E' un fenomeno in espansione. A Tibilisi un convegno sul trafficking che coinvolge la Georgia ed i Paesi vicini. I punti di vista di ONG, associazioni, governo e organizzazioni internazionali
Molly Corso Eurasianet 3-Mar-06
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Maddalena Parolin
La forte disoccupazione e la crescente povertà stanno conducendo un gran numero di georgiani verso il trafficking. Lo hanno affermato studiosi ed esperti ad una recente conferenza sulla tratta di persone a Tbilisi, organizzata dal Consiglio d'Europa. Se gli attivisti locali antitratta notano il crescere della determinazione del governo nell'affrontare la questione, la paura crescente delle vittime di trafficking nei confronti della polizia e dei procedimenti burocratici rischiano però di intralciare i tentativi di rovesciare il trend negativo.
L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) calcola che almeno 500 donne georgiane ogni anno cadono vittime della tratta. Secondo i casi noti, la maggioranza dei traffici che riguardano le donne georgiane coinvolgerebbero la Turchia. Un'organizzazione non governativa locale che ha preso parte alla creazione del piano d'azione del governo contro i traffici di persone, People's Harmonious Development sostiene che il 75 per cento delle 800 - 1.200 persone che ogni giorno dalla Georgia attraversano il confine con la Turchia, estendano poi la loro permanenza con visti di durata mensile, tra questi l'ONG ritiene che metà - da 300 a 450 - sarebbero vittime della tratta.
La mancanza di statistiche implica che in merito alle cifre del fenomeno si possa al massimo tirare ad indovinare. Marc Hulst, funzionario al programma antitratta alla sede dell'IOM di Tbilisi, afferma che non ci sarebbe modo di conoscere esattamente quante siano le vittime. "Crediamo che i casi che arrivano all'attenzione della polizia siano solo la punta di un iceberg", ha affermato Hulst.
Dato l'alto tasso di disoccupazione della Georgia e la crescente povertà, gli esperti temono che tali numeri siano destinati a crescere. La maggior parte delle vittime della tratta sono giovani (perlopiù tra i 18 e i 35 anni, ma anche delle quattordicenni sono state mandate in Turchia come lavoratrici del sesso) sono donne e vengono da famiglie povere. Ma se si stima che solo un 20 per cento circa di georgiani in età da lavoro ricevono un salario - e i salari medi mensili si aggirano intorno ai 70$ secondo gli ultimi dati - anche i georgiani con istruzione più alta rischiano di finire vittime della tratta di persone nel momento in cui tentano di cercare lavoro all'estero.
Un operatore della linea telefonica antitratta dell'IOM, che si fa chiamare Keti, ha affermato che quasi tutte le vittime della tratta con le quali ha parlato negli ultimi sette anni erano andate all'estero alla ricerca di lavoro. "Tutto comincia con le promesse di lavoro... non hanno alcun altro pensiero, vogliono solo lavorare", ha raccontato in un'intervista in luglio, notando che in un caso era stata coinvolta una musicista classica. "Chi ha bisogno di un musicista oggi in Georgia? Ci sono dottori, ingegneri che qui non possono fare niente... sono alla ricerca di lavoro".
Marc Hulst ritiene che vi siano diverse motivazioni del perché sia così difficile rintracciare le vittime della tratta, inclusa la difficoltà delle vittime di farsi avanti e la perdita di informazioni vitali nei canali burocratici sia in Georgia che in Turchia.
Secondo Tamar Tomashvili, capo del dipartimento per i diritti umani nell'ufficio del procuratore generale, che supervisiona la lotta della Georgia contro il traffico di persone, nel 2005 sarebbero stati indagati solamente una manciata di casi di presunta tratta.
Le difficoltà nell'ottenere informazioni dalla polizia turca rendono difficile perseguire i trafficanti di persone, ha accusato Tomashvili nella conferenza del 22-23 febbraio tenuta dal Consiglio d'Europa a Tbilisi. L'anno scorso, ha dichiarato, le autorità georgiane hanno ricevuto solamente tre risposte alle dieci domande di informazioni inoltrate.
