Il riconoscimento del genocidio armeno da parte del Congresso USA preoccupa gli armeni di Turchia che temono da Ankara l'inasprirsi del sentimento nazionalistico
Di Tatul Hakobian* da IWPR, 18 ottobre 2007
(Titolo originale: Armenia Hails Genocide Vote)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Chiara Sighele
Mentre gli Armeni festeggiano il voto del Congresso statunitense, i loro connazionali in Turchia si preparano a un'ascesa del sentimento nazionalista.
I politici in Armenia hanno dato il benvenuto al voto della commissione del Congresso americano che ha riconosciuto le uccisioni di massa degli Armeni nella Turchia ottomana ai primi del XX secolo come genocidio.
Nonostante la rabbia della Turchia per questa mossa, politici e commentatori armeni affermano di non attendersi grandissime ripercussioni, forse perché le relazioni tra i due stati sono deboli.
La Commissione Affari Esteri al Congresso ha approvato il documento non vincolante "Dichiarazione solenne di testimonianza degli Stati Uniti sulla risoluzione sul genocidio armeno" in data 10 ottobre con 27 voti su 21. La risoluzione è ora avviata a proseguire il suo itinerario legislativo all'interno del Congresso.
La risoluzione dichiara che il genocidio è avvenuto tra il 1915 e il 1923 e ha riguardato l'uccisione di 1,5 milioni di Armeni e l'espulsione di mezzo milione dall'Impero ottomano orientale.
Il voto ha generato euforia in Armenia. Alina, 26 anni, residente a Yerevan, ha detto di aver ricevuto numerosi sms e e-mail dopo la notizia. "Ci scambiavamo le congratulazioni l'un l'altro", racconta.
Il Presidente armeno Robert Kocharian, che era in visita a Bruxelles al momento del voto, ha salutato il risultato come un trionfo per gli Armeni in tutto il mondo.
In merito alla domanda di possibili implicazioni per le relazioni armeno-turche, ha dichiarato "Il riconoscimento di un crimine storico non può danneggiare le relazioni bilaterali."
Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan aveva in precedenza ammonito che se la risoluzione fosse stata approvata, avrebbe danneggiato non solo i rapporti tra il suo paese e gli Stati Uniti ma anche con l'Armenia.
"Chi si aspetta una qualsiasi reazione positiva dalla Turchia rimarrà insoddisfatto" ha dichiarato Erdogan. "Pagheranno per la loro ostilità verso un paese tanto importante come la Turchia."
Egemen Bagis, un consulente di politica estera di Erdogan, è stato più diretto, accusando i funzionari armeni di lobbying sul Congresso.
"La Turchia deve imporre sanzioni contro l'Armenia" ha dichiarato al canale turco della CNN. "La Turchia ha già stilato una lista di ciò che farà e di quando lo farà, e il primo ministro ha già dato gli ordini necessari."
La pressione per il riconoscimento del genocidio è stato tema dell'agenda politica estera dell'Armenia dell'ultimo decennio. Una "strategia di sicurezza nazionale" adottata nel febbraio 2007 dice che ottenere il riconoscimento e la condanna universale del genocidio, anche dalla Turchia, è visto non solo come riparazione di un'ingiustizia storica, ma anche come un modo per migliorare la reciproca comprensione e per prevenire simili crimini nel futuro.
Quando il paese divenne indipendente dall'Unione Sovietica nel 1991, la Turchia non stabilì relazioni diplomatiche con l'Armenia. Il loro confine comune rimase aperto fino all'aprile 1993, quando i Turchi lo chiusero dopo che le forze armene occuparono la regione del Kelbajar adiacente al Nagorno Karabakh. Questo avvenne al tempo della guerra del Karabakh, nella quale la Turchia era simpatizzante dell'Azerbaijan.
Nonostante la mancanza di legami diplomatici formali a tutt'oggi le relazioni con la Turchia sono di gran lunga migliori rispetto a quelle con l'Azerbaijan. Persone di nazionalità armena possono liberamente entrare in Turchia, semplicemente comprando un visto al confine. Due voli diretti a settimana collegano Istanbul a Yerevan.
La Turchia ha sul suo territorio una forte comunità armena di 70 000 persone, per lo più concentrati ad Istanbul. Inoltre, alcune statistiche riportano che ci sono anche circa 30 000 cittadini armeni che vivono e lavorano in Turchia.
La settimana scorsa alcuni media internazionali hanno rivelato che alcuni di questi armeni stanno soffrendo. L'Irish Times riportava che 100 migranti illegali armeni sono stati arrestati in Turchia e sarebbero stati rimpatriati in Armenia. "L'espulsione è letta come una vendetta per la risoluzione sul genocidio," ha riferito il quotidiano.
