Il lavoro dell'ADL di Prijedor per la ristrutturazione del sistema museale del Kozara, in Bosnia Erzegovina. Il coinvolgimento di musei ed istituti storici di Serbia, Croazia e Italia. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Di: Simone Malavolti*
Sul monte Kozara, nei pressi di Prijedor (Bosnia Erzegovina), si è tenuta la tavola rotonda dal titolo "Sistemazione museale nel Museo del Parco Nazionale del Kozara" in occasione della quale i direttori di alcuni musei storici di Bosnia, Serbia, Croazia e Italia si sono confrontati e hanno discusso di storia, memoria e di esperienze museali riguardanti la Seconda guerra mondiale.
Il museo del Parco Nazionale del Kozara, nei pressi del quale si è tenuto l'incontro, è nato negli anni '70 per ricordare e raccontare la storia della celebre battaglia partigiana che si svolse nel 1942 in quei luoghi. Da più di otto anni, il museo ospita invece una mostra "provvisoria" di stampo innegabilmente nazionalista che presenta in maniera parziale e strumentale la persecuzione generale del popolo serbo nel XX secolo. L'incontro che si è tenuto ha rappresentato un primo passo verso la ristrutturazione del museo che fu.
In una terra dove la storia e la memoria hanno giocato un ruolo così determinante come nell'ex-Jugoslavia, affrontare queste tematiche rappresenta una sfida tanto ardua quanto necessaria. L'impegno dell'Agenzia per la Democrazia Locale (ADL) di Prijedor nell'affrontare la riconciliazione e la memoria in Bosnia Erzegovina è stato costante negli anni e al centro dell'intervento sul territorio bosniaco dove è presente fin dal 2000.
La tavola rotonda giunge al termine di un pluriennale impegno dell'ADL che ha avuto tra i suoi principali obiettivi, nel quadro di una riflessione condivisa sulle tematiche della memoria e della storia e del ripensamento del museo del Monte Kozara. Finalmente, in collaborazione con l'ente Parco Nazionale del Kozara, l'ADL ha potuto realizzare questo primo incontro per dare il via alla ristrutturazione della mostra lì ospitata.
Quale memoria e quale storia nella città di Prijedor?
La storia della città di Prijedor ci racconta di una popolazione martoriata dalla ferocia nazionalista, prima con le persecuzioni della seconda guerra mondiale e poi con quelle della guerra degli anni '90. Il rapporto che la città conserva con questo passato ricorda la frase del filosofo Paul Ricouer quando afferma che «l'eccesso di memoria come l'eccesso di oblio sono ugualmente nefasti».
Da una parte, infatti, la vicenda del monte Kozara e del suo museo sembrano rappresentare l'esemplificazione della strumentalizzazione della memoria della II guerra mondiale che si è affermato in quasi tutta l'ex-Jugoslavia. Dall'altra, il pesante riduzionismo (fino a non molto tempo fa si poteva parlare anche di negazionismo) sull'esistenza dei campi di concentramento e sulla persecuzione contro i non-serbi durante gli anni '90, rappresenta l'altra faccia della medaglia, ovvero la strumentalizzazione dell'oblio.
Ma cosa ha segnato così profondamente la popolazione di Prijedor? E quali sono gli effetti dell'uso pubblico della storia in questo caso?
Durante la Seconda guerra mondiale il territorio di Prijedor entrava a far parte dello Stato Indipendente Croato (N.D.H.), stato collaborazionista governato dal capo del movimento ustaša Ante Pavelić. Ideologia e pratica di questo stato portarono ad una violenta politica di sterminio nei confronti di serbi, ebrei, zingari e antifascisti. La popolazione di Prijedor si trovò fin dal principio aggredita dalle bande ustaša provenienti per lo più da altre regioni. In questo contesto si inserì la celebre (e celebrata) Epopea del Kozara. Quasi l'intera popolazione del territorio di Prijedor fuggì e si rifugiò al fianco dei partigiani nei boschi limitrofi. Durante il '42 si scatenò la battaglia che vide schierati migliaia di partigiani in difesa della popolazione civile contro le forze ustaša e le truppe di occupazione naziste. La battaglia si concluse con la sconfitta partigiana e la deportazione della popolazione, in gran parte serbo-ortodossa, nel campo di concentramento di Jasenovac, dove la maggior parte avrebbe trovato la morte.
Quanto accaduto ha segnato profondamente la popolazione di questo territorio e la costruzione del monumento e del museo nel 1972, ha dato pieno riconoscimento istituzionale alla tragedia. Da quel momento sono stati pochi i cittadini della Jugoslavia che non sono andati in "pellegrinaggio", almeno una volta nella vita, sul monte Kozara per ricordare le vittime di quegli anni. L'allestimento originario della mostra raccontava questa epopea partigiana citando e ricordando il coinvolgimento della popolazione civile senza mai menzionare la suddivisione nazionale. Alle spalle del monumento, immerso tra gli alberi, si trova un luogo silenzioso e suggestivo dove è possibile leggere la lunga lista di nomi (oltre 9000) delle persone cadute su quel territorio (scritta per metà in caratteri latini e per metà in cirillico), divisi semplicemente per Comuni di provenienza.
Il fatto di indicare la provenienza e non l'appartenenza porta con sé un'importante valenza: si evita di collocare le vittime in maniera nazionale e si riconosce la partecipazione di tutti i centri abitati della zona alla lotta di liberazione (vi sono fra l'altro anche due caduti italiani rispettivamente di Roma e Bari). Nel tentativo di offuscare la questione nazionale, che tanto spaventava Tito e la Lega Comunista Jugoslava, il monumento sembra risolvere efficacemente la questione dei caduti e della loro classificazione dando voce esclusivamente alle vittime in quanto individui.
