Voluto dalle provincie di Gorizia e Trieste, dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dalla Slovenia, il progetto "Carso...2014+", punta a rilanciare un territorio di rara e malinconica bellezza, simbolo suo malgrado di scontri ideologici e bellici, attraverso il turismo ecosostenibile e culturale
In vista del centenario di Sarajevo e dello scoppio della grande guerra, il progetto pluriennale "Carso...2014+", ideato dalla Provincia di Gorizia e presentato alla 28a Borsa Internazionale del Turismo di Milano, punterà a valorizzare il paesaggio del confine orientale e la peculiare struttura geologica del Carso, luogo di intersezione tra Mediterraneo e continente, di fusione tra Est e Ovest, e dello scontro-incontro tra popoli che ha segnato la storia d'Europa fino al periodo della guerra fredda.
Un lembo di terra contrastato e diviso, di scarna e malinconica bellezza, testimone e interprete di un evento che lo ha trapassato, sconvolgendo la vita di un'intera generazione di uomini: il Carso è stato il teatro delle 11 battaglie sull'Isonzo che nell'arco di 30 mesi, dal maggio 1915 all'ottobre 1917, hanno visto sfidarsi le truppe italiane, alleate delle forze dell'Intesa, e l'esercito asburgico, che riuniva tutte le etnie centroeuropee, per la conquista del territorio di Trieste.
Basato sullo studio ambientale dell'architetto paesaggista Andreas Kipar, la testimonianza culturale dello scrittore Mauro Covacich e l'indagine documentaria dello storico Enrico Cernigoi, Carso...2014+. alla ricerca di un paesaggio invisibile ha l'obiettivo di lanciare un turismo ecosostenibile a lungo periodo nella zona, con la creazione di un museo a cielo aperto e una serie di iniziative che si svilupperanno in modo trasversale da qui al 2014, grazie alla firma di un protocollo d'intesa tra Provincia di Gorizia, Provincia di Trieste, Regione Friuli Venezia Giulia e Slovenia.
Approfondendo la dimensione antropologica del Carso, il triestino Mauro Covacich ha insistito sul concetto di "porosità" di questo territorio: «con le sue grotte e fiumi sotterranei, il Carso possiede un'identità che si nasconde e riemerge, uno spirito multiculturale da far riaffiorare, un territorio non vuoto ma pieno di vita. È uno spazio di sovrapposizione di culture, dove il mondo latino e slavo si incontrano, si scontrano e si mescolano, che ha un fuori ma soprattutto un dentro. Ruotando attorno a quest'idea, il progetto vuole costruire una sorta di laboratorio permanente di speleologia delle culture carsiche».
I sentieri della storia. Percorsi di turismo culturale fra Italia e Slovenia sarà l'iniziativa inaugurale, che prevede tra il maggio e il giugno 2008 l'organizzazione di 3 diverse passeggiate transfrontaliere che accompagneranno i turisti a riscoprire i luoghi della storia zigzagando a cavallo del confine. Muovendosi tra trincee e retrovie, gli itinerari si snoderanno verso Castelnuovo, monte San Michele e la riserva naturale dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa, per riscoprire le cicatrici seminascoste dei sanguinosi combattimenti della guerra di trincea.
Attraverso il contributo di Enrico Cernigoi, nella predisposizione del progetto, che svilupperà un totale di 15 circuiti tematici più il rafforzamento di 5 percorsi già attrezzati sul versante sloveno del Carso, nella rivalutazione di questo territorio, ripetutamente strategico e fortemente simbolico, si cercherà di seguire un nuovo approccio storico, non patriottico, che superi l'impostazione prevalsa prima e dopo la seconda guerra mondiale, mirando invece a una dimensione europea e a una prospettiva pacifista. La conoscenza del territorio da parte delle nuove generazioni permetterà di considerare che all'inizio del secolo scorso, sul fronte dell'Isonzo e sul Carso combatterono 20 popoli diversi.
Il racconto delle vicende belliche, i segni indelebili di un conflitto vissuto tra superficie e cavità più o meno profonde, l'ostinata volontà dei soldati di tramandare con cippi, targhe e incisioni la loro sofferenza, appaiono oggi solo a tratti ai visitatori, celati nel terreno carsico ormai rivestito da una prepotente natura. Del resto, perfino chi vi aveva combattuto, una volta tornato sul Carso non vi riconobbe lo scenario di quella guerra lunga e logorante, stando a quanto narra Giuseppe Ungaretti nel suo romanzo "Il Carso non è più un inferno" del 1966.
