Lucia Feinig-Giesinger è un'affermata pittrice austriaca. Da ormai più di dieci anni, ogni mese, riempie una sacca di stoffe e, caricatala su un autobus, la invia a Gorazde, Bosnia Erzegovina. Dopo qualche settimana quella sacca fa il percorso inverso. Piena di ''Bosna Quilt''
Dodici donne di Gorazde che integrano il loro reddito grazie ad una grande maestria nel cucire le stoffe. I primi Quilt nascono nel 1993, in un centro per rifugiati di guerra del Vorarlberg, Austria. Lì la pittrice Lucia Feining cuce con le donne bosniache contro la disperazione. Un progetto pensato come azione di breve durata, che è divenuto poi permanente. Ora i "Bosna Quilt" si trovano in numerosi edifici pubblici e privati di tutta Europa.
Come è cominciato questo progetto? Può raccontarci del suo primo incontro con queste donne bosniache?
La storia è cominciata nel 1993, quando una psicologa pensò di inziare un lavoro con alcune persone che risiedevano in un centro per rifugiati. La sua indea fu di chiedere ad alcuni artisti di fare degli schizzi per una tecnica tessile molto comune in Bosnia, ad esempio per realizzare poi dei kilim.
Ho subito desiderato prendere parte alla cosa, ma non volevo affatto utilizzare una tecnica che loro conoscevano già. Io pensavo avrebbero vissuto con difficoltà il fatto di essere in un paese straniero, non per loro scelta, e poi arriva un'artista straniera, prepara una bozza, e ci si deve mettere a realizzare quell'ideazione. In qualche modo mi sembrava irriverente, irrispettoso.
Per caso mi è venuta in mente la tecnica del quilting patchwork. Non sapevo davvero perché, adesso però lo so. La tecnica era nuova per me e altrettanto nuova per le donne bosniache. Secondo elemento, occorono due progetti: l'ideazione dei colori e poi la progettazione delle linee. Servono due persone, è un lavoro veramente di squadra. Non c'è divario tra l'artista e l'artigiano. È un qualcosa di quasi perfettamente bilanciato. Quando il quilt è cucito male, l'intero quilt è brutto, il mio disegno non serve allora a niente; quando il mio schizzo è fatto male, nemmeno le belle cuciture delle donne aiutano. Dobbiamo vedere di essere brave entrambe: è una chiara divisione del lavoro. Pensavo si trattasse di fare 3 o 4 quilt con le donne, invece in qualche modo il progetto ha continuato ad andare avanti, come quando si fa una piccola palla di neve che rotolando diventa sempre più grande.
Può parlarci un po' di sé?
Sono pittrice. In precedenza ho dipinto aquarelli, o anche ad olio. A volte ho fatto pittura descrittiva, ma in reltà era più che altro astratta, intima. Cose non appariscenti, ad esempio prati aridi, a metà tra natura e astrazione. Come posso dire...dipingevo molto diversamente da come oggi appaiono i quilt. Ora però dipingo con le stoffe. Sono rimasta pittrice ma non ho più aquarelli o colori ad olio. Ho molte stoffe a casa, in moltissime sfumature; il pavimento è la mia carta e sul pavimento stendo e dispongo le stoffe finché il quilt mi piace.
E poi queste donne, dopo la fine della guerra in Bosnia, dopo Dayton, sono tornate a Gorazde. La vostra relazione è però proseguita ...
Sì, è andata avanti grazie al forte desiderio di una delle rientranti, Safira. Diceva: "Se non vai avanti con noi, io divento matta. Allora tornerò indietro e tu dovrai cercarmi un lavoro". Mi ha spedito un fax: "Impazzirò se tu non continui". E allora abbiamo provato. Abbiamo fatto un catalogo con foto molto belle. Mio marito ha scritto i testi. Poi in modo quasi naturale, e grazie all'aiuto di molte persone, è stato possibile avviare l'attività in Bosnia, o meglio, continuare con l'attività. Due delle rientranti hanno cercato altre dieci donne - per noi era il numero più funzionale - che lavorassero nel laboratorio: dal 1998 ci lavorano sempre le stesse dodici donne.
E il primo viaggio in Bosnia?
Le dieci nuove donne non le ho conosciute per mezzo anno. Avevo solo una foto di loro tutte insieme e avevo i quilts. Sapevo che c'era una Emina, una Mirza, una Vesna. Conoscevo i loro nomi e il viso dalle fotografie. È stato molto, molto bello quando le ho incontrate. Nessuna di loro sa l'inglese o il tedesco. Solo due di loro sanno il tedesco, perché sono state in Austria. Ma ci capiamo bene comunque. Safira ripeteva: "Molte persone vengono a Gorazde, ma vengono una sola volta".
