L'autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh ha un nuovo leader, Bako Saakian. Restano lontane le prospettive per la soluzione del conflitto con l'Azerbaijan
Di Elizabeth Owen*, per Eurasianet, 23 luglio 2007 (titolo originale: "Karabakh Territory Undergoes Political Transition")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Nelle elezioni presidenziali svoltesi in Karabakh il 19 luglio scorso, più dell'85 per cento dei voti è andato a Bako Saakian, mentre il vice ministro 'de facto' degli Esteri, Masis Mailian, ha ottenuto solo poco più del 12 per cento. Sono questi i dati finali pubblicati dalla Commissione elettorale centrale del territorio. Le restanti preferenze sono andate divise tra altri tre candidati. Data la mancanza di un riconoscimento esterno dell'indipendenza del territorio, la comunità internazionale non ha espresso un giudizio sulla legittimità della votazione.
Nonostante la schiacciante vittoria, Saakian non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione. Nel corso di una conferenza stampa del 20 luglio Mailian, il suo principale rivale, descritto come il candidato "riformista", ha dichiarato di accettare il risultato, e ha descritto la sua sfida con Saakian come un segno del progresso democratico dello Stato secessionista.
Il primo elemento che viene in mente a chi dall'esterno cerca di analizzare che cosa ci sia dietro questa presidenza di fatto è che Saakian proviene dalla sicurezza, dato spesso citato come indizio del suo presunto orientamento filorusso. Indistintamente sostenitori ed oppositori sostengono però che dipingere Saakian come una creatura del vecchio KGB sovietico sarebbe un errore.
Saakian, nativo di Stepanakert, iniziò la sua carriera come meccanico, e proseguì dedicandosi al restauro di monumenti storici prima di unirsi nel 1988 al movimento indipendentista Artsakh. Verso la fine della guerra del 1988-1994 con l'Azerbaijan, prestò servizio come vicecomandante nelle retroguardie. Dopo un ulteriore periodo nel comando dell'esercito e un breve incarico come consigliere ministeriale, fu nominato ministro dell'Interno nel 1999 e capo del Servizio di sicurezza nazionale nel 2001.
"Non è un uomo della Ceka. La sua carriera non è quella di un esponente dei servizi", ha commentato il presidente uscente 'de facto' Arkady Ghukassian in un'intervista con EurasiaNet. "Il Servizio di sicurezza del Karabakh... e l'ex Servizio di sicurezza dell'Unione Sovietica sono due cose completamente diverse".
Il sostenitore di Mailian, Gegam Baghdassarian, vicepresidente del partito d'opposizione Movimento 88, afferma che nell'assicurare la vittoria di Saakian il sostegno delle strutture di sicurezza è stato meno influente di quanto lo è stato il forte appoggio dell'attuale Presidente della Repubblica, Ghukassian. "Il ruolo chiave non l'hanno giocato le strutture di sicurezza, ma il Presidente in carica", ha detto Baghdassarian. Ghukassian ha respinto queste illazioni, sostenendo che il suo ufficio ha mantenuto una posizione neutrale durante la campagna elettorale.
Da entrambe le parti si è insomma negato che la Russia abbia avuto un ruolo importante nella scelta di Saakian, mentre sulla parte giocata dall'Armenia ci sono opinioni contrastanti. Il Presidente uscente Ghukassian ha ribadito che le forze esterne hanno avuto per lo più un'influenza minima. "L'ultima parola spetta al Nagorno-Karabakh," ha detto. Invece Baghdassarian ha definito "una scelta deliberata" la trasmissione sul territorio del Karabakh di notiziari televisivi armeni favorevoli a Saakian".
