Dopo le società del non-consumo e le successive distorsioni dell'economia di mercato, nei paesi post-comunisti oggi si afferma lentamente la riflessione sul consumo responsabile
Di Nicola Filizola
I cambiamenti nelle abitudini di consumo hanno accompagnato le trasformazioni della società nel corso dei decenni, nell'Europa dell'est così come dell'ovest. Un rapporto che si è palesato in tutta la sua forza nelle transizioni post-comuniste ed è divenuto ancora più evidente nei paesi est europei che sono entrati a far parte dell'UE.
L'appiattimento dei consumi che ha caratterizzato le economie pianificate è stato rivoluzionato dopo il 1989. Una rivoluzione mentale, ancor prima che materiale. Un big bang che ha ben fotografato nel 2003 il regista tedesco Wolfgang Becker nel film Goodbye Lenin, in cui la famiglia di Alex, il protagonista del film, veniva catapultata dai sottaceti della fabbrica di Stato alla scintillante Coca-Cola nel giro di pochi giorni.
Anton Nenov, il rappresentante dell' Associazione Nazionale dei Consumatori Bulgari, ci descrive questo radicale cambiamento in Bulgaria e racconta l'impegno delle nascenti associazioni a sostegno del consumo critico.
"La nostra, per 45 anni, è stata una società del non-consumo. L'individuo ha esercitato un ruolo esclusivamente passivo, i governi avevano il ruolo di decisore e di produttore, e l'andamento del giro d'affari era esclusivamente legato alla produzione pubblica senza alcuno spazio per l'iniziativa privata. La situazione si è invertita radicalmente dopo l'89 e adesso stiamo vivendo, a velocità quadruplicata rispetto all'esperienza dell'Occidente, il contatto con il mondo dell'abbondanza. Quello che interessa all'Associazione dei consumatori per creare vero benessere è il consumo sostenibile. Io riconduco tutto al criterio delle tre 'R', riduci, riutilizza, ricicla, ed è con questi semplici paletti che dobbiamo inquadrare il discorso dell'inclusione del cittadino nel rapporto al consumo, uno stile di vita, più che una regola, di cui si è perso traccia anche in Bulgaria dove, prima, la spesa si faceva utilizzando la busta di carta e adesso, invece, si fa con la busta di plastica, che inquina, sporca e costa di più".
"Lo spirito e il ruolo delle nascenti associazioni dei consumatori è stato e sarà quello di fare pressione e monitorare le attività del mondo produttivo in relazione alla vendita e al consumato. La nostra organizzazione si basa molto su fondi della Commissione Europea e, per una minima parte, su fondi statali. Siamo un gruppo di otto persone e quattro di noi lavorano a tempo pieno. L'appoggio in termini economico e di know-how della Commissione ci permette di poter realizzare un lavoro di lobby e di monitoraggio continuo ed indipendente".
"Tra le attività in cui ci stiamo impegnando ad esempio c'è il controllo costante del mondo finanziario. Rispetto a questo settore stanno emergendo forti preoccupazioni in Bulgaria, come altrove, perché banche ed altri istituti finanziari concedono prestiti, anche per mutui immobiliari, con grande facilità e senza necessità alcuna di garanzie anche il Fondo Monetario Internazionale ha espresso preoccupazioni in tal senso n.d.r.. Questo pericoloso incremento del debito sta mettendo in ginocchio i già poverissimi stipendi bulgari, e spinge ancora di più l'economia del paese verso un lento baratro".
"Perciò in questo campo la nostra associazione dei consumatori sta lavorando con costanza. Nell'ultimo anno abbiamo fatto in modo che le banche garantissero un più alto livello di trasparenza al momento della sottoscrizione dei contratti di prestito, e anche il Parlamento si è espresso a favore di una più rigida politica di controllo degli istituti di credito".
Nel caso rumeno, i cittadini di Timisoara sono stati invitati a partecipare attivamente ad un percorso di sensibilizzazione ai consumi attraverso un'iniziativa gestita e coordinata da IRIS (European inter-network of ethical and responsible initiatives) che ha messo in collegamento quattro municipalità, Ile de France e Mulhouse (Francia), Rovereto (Italia), e Timisoara (Romania). L'obiettivo ultimo del programma è stato quello di integrare la cittadinanza nel processo decisionale pubblico attraverso la promozione del concetto di Consum-Attore, vale a dire un individuo conscio delle conseguenze delle proprie scelte.