L'unico diplomatico armeno in Turchia, Karen Mirzoyan, che rappresenta il suo paese presso l'Organizzazione per la Cooperazione Economica del Mar Nero, ha confermato i resoconti. "Ho dati non ufficiali alla mano che confermano i fatti", dichiarava a Radio Liberty. "Non posso fornire informazioni più accurate, perché questa materia esula dalle mie competenze."
A Yerevan, tuttavia, il portavoce del ministro degli esteri Vladimir Karapetian ha dichiarato che informazioni ufficiali ottenute dalle autorità turche indicavano che dei 542 stranieri incarcerati recentemente per residenza illegale solo uno era cittadino armeno.
Ara Gochunian, giornalista del quotidiano armeno con sede a Istanbul "Zhamanak", ha riferito telefonicamente all'IWPR che la polizia turca stava introducendo misure più severe contro i migranti illegali di qualsiasi nazionalità.
"Ci sono armeni tra quelli incarcerati", ha dichiarato, "ma sono stati incarcerati non perché armeni, ma perché risiedevano illegalmente e hanno avuto problemi con i loro visti."
In contrasto con la maggior parte della diaspora, la comunità armena di Istanbul si è opposta alla risoluzione del Congresso americano, e il Patriarca armeno di Costantinopoli, l'arcivescovo Mesrop
Mutafian, si è recato negli Stati Uniti per esercitare pressioni affinché la risoluzione non venisse approvata.
"Cercheremo di impedire che la risoluzione venga approvata dalla Camera dei Rappresentanti americana", con queste parole lo cita l'agenzia di stampa turca Anadolu. "Siamo preoccupati che la risoluzione possa avere un impatto negativo sui cittadini armeni che vivono in Turchia."
Robert Hattechian, giornalista per il quotidiano armeno con sede a Istanbul "Marmara", ha richiamato il forte sentimento anti-armeno manifestatosi in Turchia dopo l'assassinio del noto giornalista Hrant Dink in gennaio. Teme che la risoluzione statunitense possa fomentare il nazionalismo turco.
"Il dispetto della Turchia si rivolge ora contro la diaspora armena" ha sostenuto Hattechian al telefono da Istanbul.
Citando le parole di approvazione del primo ministro Erdogan per le affermazioni del Patriarca Mesrop, Hattechian rilevava che "la comunità armena in Turchia ha evitato ogni posizione che potesse sollevare dubbi sulla sua lealtà."
L'11 ottobre un tribunale di Istanbul ha emesso le sentenze sospese per un anno contro Arat Dink, figlio del giornalista assassinato e redattore capo per il giornale "Agos" e contro il giornalista Sarkis Serobian per aver ripubblicato un'intervista rilasciata l'anno precedente da Hrant Dink a proposito delle uccisioni di massa di Armeni nel 1915. La sentenza è stata approvata appena poche ore dopo il passaggio della risoluzione statunitense.
In Armenia, l'opinione predominante tra gli esperti sembra essere che difficilmente le relazioni con la Turchia si deterioreranno drasticamente, in parte anche perché Ankara non può permettersi di peggiorare le cose più di quanto non siano ora.
"Il confine è chiuso, non ci sono legami diplomatici e il commercio avviene tramite paesi terzi", afferma l'analista politico Alexander Iskandarian. "La risoluzione verrà dimenticata nel giro di pochi mesi. Tuttavia non è solamente una risoluzione, è un processo di riconoscimento del genocidio, è un treno che si è avviato."(...) "Se la Turchia continua sulla via che sta percorrendo ora, cioè inseguendo la membership nella comunità occidentale, allora in cinque, dieci o 15 anni si troverà inevitabilmente a dover migliorare le sue relazioni con l'Armenia."
Haik Demoyan, direttore dell'Istituto Museo del Genocidio di Yerevan alla Radio Pubblica Armena ha precisato che "quando un paese chiude i suoi confini con i vicini, impone un blocco e taglia i legami diplomatici, ciò che di peggio si può immaginare è una guerra. Non credo che la Turchia oserà complicare ulteriormente i rapporti."
Vahan Hovhannissian, il vice presidente del parlamento armeno e uno dei capi del partito nazionalista Dashnaktsutiun pensa che il riconoscimento del genocidio potrebbe in realtà aiutare a sbloccare le relazioni con la Turchia. "Il punto di vista per cui il riconoscimento del genocidio armeno nuocerà agli sforzi di normalizzare i rapporti turco-armeni è completamente sbagliato-argomenta Hovhannissian- Al contrario, finché il genocidio rimarrà non riconosciuto a livello internazionale, la Turchia non avrà interesse a migliorare la relazione con l'Armenia e gli Armeni."
*Tatul Hakobian è un commentatore alla Radio Pubblica d'Armenia e per il settimanale armeno di New York "Reporter".