Secondo l'analisi di Andreas Kipar, «finito il tempo delle battaglie, oggi il Carso si trova svuotato del suo ruolo. Abbiamo da un lato un territorio unico, caratterizzato dal fenomeno del carsismo che offre scenari spettacolari, da fiumi sotterranei a una costellazione di doline; dall'altro una terra sulla quale si è sovrapposta una rete di elementi dati dalla storia dell'ultimo secolo. Trincee, gallerie, castellieri e santuari che, riqualificati, genereranno una nuova e forte identità di tutto il territorio, per troppo tempo rimasto invisibile».
In effetti, come ha rimarcato Mara Cerniz, assessore all'ambiente della Provincia di Gorizia, «il Carso che vediamo noi adesso è ricoperto dalla vegetazione. Nessuno lo coltiva più e gli alberi di acacia si sono diffusi in modo rigoglioso, finendo per prevalere sulle specie locali, quali il sommaco, il tipico cespuglio basso dalle foglie rosse, e ricoprendo così sotto un manto verde le tracce della memoria. Occorre far tornare alla luce il passato e riportare il paesaggio alla sua veste originaria, almeno nei siti di interesse didattico».
Grazie ai fondi che il piano di sviluppo rurale dell'UE destina a queste zone, ci sono anche le risorse per incrementare un turismo ecologicamente compatibile, a sostegno delle attività di allevamento della fauna caratteristica, come la capra carsolina, e del potenziamento dei prodotti tradizionali: formaggi, olive, carni e salumi, miele. Si svilupperanno così agriturismi e bed&breakfast, nell'ottica di accogliere turisti e scolaresche che vogliano soggiornare sul Carso.
L'obiettivo è quello di offrire camminate tra resti di baraccamenti e ricoveri, ruderi di insediamenti militari e scorci delle retrovie difensive, ma anche momenti ricreativi, per oziare, riflettere e divertirsi, che permetteranno ai ventenni di oggi di vivere questo territorio così come l'avevano vissuto, prima del conflitto, quegli stessi ventenni che poi vi dovettero combattere, come il triestino Giani Stuparich che, nel suo libro di memorie "La guerra del '15", si soffermava sul contrastante ricordo delle spensierate gite in bicicletta sul Carso fatte con gli amici d'estate.
Il progetto "Carso...2014+" elabora inoltre aspetti ancora sconosciuti dell'evento bellico. Probabilmente pochi sanno che, con l'entrata in guerra del Regno d'Italia, nel maggio 1915 il Castello di Lubiana venne destinato a stazione di contumacia per i prigionieri provenienti dal Fronte dell'Isonzo. Tra i militari addetti alla sorveglianza vi era anche Peter Naglič, appassionato fotografo e zelante soldato imperiale, che documentò con i suoi scatti e il suo diario la vita al castello. Una mostra nata dalla collaborazione con il Museo civico di Lubiana e allestita presso i musei provinciali di Gorizia, proporrà dal 20 giugno al 31 agosto 2008 oltre 200 fotografie provenienti dal catalogo Peter Naglič: la mia vita nella grande guerra. Fotodiario di un soldato (1914-1918). Quelle immagini autentiche, mostrano che ai prigionieri - tra essi anche civili, come il commerciante di vini Giuseppe Rossi residente in Carniola, arrestato e rinchiuso con tutta la famiglia a causa delle sue origini italiane- venivano assegnati lavori agricoli o artigianali, ma che il comandante del presidio militare, il nobile Karl von Kern, aveva creato in quel luogo lontano dal fronte anche una vivace attività artistica e culturale.
In autunno, una seconda esposizione presenterà materiali del Fondo Diaz di proprietà dei Musei Provinciali: una raccolta di documenti, oggetti, abiti, medaglie e fotografie appartenuti al generale Armando Diaz, che nel 1917 fu al comando del XXIII Corpo d'Armata sul Carso, a celebrare il 90esimo dalla fine della prima guerra mondiale.