A Gorazde non c'è nulla. E' bello in estate, è sulla Drina, ma molto era distrutto. Ricordo tanta tristezza e anche molta emigrazione dopo la guerra. Tutti i giovani che lo potevano fare, sono andati in Germania, in Scandinavia, in America.
Però ora un po' alla volta ricomincia ad andare normalmente. Quest'estate, quando sono stata là, siamo scesi per 10 km lungo la Drina con un catamarano fatto in casa. Cinque anni fa questo sarebbe stato impossibile. Invece ora, il marito di una delle donne collaboratrici, ha costruito una barca, come in un film di Kusturica.
Aveva un tetto bianco, un piccolo tavolino nel mezzo con una tovaglia bianca e delle panche ai lati e nell'angolo un piccolo barbecue come nei libri illustrati. Così siamo partiti con un piccolo motore che bisognava accendere a scatto, tipo quello di un tosaerba. Questo per me è un segno che in qualche modo sta tornando la normalità: quando si ha il tempo per qualcosa di così giocoso, quando se ne ha l'energia e la voglia...
Concretamente come funziona il progetto. Lei invia i progetti? E poi?
Come dicevo, tutto comincia con le stoffe sul pavimento e con l'acquisto di stoffe che mi piacciono. Quando le stoffe sono distese per terra, pronte, allora faccio un disegno non tanto grande, disegno i riquadri e cerco di riprodurre i colori in modo che le donne sappiano come devono cucire insieme i quadrati.
Poi fisso i riquadri con gli spilli, ci metto vicino il filo giusto e l'imbottitura, ripiego il tutto e di solito scrivo anche il nome di chi si deve occupare di quel pezzo. Questo perché le donne sono molto diverse, è come avere 12 calligrafie diverse, non è che ogni disegno sia adatto a qualsiasi stile.
Le stoffe arrivano con l'autobus a Gorazde in una grossa borsa; Safira le ritira dall'autista e le distribuisce tra le donne, e le donne iniziano a consultarsi: "Cosa ti sembra, cosa ci sta bene" . Perché ogni pezzo viene diverso, sono tutti pezzi unici.
Dimostrano sempre entusiasmo, non è noisoso per loro..."Faccio linee diritte, o spirali, o in che altro modo posso la decorazione di riempimento..?". A volte vanno da Safira e le chiedono se così va bene. Altre lavorano in due ad un unico quilt, ad esempio quando abbiamo un'ordinazione per un letto grande o per una chiesa e per un centro sociale.
Quando i quilt sono pronti, Safira li controlla, a volte dice "mmm ... su quello devi fare ancora qualcosa, se no a Lucia non piace; devi ancora correggerlo", e così viene rifinito. Poi Safira li impacchetta tutti insieme in una borsa e li rispedisce indietro. Io vado a prenderli dall'autista e a casa li guardo.
Naturalmente, ogni volta rimango molto sorpresa, a volte sono molto soddisfatta, a volte sono invece scettica all'inizio e penso "Oh Signore!". Ma poi li lascio distesi tutta la notte, così le pieghe spariscono - prendono strane pieghe per via del viaggio - e per lo più alla fine sono contenta del risultato.
Dopodiché, li faccio fotografare e vanno ad aggiungersi agli altri quilt, per quando abbiamo delle esposizioni. A volte abbiamo 3 mostre parallelamente. Io vado con una collaboratrice o con qualcuno che mi aiuta, ad allestire l'esposizione dove ci hanno invitato. Andiamo dove ci sono persone che ci chiamano. Perché allora so che per loro è importante, che faranno pubblicità e che faranno di tutto perché vada bene.
Queste donne riescono a guadagnarsi da vivere con il laboratorio?
Il laboratorio rappresenta una buona integrazione del loro reddito. Non vivono solo di quello. Alcune di loro hanno di nuovo il loro vecchio lavoro, perché l'azienda dove lavoravano prima della guerra ha riaperto. All'inizio erano disoccupate, ora no. Però con i quilts guadagnano di più che se lavorassero, ad esempio, al 100 % in albergo o in fabbrica.
Come ha influenzato quest'esperienza la sua produzione artistica?
Non so, dovrei provare ... al momento non faccio altro che i quilt. Non riesco a fare troppo cose contemporaneamente ... Sono contenta se riesco a fare bene questo lavoro. Quando ricomincerò a dipingere, vedrò come quest'esperienza mi ha influenzato. Sono molto felice di questo tipo di pittura. Al momento non ho bisogno di altro..