In apparente contraddizione con le sue responsabilità ufficiali, Saakian si è autodescritto come un candidato "non filogovernativo" Per dare il tocco finale alla sua immagine di outsider, egli ha ribadito che la sua candidatura era stata supportata da "un'iniziativa civile" che includeva organizzazioni non governative. Come per rafforzare il concetto, la piattaforma ufficiale di Saakian enfatizza il suo impegno ad "ampliare" il ruolo della società civile nelle attività del Karabakh - un processo a cui "non c'è alternativa", come ha dichiarato in un incontro il 17 luglio.
Il dettaglio degli obiettivi politici di Saakian, comunque, resta vago. Nel corso dell'incontro Saakian ha dichiarato che sarà dedicata attenzione ad esaminare le "manchevolezze" dei 10 anni di mandato del Presidente uscente Ghukassian, ma ha rifiutato di approfondire l'argomento. "Non penso che in questo momento ci sia bisogno di focalizzare la nostra attenzione sui problemi concreti", ha detto. Ghukassian ha dichiarato ad EurasiaNet in un'intervista che prevede di rimanere in Karabakh ma che "non fa conto di mantenere alcun tipo di incarico".
Anche la risoluzione del conflitto con l'Azerbaijan, che ha recentemente raggiunto la quota di 1 miliardo di dollari in spese militari, appare lontana. Saakian ha dichiarato di sostenere una soluzione "di ampio respiro" al problema dello status del Karabakh, con la partecipazione diretta dell'autoproclamatosi Stato ai negoziati. Allo stesso tempo, ha rifiutato di esprimersi sulle preoccupazioni riguardo al rafforzamento militare di Baku, dichiarando che questo sarà "un tema da discutere al tavolo dei negoziati. Non con i giornalisti".
Senza dubbio Saakian nel prosieguo dei colloqui di pace difenderà risolutamente gli interessi politici del Karabakh.
Il rivale di Saakian, Masis Mailian, ha costruito la propria campagna sull'impegno a rafforzare la legalità e a stroncare la corruzione. L'immagine che ne è risultata è stata quella di un candidato che lottava per qualcosa - un' immagine "molto rispettata" in Karabakh, come ha commentato l'analista dell'amministrazione presidenziale David Babayan.
Babayan, un sostenitore di Saakian, ritiene che anche il neoeletto leader del territorio sia un "riformista", che terrà in considerazione i diversi punti di vista dei due partiti filogovernativi e dei due partiti dell'opposizione parlamentare che hanno sostenuto la sua candidatura.
Ci si potrebbe chiedere come la mancanza di esperienza politica di Saakian gli consentirà di mantenere un'unità politica nel territorio. Ma Saakian la vede diversamente. "Sono stato membro del Consiglio di sicurezza, ho avuto una certa posizione nello Stato", ha detto ai giornalisti. "Anche se non mi sono ufficialmente occupato di politica, ciò non significa che non ci abbia avuto a che fare".
Babayan ha commentato: "Questa è una via equilibrata. Noi vogliamo cambiamenti profondi, ma vogliamo stabilità".
Dopo più di un decennio di lotta per la ricostruzione dopo la guerra con l'Azerbaijan, questo messaggio è sembrato trovare consenso tra molti elettori - almeno per il momento. "Metodico", "onesto" ed "affidabile" sono state le parole più utilizzate dai votanti per descrivere l'ex capo dei Servizi di sicurezza, la cui vittoria alle urne non è giunta come una sorpresa per la maggior parte dei residenti intervistati.
La sua formazione nei Servizi è spesso citata come prova di un'intima conoscenza della situazione interna del Karabakh. "Se dice che fa una cosa, la fa", ha detto un controllore del gas di Stepanakert che si è presentato come Vladimir, conoscente personale di Saakian. "Se dice che risolverà un problema, lo risolverà, e come sapete il Karabakh ha un sacco di problemi".
Un rifugiato dell'Azerbaijan che vive nel distretto meridionale di Hradout ha aggiunto: "È sempre stato una persona semplice, come noi. Forse questo farà la differenza".
*Elizabeth Owen è redattrice a Tbilisi di EurasiaNet Caucaso