliziotti inviati da altre parti della Russia. Secondo il Kavkazky Uzel, in ciascun dipartimento di polizia cittadino o distrettuale sarebbe stato istituito un team operativo composto da venticinque poliziotti russi. Tali squadre non farebbero capo al Ministro dell'Interno regionale ma direttamente al "Quartiere Generale Regionale per le Operazioni Controterroristiche nel Caucaso Settentrionale" che è situato a Khankala, la principale base militare russa in Cecenia. A dirigere le squadre operative temporanee in Inguscezia sarebbe il Generale Gennady Ivanov (Kavkazky Uzel, February 5).

La "russificazione" della polizia viene invocata anche per un'altra regione del Caucaso, il Daghestan, dove dall'inizio di quest'anno sono già stati uccisi sei poliziotti e vi sono stati altri due tentativi di omicidio - uno verso il Ministro dell'Interno della repubblica e uno al capo della polizia criminale nella città di Khasavyurt (vedi sopra).

La creazione delle squadre di polizia temporanea in Inguscezia, così come la scarsa efficienza della polizia in Daghestan, mostrano come la realtà della guerra alla rivolta nel Caucaso appaia meno ottimistica dei discorsi del presidente russo.