Nagorno Karabakh, il monumento di Tatik Papik "Noi siamo le nostre montagne"

La famiglia Karapetian vive in totale isolamento, ma desidera fortemente dei vicini. Cronache da un dopoguerra ai confini dell'Europa

01/06/2007 -  Anonymous User

Di: Lusine Musaelian*, per IWPR, 19 aprile 2007 (tit. or.: "Karabakh's Loneliest Village")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Irene Dioli

Il villaggio di Jrkan, nel Nagorno Karabakh, è popolato da due sole persone.

Sanasar e Gohar Karapetian, marito e moglie, sono gli unici abitanti di questo villaggio spettrale, che non è nemmeno il loro luogo d'origine.

Jrakn si trova a 100 chilometri (due ore di viaggio in auto su strade scoscese) da Stepanakert, capitale della repubblica, non riconosciuta ufficialmente, del Nagorno Karabakh.

Qui i Karapetian vivono in solitudine da undici anni, completamente privi di contatti umani. I loro "vicini" vivono a diversi chilometri di distanza, e sono passati mesi da quando Gohar (58 anni) e suo marito (63) hanno parlato ad anima viva.

Il più vicino luogo abitato è il villaggio di Norashen, al confronto un'autentica metropoli, con i suoi cento abitanti che vivono nelle nuove case costruite dall'Armenian General Benevolent Union, ente di beneficenza con sede a New York.

Per camminare da Jrakn a Norashen ci vuole mezz'ora. Ma quando la strada fra i due villaggi è coperta di fango, come spesso accade, ci si mette molto più tempo.

"Qualcuno era morto nel villaggio vicino" dice Gohar. "Ne abbiamo sentito parlare e siamo andati al funerale. Tutti ci guardavano con meraviglia: forse sembriamo diversi da tutti gli altri. Abbiamo diviso il cibo con loro, siamo rimasti lì per un po' e poi siamo tornati indietro".

"Ci hanno anche detto che gli Stati Uniti vogliono dichiarare guerra al nostro vicino, l'Iran. Ci siamo spaventati, e nella mia testa ho pregato Dio che impedisca che ci accada qualcosa di brutto".

Sanasar a stento prende parte alla nostra conversazione. Secondo sua moglie, "il pover'uomo è diventato timido per la mancanza di contatti umani".

La coppia ha finito per stabilirsi a Jrakn, nel sud del Nagorno Karabakh, dopo aver perso la propria casa nel terremoto che devastò la città armena di Gyumri nel 1988. La casa fu distrutta, e nove dei loro parenti rimasero sepolti sotto le rovine. Si salvarono solo un letto, due completi di lenzuola e un frigorifero. Per molto tempo i Karapetian vissero in un garage, prima di decidere di costruire una nuova casa nel territorio del Karabakh, controllato dall'Armenia.

All'arrivo della coppia, anche Jrakn era un tetro villaggio di rovine, vittima della dura guerra per il possesso del Karabakh, combattuta da Armenia e Azerbaijan tra il 1991 e il 1994. A parte l'improvvisata abitazione, non c'è nulla se non rovine ed alberi.

I Karapetian scelsero Jrakn per puro caso.

"I nostri amici ci consigliarono di trasferirci nel Karabakh, dicevano che era più facile sopravvivere" dice Gohar. "Trovammo una mappa del Karabakh, la studiammo e scegliemmo la regione di Hadrut. In qualche modo riuscimmo a raggiungere questo villaggio. Il paesaggio è molto bello, e la natura è fertile. Così abbiamo cominciato a vivere qui".

Nei due anni che trascorsero a costruire una nuova casa, la coppia fu costretta a dormire in auto, perché non c'era nessun altro posto dove vivere. "A volte, di notte, mi svegliavo e vedevo le volpi e gli sciacalli che circondavano la nostra macchina. Faceva molta paura" dice ancora Gohar.

Casa Karapetian sembra più un fienile, con di fronte un recinto per il bestiame e un giardino pieno di alberi da frutta. Sanasar aveva costruito un piccolo garage per la sua macchina, ma l'auto ha reso l'anima da molto tempo.

All'interno, le due stanze sono buie, e il pavimento di cemento è coperto di fango.

I Karapetian usano una delle due stanze come dispensa per il loro raccolto di zucche, noci e patate, mentre l'altra serve per dormire e mangiare. Le finestre sono ricoperte di tela cerata, perché "per mettere i vetri servono molti soldi". L'unica fonte di luce nella stanza cupa è una lampadina fioca.

L'unico mezzo per scaldarsi è la legna, che bisogna andare a raccogliere molto lontano. L'acqua si prende da una sorgente vicina, e il giardino è innaffiato dalla pioggia. Hanno una padella, che usano per cucinare per sé e per i propri animali.

L'unico reddito della coppia è costituito dalla pensione mensile di Gohar, 10.000 dram (28 dollari). Suo marito non guadagna niente, perché non ha i documenti necessari.

"Grazie al presidente del Karabakh Arkady Ghukasian, la mia pensione è salita da 3000 a 10.000 dram. Gli ho scritto una lettera per raccontargli la mia vita. Mentre scrivevo ero nervosa ed emozionata, e con le lacrime la lettera si è bagnata. Non avevo più carta per scriverne un'altra, così gli ho mandato una lettera umida. Forse ha sentito quanto eravamo tristi e ci ha aiutati. Che il Signore lo benedica", dice Gohar. I soldi extra li usa per pagare l'elettricità.

La coppia è tagliata fuori da quanto succede nel resto del mondo. Non hanno mai avuto un televisore, e anche nel villaggio vicino i giornali non arrivano. La casa non ha orologio né calendario. "Sappiamo solo quando è venerdì, perché è il giorno in cui i soldati marciano per il sentiero più basso", dice Sanasar.

Non si interessano molto di politica, e del referendum costituzionale dell'anno scorso dicono: "Non abbiamo mai saputo se è passato o no".

In ogni caso, alla coppia piacerebbe avere dei vicini e, secondo la sede di Yerevan dell'Armenian General Benevolent Union (AGBU), si sta pianificando di ripopolare Jrakn. Il sito dell'AGBU afferma che l'ente progetta di costruire venti case nel villaggio entro il 2008, incoraggiando i rifugiati armeni dall'Azerbaijan a stabilirsi lì. La costruzione delle prime dieci case, si legge, sarà completata entro il primo trimestre del 2007, e altre dieci case saranno costruite entro l'estate 2008. Tuttavia, non c'è traccia dei lavori di costruzione, e Serzh Amirkhanian, capo del dipartimento Migrazione e Rifugiati del governo del Nagorno Karabakh, nega l'esistenza di piani di ricostruzione a breve termine.

Nel frattempo, Gohar e Sanasar vorrebbero rivedere i loro nipotini in Armenia. Da quando sono arrivati qui, non hanno mai avuto la possibilità di far visita alla loro famiglia, che vive ancora in un garage nella città natale di Gyumri.

"Tutte le notti sogno di Gyumri", dice la nonna. "Vorrei che almeno due di loro potessero venire qui, sposarsi e vivere...".

"Abbiamo messo tutta la nostra vita in questo posto, vero?" aggiunge Gohar. Dice che non potrebbero mai lasciare Jrakn, dopo aver sopportato così tante avversità.

*Lusine Musaelian è reporter per Demo, giornale pubblicato in Nagorno Karabakh, e partecipa al progetto Cross-Caucasus Journalism Network di IWPR