Il passaggio di consegne si dovrebbe concludere nel 2008. La sostituzione del Patto con l'RCC è considerata il frutto di un'evoluzione della regione, che sarebbe finalmente in grado di fare da sé
Leggi il primo articolo
Il Patto di Stabilità passa alla storia dopo 8 anni nei quali ha definito le linee guida della cooperazione regionale. Il segretario generale del Regional Cooperation Council (RCC), l'organizzazione che ne erediterà le funzioni, è già stato designato nella persona di Hido Biscevic, sottosegretario agli Esteri croato. La nomina era già stata approvata alcuni mesi fa nel corso del summit del South-East European Cooperation Process a Zagabria.
La scelta della sede del RCC ha premiato Sarajevo (che per l'occasione è già stata ribattezzata "la piccola Bruxelles") e sono stati fissati anche i contributi finanziari che i paesi sud-est europei dovranno versare nelle casse del RCC. Si tratta di cifre effettivamente modeste: il totale ammonterà ad 1 milione di euro l'anno. Il compito di coprire il fabbisogno rimanente toccherà all'Occidente.
"I rapporti di cooperazione regionale si sono rafforzati e l'integrazione nelle strutture Euro-Atlantiche ha fatto notevoli passi avanti. Adesso l'importante è assicurare che questi progetti siano fermamente radicati nell'intera regione. E questo si sta realizzando con la trasformazione del Patto di Stabilità in un affare di competenza regionale", ha detto la Cancelliera tedesca Angela Merkel durante il summit di maggio a Zagabria.
La sostituzione del Patto con l'RCC è considerata il frutto di un'evoluzione della regione, che sarebbe finalmente in grado di fare da sé.
Secondo il Commissario UE per l'Allargamento, Olli Rehn, presente al summit, "è un segno di maturità da parte di una regione che sta superando le tragedie degli anni '90, persegue la cooperazione fra i paesi e guarda all'Europa".
Fra i risultati ottenuti grazie al Patto ci sono la firma dell'accordo che ha dato vita al CEFTA nel dicembre 2006 e la creazione - fortemente voluta dall'UE - di un mercato regionale dell'energia con la firma dell'Energy Community Treaty nell'ottobre 2005. Secondo i firmatari del Patto, la lista dei suoi successi è molto più lunga. Include la nascita di un approccio comune nella lotta al crimine organizzato e alla corruzione; lo scambio di informazioni e competenze in materia di migrazioni; la creazione della commissione Sava River che si occupa di questioni economiche ed ambientali; il miglioramento della cooperazione transfrontaliera e molto altro ancora.
Il risultato principale è la cooperazione stessa, dicono dalla sede del Patto. "Un così alto grado di cooperazione non sarebbe stato nemmeno pensabile pochi anni fa", ha sostenuto Busek nel corso del suo intervento al summit Zagabria.
L'aspetto più difficile quando si cerca di dare una valutazione è riuscire a quantificare in maniera corretta. In questo senso, le conquiste del Patto andrebbero ripensate in termini non solo di risultati ottenuti ma anche di processi avviati. Secondo i suoi difensori, "se guardiamo alla lista dei risultati ottenuti non troviamo grandi progetti che siano stati portati a termine, ma senza dubbio possiamo incontrare cooperazione e coordinamento su larga scala fra i diversi paesi".
E' difficile stabilire la cifra distribuita dal Patto nel corso degli anni. Le stime oscillano fra i 6 e i 20 milioni di euro. Il budget a disposizione del Patto non è mai stato ingente; ha più che altro cercato di svolgere un'attività di coordinamento, assegnando la priorità a obiettivi predefiniti . Si è trattato insomma di canalizzare attraverso il Patto la disponibilità finanziaria esistente.
La peculiarità della struttura istituzionale del Patto, ovvero il suo carattere "di rete" ha funzionato come un punto a suo favore, permettendogli di muoversi nel difficile groviglio dei Balcani e non solo. E' riuscito ad esempio a coinvolgere il Kosovo nonostante il suo status irrisolto. Ha inoltre contribuito a creare una relazione per niente scontata fra organismi come la Banca Mondiale e la NATO.
Ad oggi, come detto, i maggiori risultati ottenuti sono stati il CEFTA e l'Energy Community Treaty. Il primo ha collegato i Balcani a 80 milioni di persone riunite in un immenso mercato; il secondo, fortemente voluto dall'UE, si sforza di creare un mercato comune e liberalizzato dell'energia.
Il CEFTA (Accordo centroeuropeo di libero scambio) è stato firmato dai capi di governo dei Balcani nell'aprile del 2006 a Bucarest. Il proposito era quello di sostituire i numerosi accordi bilaterali di libero commercio esistenti - mai rispettati fino in fondo secondo gli analisti - e di incrementare il commercio intra-regionale e verso l'UE.
L'Energy Community Treaty (Trattato comunitario sull'energia) è stato firmato nell'ottobre 2005 ad Atene. Si è trattato di un passo importante verso la creazione di un mercato comune dell'energia. Il mercato energetico (gas ed elettricità) dovrebbe essere liberalizzato a partire dall'anno prossimo per quanto riguarda i grandi consumatori, mentre per i consumi privati ci sarà da attendere fino al 2015.
Aprendo la cerimonia della firma del trattato ad Atene, Busek ha sottolineato che "l'implementazione del trattato avrà notevoli ricadute sul piano politico, economico e sociale, fra cui la garanzia di un approvvigionamento d'energia al sud-est Europa efficiente e stabile, l'introduzione di un sistema di regolazione basato su principi di mercato e la messa in sicurezza di un'area centrale nelle rotte energetiche in Europa".
Entrambi i trattati si trovano ancora a uno stadio iniziale; devono essere ratificati ed implementati. Alcuni paesi mantengono riserve riguardo al CEFTA, appellandosi al fatto che un mercato liberalizzato potrebbe avere conseguenze problematiche sulle loro fragili economie. Fra i grandi consumatori c'è chi avverte che l'acquisto di energia elettrica a prezzi di mercato li costringerebbe a chiudere le proprie attività. Anche se non universalmente accettati e messi in pratica, il CEFTA ed il mercato comune dell'energia rimangono i risultati più visibili del Patto.
C'è infine chi teme che la chiusura del Patto di Stabilità significherà la ritirata della comunità internazionale. I funzionari occidentali assicurano che non sarà così. La sostituzione sarà garantita dall'entrata sulla scena dell'RCC, dicono, e questo perché la regione è pronta per prendere in mano il timone della propria gestione.
Secondo le parole di Busek "la gestione della regione dal suo interno è un'idea molto valida, che però nei Balcani non si è mai realizzata negli ultimi 200 anni. A partire dagli anni venti del XIX secolo, ogni decisione concernente quest'area è sempre stata presa al suo esterno".
La nascita del Regional Cooperation Council è un passo per cambiare direzione.