Durante il 1992 Prijedor diventò nuovamente teatro di terribili avvenimenti. Fu sul suo territorio infatti che ricomparvero, per la prima volta in Europa dopo la seconda guerra mondiale, i campi di concentramento. La pulizia etnica che investì Prijedor contro tutti quelli che non erano serbi fu quasi totale. Si trattò di un progetto ordinato e pianificato dall'alto che prevedeva la cattura prima dell'intellighenzia musulmana (il sindaco fu tra i primi a rimanere ucciso) e poi dell'intera popolazione musulmana e cattolico-croata. La ricomparsa dei campi di concentramento in Europa, e in questo territorio così profondamente martoriato, sembrò quasi voler richiamare alla memoria i campi di cinquant'anni prima, in un macabro e terribile gioco di paralleli vendicativi. Si trattò infatti di una pulizia etnica condotta in "senso inverso" contro i non serbi, rispetto alla guerra precedente durante la quale le vittime furono in maggioranza serbe.
Con la chiusura del campo (agosto 1992) e la fine della guerra (dicembre 1995), media e istituzioni di Prijedor si apprestarono a mettere in atto l'operazione oblio che non prevedeva nient'altro che negare o tacere la storia di quegli anni. La memoria di quei luoghi è oggi alimentata quasi elusivamente da parte dei sopravvissuti, che tra il 2000 e il 2002 sono rientrati a migliaia nel territorio di Prijedor. Ufficialmente Prijedor non si dice "pronta" a parlare di questi avvenimenti e fino a questo momento ha negato qualsiasi forma di riconoscimento e di memoria per le vittime dei campi e della pulizia etnica degli anni '90.
La mostra provvisoria
Dalla fine degli anni '90, il museo del Parco Nazionale del Kozara, devastato da atti di vandalismo, ospita una mostra "provvisoria" dal titolo evocativo «Il genocidio dei serbi nel XX secolo: 1914-1918; 1941-1945; 1991 - ?»
La mostra, che prima di approdare sul monte Kozara ha fatto il giro di varie località tra Serbia e Republika Srpska (RS), racconta e "spiega" la persecuzione che durante il secolo XX ha colpito il popolo serbo (come categoria collettiva) durante le due guerre mondiali e che sta o stava per ripetersi. Quel punto interrogativo infatti rappresenta la semplice ma evocativa domanda retorica: "Non sta forse per ripetersi l'ennesimo genocidio contro i serbi?".
La mostra infatti è stata allestita durante il conflitto con l'evidente effetto di diffondere l'odio e la paura grazie alla potenza esplosiva di una memoria selezionata e strumentalizzata.
Oggi, alla fine del 2008, la mostra continua ad essere visitabile dalle migliaia di persone che passano feste e fine settimana sul monte e, cosa ben più grave, dalle scolaresche del territorio. Ed oggi quel punto interrogativo sembra voler ricordare ai più: "Cosa sarebbe successo se non avessimo...?"
Alla luce dei fatti descritti appare ancora più importante e necessario il pluriennale impegno dell'ADL di Prijedor per far rimuovere la mostra e restaurare quella precedente sulla liberazione dal fascismo condotta dall'intero popolo del Kozara, avviando una riflessione sulla memoria del luogo.
L'attualità
La tavola rotonda, dal titolo freddo e poco intrigante "Istallazione museale per la rivitalizzazione del museo del Parco Kozara", ricopre in realtà un'importanza che si spiega conoscendo il contesto di riferimento e che il titolo sembra voler vanificare. L'ADL e il Parco Nazionale del Kozara sono riusciti ad organizzare questo primo incontro al fine di scambiare esperienze tra enti museali e avviare un processo di restauro della vecchia mostra sulla Resistenza partigiana. Alla tavola rotonda infatti si sono incontrati direttori e storici provenienti da diversi importanti musei. Oltre ai rappresentanti del parco e dell'ADL-Prijedor, erano presenti i rappresentanti del Museo della Republika Srpska di Banja Luka, del Museo Storico di Sarajevo, del Museo militare di Belgrado, del Museo del genocidio di Belgrado, del Ministero dell'Istruzione e della Cultura della Republika Srpska, del Museo di Jasenovac (impossibilitata a venire, ha spedito una lettera di partecipazione) e dell'Associazione degli ex-combattenti.
Dall'Italia hanno portato il loro ricco contributo Giovanni Contini, come rappresentante del Museo della Resistenza di Fosdinovo (MS); Ersilia Perona Alessandrone, direttrice del Museo diffuso di Torino; Barbara Berruti, coordinatrice del Progetto transfrontaliero "La memoria delle Alpi" tra Istituti storici di Torino, Isère, Lugano e della Val d'Aosta; e Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo Storico del Trentino, tra i promotori dell'iniziativa e da tempo attivo negli scambi culturali con il Museo di Prijedor.
Dopo una visita ai locali del museo ospite, ogni partecipante ha presentato il proprio museo o progetto di ricerca al fine di offrire suggerimenti e modelli di modernizzazione per il rifacimento del Museo del Kozara. Lo scambio che si è intessuto è stato positivo e costruttivo per tutte le parti che si sono dette disponibili e interessate a proseguire la collaborazione per ripensare e restaurare il museo.
Non molto tempo fa, infatti, su impulso ministeriale, sono stati riuniti il direttore del Parco, del Museo di Prijedor e del Museo di Banja Luka per formare un gruppo di lavoro e di studio per la rivitalizzazione della mostra. Il gruppo di lavoro, composto dai maggiori istituti della Republika Srpska, si ripromette di non disperdere la disponibilità e l'esperienza che i collaboratori italiani hanno dimostrato durante la tavola rotonda. Qualcosa si muove.
* Delegato dell'Agenzia della Democrazia Locale di Prijedor