Ma secondo alcuni esperti anche le autorità georgiane sarebbero altrettanto colpevoli: la polizia farebbe poco per combattere i trafficanti all'interno della Georgia. "Dovrebbero indagare sui casi", ha affermato Khatuna Chitanava, coordinatrice del programma No Trafficking in Persons all'Associazione Georgiana Giovani Avvocati. "Non posso dire che non lavorino, ma aspettano che siano le vittime a denunciare e testimoniare. Dovrebbero prendere delle iniziative", ha fatto inoltre notare come ci siano stati dei casi in cui la polizia sapeva di sospetti trafficanti, ma non ha poi intrapreso azioni per indagare sulle loro attività.
Il passaggio dei confini è un altro problema per il rispetto della legge: secondo la delegazione turca alla conferenza del Consiglio d'Europa, la maggior parte delle vittime georgiane della tratta entrano legalmente in Turchia, i crimini avvengono in territorio georgiano. Hulst ha sottolineato che in passato la polizia di frontiera georgiana e turca non era formata per identificare le vittime potenziali, per affrontare il problema si auspicano momenti di formazione continua.
Le stesse vittime costituiscono una sfida per le forze dell'ordine nel perseguire i trafficanti, notano degli osservatori. Quando le vittime della tratta georgiane ritornano a casa, ha commentato Sven Holdar, funzionario alla missione OSCE a Tbilisi, "non stanno andando dalle ONG, stanno andando a casa".
La paura della polizia è comune, ha detto Usha Nanuashvili, capo dello Human Rights Information and Documentation Center (HRIDC) che lavora con le vittime della tratta a Tbilisi. "Hanno paura perché tra le forze dell'ordine non c'è nessun tipo di garanzia per i testimoni", continua Nanuashvili, facendo notare che l'HRIDC ed altre organizzazioni hanno ricevuto telefonate di minaccia che volevano distoglierle da casi che coinvolgevano la tratta di persone. Nanuashvili ha affermato che membri delle forze dell'ordine sarebbero coinvolti nei traffici, ma non ha nominato casi specifici.
Marc Hulst dell'IOM ha raccontato che un recente caso trattato dall'IOM e dall'Ufficio del Difensore Pubblico Georgiano coinvolgeva agenti di polizia come sospetti trafficanti. La donna vittima della tratta, del Kyrgyzstan, si è rifiutata di restare in Georgia, dove era stata vittima, per sporgere denuncia. "Ci ha detto che la persona che la tratteneva era un poliziotto" ha detto Hulst "non voleva cooperare con la polizia... Tutti credono che, almeno in passato, le forze di polizia fossero coinvolte direttamente come protettori o agevolando i protettori".
Il ministro georgiano degli Interni non ha risposto alle ripetute richieste di un'intervista, nonostante numerosi tentativi, EurasiaNet non è riuscita a contattare nessun altro nell'ufficio del procuratore generale per commenti.
Khatuna Madurashvili, esperto di tratta per l'ONU in Georgia, commenta che la vergogna, assieme alla sfiducia verso la polizia è all'origine della reticenza delle vittime. "Nella nostra società, la riabilitazione delle vittime è considerata una vergogna. Nessuno vuole ammettere che un famigliare o un amico è vittima della tratta" ha detto Madurashvili. "Abbiamo bisogno di un programma educativo per mostrare che non è vergognoso è che il problema peggiora se lasciato a sé stesso".
Gli osservatori danno giudizi contrastanti sulla effettiva volontà del governo di affrontare il problema della tratta.
Nel dicembre 2004, il presidente della Georgia Mikheil Saakashvili ha firmato un decreto presidenziale per un piano di azione di due anni contro la tratta di persone, che delinea obiettivi che vanno dalla formazione lavoro alla terapia psicologica per le vittime. Ma oltre un anno dopo, il piano è ancora in ritardo rispetto ai programmi.