Mihaela Vetal, coordinatrice dell'esperimento di Timisoara, ci ha raccontato il percorso intrapreso per costruire una responsabilità collettiva legata all'economia sociale e solidale nel contesto rumeno.
"Si tratta di far conoscere, di diffondere la cultura dell'iniziativa sociale che non è la stessa cultura che abbiamo vissuto durante il comunismo. In poche parole, far percepire che l'iniziativa collettiva non è più legata a quella dello Stato".
"A grandi linee nell'attuale struttura sociale romena si possono distinguere tre classi sociali. Ci sono i poveri con bassissimi stipendi che scelgono, naturalmente, dei prodotti economici e non badano al fatto che il prodotto sia o meno di buona qualità, che provenga da un tipo di produzione piuttosto che un'altra. Semplicemente non si possono permettere il lusso della scelta. Vi è poi un'altra classe, i ricchi, che pagano prezzi altissimi per prodotti di marca. Anche in questo caso, in maniera paradossale, la scelta non si fonda sulla qualità del prodotto, quanto sulla condizione che esso sia o meno uno status-symbol. E' invece nella cosiddetta classe media che abbiamo lo spazio di manovra per costruire le responsabilità di consumo e in cui possiamo agire come società civile e come associazioni dei consumatori. Dobbiamo saper dimostrare che le scelte di consumo hanno delle conseguenze. Io credo che si tratti proprio di questo, far riflettere il cittadino sulle responsabilità che circondano il mondo del consumo e sulle ripercussioni che esso ha sull'esistenza altrui e sulla nostra. La costruzione delle coscienze è il vero obiettivo che ci siamo prefissati".
"Dal punto di vista pratico la nostra equipe è all'opera per valutare quali tipi di idee e programmi si possono sposare con il nostro tessuto tradizionale e con il nostro territorio, una fase di studio se vogliamo. Questo sotto l'aspetto di lungo periodo. Nel più breve termine, e mi riferisco a quanto è già in corso, il nostro compito è quello di promuovere i vantaggi del commercio equo e siamo davvero entusiasti dei primi risultati a tal proposito".
"Grazie all'appoggio del Consiglio d'Europa e di altri soggetti come Altro Mercato, in Italia, durante il prossimo periodo natalizio, abbiamo organizzato un mercato di prodotti del commercio equo all'interno del più grande mercatino natalizio organizzato dai commercianti di Timisoara. Ci saranno prodotti realizzati da persone con handicap fisici e psicologici, con problemi legati alla giustizia, anziani, orfani, Rom, vale a dire il grande gruppo degli svantaggiati e degli esclusi".
Si tratta, dunque, di una nozione di responsabilità civile e di crescita sociale in una fase di trasformazioni radicali. La questione, come ha sottolineato Gilda Farrel, capo della divisione sviluppo e coesione sociale del Consiglio d'Europa, è che "il mercato, seppure presenti in esso delle forti contraddizioni, è uno strumento di costruzione della critica, e a questo esercizio sono molto più avvezzi i cittadini occidentali di quelli dell'est Europa. Sono convinta di questo perché secondo la nostra esperienza, la democrazia in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale si è costruita anche attraverso l'accesso al consumo. In questo momento, invece, nei paesi post-comunisti dopo aver liberato le spinte all'acquisto e alla scelta come espressione di libertà, è un difficile fare un ragionamento inverso, sensibilizzare rispetto al fatto che le scelte di consumo contengono anche una responsabilità sociale. In poche parole, è un po' contraddittorio agli occhi, ad esempio, di un cittadino rumeno".
Il paradosso che emerge è: "Se la mia possibilità di scelta tra gli scaffali del supermercato indicizza il mio grado di appartenenza alla democrazia, come è possibile che il mio consumo abbia degli effetti distorsivi sulla democrazia stessa?".