La relazione tra migrazione, cooperazione e sviluppo è da tempo al centro di un dibattito che coinvolge diversi ambiti della società italiana ed europea. Sintesi del dibattito emerso durante l'incontro avvenuto a Pisa lo scorso 22 settembre
Il 22 settembre scorso a Pisa il CeSPI ha presentato: "Migrazioni e sviluppo nella cooperazione italiana: verso uno strategy paper". All'incontro erano presenti diversi rappresentanti delle comunità immigrate della Toscana, soprattutto provenienti dal continente africano, esponenti delle amministrazioni locali e della giunta regionale, nonché delegazioni di alcune ONG attive sul territorio.
Questo evento fa parte di un'iniziativa sostenuta dalla Cooperazione Italiana, in collaborazione con l'OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Un percorso che sta indagando su quali siano le migliori strategie per l'integrazione del migrante, confrontandosi di volta in volta con le diverse realtà locali in tutta Italia. Punto di partenza è proprio il ruolo del migrante nella cooperazione allo sviluppo.
L'obiettivo finale è quello di stendere un documento programmatico in tema di sviluppo e migrazione aprendo l?elaborazione dello stesso a suggerimenti, proposte, critiche e contributi dei diversi attori della cooperazione allo sviluppo e della società civile, proprio nell'ottica di garantire la più ampia condivisione possibile in materia. Questo perché la questione del legame tra immigrazione e co-sviluppo coinvolge un ampio spettro di soggetti: dalle amministrazioni locali agli uffici ministeriali, passando per i sindacati dei lavoratori alle stesse ONG sparse sul territorio, dagli istituti bancari e agli imprenditori.
E' evidente che la mobilità delle persone, la migrazione, non sia un fatto contingente - un fenomeno momentaneo legato a particolari sconvolgimenti di natura politica, economica o sociale - ma rappresenti un elemento strutturale, conseguenza della natura del sistema economico mondiale globalizzato in cui viviamo.
A Tampere nel 1999 il Consiglio dell'UE aveva suggerito di superare l?approccio sicuritario in materia spostandosi a livello d'intervento inter-ministeriale, coordinando politiche di asilo, cooperazione internazionale, lavoro e immigrazione. Paesi come Spagna e Francia hanno già elaborato strategie in tal senso, partendo proprio dal concetto di cittadinanza economica e sociale della figura del migrante. L'iniziativa di elaborazione condivisa di uno strategy paper promossa dalla Cooperazione Italiana e dall'IOM cerca di fornire la base per la costruzione di una nuova politica italiana in materia.
La cooperazione dunque si sta interrogando, sul ruolo che l'immigrato può aver nei rapporti tra i diversi territori: può, per cominciare, essere attore di co-sviluppo? Quale è il ruolo delle diaspore (per esempio quella africana e quella ex-jugoslava) nella cooperazione transnazionale? Quali sono le pre-condizioni necessarie per fare del migrante un soggetto attivo nelle dinamiche di cooperazione e più in generale in quelle della società in cui vive? E' necessario, si dice nella proposta del CeSPI, un radicale cambiamento nell'approccio: una riforma della cooperazione e una riforma delle leggi sull'immigrazione.
Questa considerazione è frutto dell'analisi dei flussi di immigrazione nel nostro paese - composizione etnica, ampiezza, direttrici, grado di formazione dei lavoratori migranti, componente di genere - e sullo studio di strategie di successo che altri paesi hanno adottato nella gestione del fenomeno.
I problemi che il CeSPI individua sono principalmente di due ordini: la dispersione del capitale umano e normative troppo restrittive sulla mobilità delle persone. In relazione al primo problema si sottolinea l'esigenza di combattere il fenomeno del "brain waste" ovvero lo spreco di risorse qualificate: laureati e lavoratori specializzati non riescono infatti a trovare il corretto inserimento nel mondo del lavoro, dovendo adattarsi a mansioni de-qualificanti. Questo produce un effetto distorto in un'ottica di co-sviluppo: "drena" preziose risorse per la crescita nel paese di emigrazione che poi rimangono inespresse nel paese di destinazione.
In secondo luogo gli ostacoli alla mobilità delle persone rendono difficile invece il trasferimento di know-how, esperienze, risorse economiche, patrimoni culturali, avendo invece effetti di amplificazione dell'immigrazione incontrollata e illegale.
Il CeSPI, infine, suggerisce alcune misure strategiche per attuare questa trasformazione da discutere con parti sociali e istituzioni, la cui base è rappresentata appunto da un approccio integrato sia in senso orizzontale (l'inter-ministerialità suggerita a livello comunitario) che verticale (soggetti del territorio-istituzioni locali-istituzioni centrali).