Secondo il piano, entro la fine del 2005 una commissione antitratta all'interno del Consiglio nazionale di sicurezza georgiano avrebbe dovuto incominciare a realizzare case d'accoglienza per le vittime, creare accordi di migrazione-lavoro con altri paesi e offrire cure mediche gratuite oltre ad altri servizi. Ad ogni modo oggi non ci sono ancora tutele da parte del governo per le vittime e la legislazione contro la tratta rimane al vaglio del parlamento. Non esiste alcun accordo di migrazione-lavoro tra la Georgia e gli altri paesi.
Un ex segretario ad interim della commissione ha additato la colpa ai fondi inadeguati. "Il nostro piano d'azione è stato approvato solo alla fine del 2004 ed è stato impossibile reperire il finanziamento dal budget centrale. Non ci sono fondi specifici per questo tipo di attività nel budget", ha detto Alexander Nalbandov.
Il budget 2006 della Georgia non menziona i fondi per le misure antitratta. Ma Chitanava dell'Associazione Giovani Avvocati crede che la vera questione non sia se il governo abbia o meno i fondi per aiutare, ma se sia disposto a spenderli contro i traffici.
"Se il governo lo volesse, potrebbe trovarli" ha detto, facendo notare che il ministero della Salute ha già promesso di utilizzare fondi del suo budget per le vittime della tratta, anche se non sono stati stanziati appositamente.
Marc Hulst di IOM comunque ricorda come il piano d'azione antitratta in sé non sia niente di nuovo: il governo georgiano aveva intrapreso delle azioni contro la tratta anche durante l'amministrazione del precedente presidente Eduard Shevardnadze, ha detto, ma non ne è uscito niente. "Sulla carta sembra buono," ha detto Hulst in una intervista a luglio. "Ma molte cose dovrebbero essere implementate e corrette... penso che il governo dipenda ancora troppo dalle ONG e dalle organizzazioni internazionali nel suo lavoro".
Le ONG desidererebbero aiutare il governo a portare avanti il piano d'azione, ma vengono tagliate fuori dal processo, ha commentato Nanuashvili. "Quando abbiamo incominciato a monitorare il piano d'azione quest'anno abbiamo mandato alcune lettera alle autorità e agenzie di stato. Non abbiamo avuto risposta", ha detto in luglio.
Abbiamo avuto più fortuna con il governo canadese, ha aggiunto. In febbraio l'HRIDC, con l'aiuto dell'ambasciata canadese in Turchia, ha dato il via ad un nuovo programma per formare donne di contesti svantaggiati, incluse le vittime della tratta. Secondo Nanuashvili il programma, che includerà formazione-lavoro e lezioni intensive di inglese, inizierà tra un mese e prevede di aiutare 14 donne nella capitale e 14 nella regione orientale di Kakheti.
L'Associazione Giovani Avvocati Georgiani ha anche cercato aiuto all'estero. Con un programma di tre anni con l'agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale, l'ONG sta per aprire una casa d'accoglienza per le donne vittime della tratta nella città di Batumi, sulla costa del Mar Nero, non lontano dalla frontiera turca. La casa, ora in costruzione, dovrebbe venire aperta nella tarda primavera con una capacità di 10 vittime alla volta.
Ad ogni modo, e nonostante le loro lamentele sia Chitanava che Nanuashvili sono ottimisti sulla possibilità che il governo effettui dei progressi nel 2006 nel combattere la tratta. Nanuashvili fa notare il migliore accesso alle informazioni sulla tratta, perlomeno a Tbilisi, e Chitanava osserva un maggior interesse tra gli addetti governativi.
Secondo Chitanava, ora che la commissione antitratta si è trasferita presso l'ufficio del procuratore generale, ci sono segni che la questione stia diventando una priorità, ma lei rimane cauta. "Tamar Tomashvili (capo dell'unità sui diritti umani all'ufficio del procuratore) incontrerà gli esperti sul tema e li sta ascoltando veramente", ha detto Chitanava.
Ma il vero problema, la povertà, potrebbe risultare un duro ostacolo da superare. Più lavoro c'è in Georgia, meno facilmente i georgiani correranno il rischio di andare all'estero, ha notato Chitanava. "Il governo deve iniziare a pensare a come migliorare la situazione", ha commentato.
* Molly Corso è reporter freelance e fotografa di base a Tbilisi.