Un bambino si aggiunge alla lista dei civili caduti nelle "operazioni antiterrorismo". Il Presidente Zjazikov reprime le proteste e per scongiurare fughe di notizie sequestra i giornalisti
Il malcontento in Inguscezia trova, dopo alcuni di mesi dalla ripresa delle "operazioni antiterrorismo" (cfr. OsservatorioCaucaso "Tensione in Inguscezia 1-2") una prima e significativa risposta. Alcune organizzazioni giovanili, di opposizione e per i diritti umani, assieme ai familiari dei sequestrati hanno organizzato per il 24 novembre un meeting di protesta a Nazran'.
Si manifesta così una rabbia che ha radici profonde sia nella drammatica situazione economica della Repubblica (la più povera della Federazione), che nel dramma dei profughi generati dai conflitti del Caucaso. Un rancore diretto verso le autorità ingusce e che non ha fatto che lievitare dal luglio scorso. Nella piccola repubblica caucasica non si contano più le vittime di attentati: da una parte membri delle cosiddette "formazioni armate illegali", dall'altra membri delle forze di sicurezza e militari.
A farne le spese, come sempre nel corso di un conflitto, anche numerosi civili. Il 5 novembre a Nazran' sono stati uccisi mentre si trovavano in automobile due macchinisti delle ferrovie. La notte precedente tre operai erano stati uccisi da sconosciuti nel villaggio di Jandar (regione di Nazran'). Tra i motivi che hanno convinto la gente a scendere in piazza ha avuto un forte peso proprio l'uccisione di un bambino, il 9 novembre scorso, nel distretto di Sunženskij. Le forze speciali hanno stretto d'assedio un guerrigliero che aveva trovato rifugio nel villaggio di Semul'g, in casa della famiglia Amriev. Nel corso del conflitto a fuoco ha perso la vita Rachim, il figlio minore degli Amriev. Un bambino di appena 6 anni.
L'obiettivo dichiarato degli organizzatori della protesta del 24 novembre era quello di sensibilizzare Mosca circa la situazione insostenibile in cui versa la Repubblica d'Inguscezia. Poco meno di duecento persone si erano riunite fin dalla mattina di sabato presso il piazzale della stazione degli autobus di Nazran'. Poco tempo dopo, con l'aumentare dell'afflusso dei partecipanti, la protesta è stata repressa dalla polizia. Alcuni testimoni hanno riferito di aver udito colpi di arma da fuoco sparati dalle forze dell'ordine per disperdere i manifestanti. Il dirigente dell'organizzazione giovanile "Nasledie" (Eredità), Kaloj Akhil'gov, ha detto di avere notizia di un centinaio di arresti nel corso della protesta. Nelle ore immediatamente successive alla manifestazione, i promotori dell'iniziativa hanno annunciato che simili meeting di protesta si ripeteranno.
Seppure tra molte difficoltà, alcuni media russi sono riusciti a far trapelare qualche notizia sull'accaduto e sui motivi della manifestazione. Alcuni partecipanti, in collegamento con la radio "Ekho Moskvy", hanno descritto il pesante clima che si vive nella repubblica caucasica. Molti hanno denunciato di aver paura per l'incolumità propria e dei propri cari. Tra gli episodi all'ordine del giorno: sparatorie, irruzioni delle forze speciali nelle abitazioni e persino casi di sequestri e di inspiegabili sparizioni.
Un caso di rapimento, balzato recentemente alle cronache della stampa russa, ha uno stretto collegamento con la protesta del 24 novembre. Tre giornalisti di REN-Tv ed il presidente dell'associazione Memorial Oleg Orlov sono stati prelevati dall'Hotel Assa di Nazran', proprio nella notte di venerdì, da ignoti mascherati ed in tuta mimetica. I quattro sono stati rilasciati solo a notte fonda a molti chilometri di distanza. Lo stesso Orlov, che ha riferito alla Novaya Gazeta i particolari della vicenda, si è detto sicuro che "i responsabili del crimine non verranno individuati".
Verso le 23.30 ora locale, nell'albergo hanno fatto irruzione una quindicina di uomini armati. Tre di loro sono saliti fino alla stanza dove si trovava Orlov e si sono fatti aprire la porta. Immobilizzato l'attivista per i diritti umani, hanno infilato il computer, la giacca con i documenti, il telefonino ed il paltò di Orlov in un sacco e l'hanno obbligato a seguirli. La stessa sorte è toccata ai tre reporter della rete televisiva REN-Tv. Karen Sakhinov, Artem Visocskij e Stanisalv Gorjachikh, che si trovavano a Nazran' per filmare le proteste previste per il giorno successivo. I quattro vengono incappucciati e fatti salire a forza su un minibus bianco del tipo "Gazel'". Dopo un'ora di tragitto, durante il quale lo strano convoglio non viene fermato da alcun posto di blocco, i sequestrati vengono fatti scendere in un campo nei dintorni della città. La sorte peggiore tocca a due cameraman di REN-Tv, pesantemente picchiati. Prima di allontanarsi i rapitori hanno schernito le vittime dicendo che li avrebbero uccisi "se solo avessero portato i silenziatori". Una volta rimasti soli, i quattro hanno raggiunto il più vicino centro abitato, dove hanno contattato il locale ufficio del Ministero degli Interni. Orlov ha riferito che i rapitori "parlavano in perfetto russo".
L'agenzia Prima-News riferisce che alle 12.30 di sabato 24 novembre i giornalisti erano ancora trattenuti presso l'edificio del Ministero degli Interni, nonostante necessitassero di cure mediche. Una lunga attesa che avrebbe impedito ai giornalisti, se anche fossero stati in buone condizioni psico-fisiche, di filmare la manifestazione che si teneva in quegli istanti a pochi isolati di distanza.
Solo dopo parecchio tempo è stato permesso ai reporter di essere ricoverati in ospedale. La giornalista Marianna Maksimovskaja, di REN-Tv, ha denunciato il fatto che le cassette con le riprese già girate dalla troupe risultano scomparse dalla stanza d'albergo.
Le riprese della manifestazione di sabato sono tuttavia giunte ugualmente presso la sede della rete televisiva. Solo il giorno prima (23 novembre) le autorità ingusce avevano infatti arrestato una seconda troupe di REN-Tv (i giornalisti Dmitrij Jasminov e Viktor Musalevskij). I due reporter erano stati subito liberati grazie all'intervento della redazione. E' proprio questa seconda troupe di giornalisti, presente sabato alla manifestazione, che è riuscita a sfuggire alle strette maglie della censura. Fermati e perquisiti durante il viaggio di ritorno presso il confine della Repubblica, i reporter - ormai insospettiti dagli episodi dei giorni precedenti - erano già riusciti ad inviare in altri modi le riprese all'antenna televisiva.
Il Ministero degli Interni d'Inguscezia ha definito la notizia del rapimento dei giornalisti "insinuazioni e provocazioni da parte di chi cerca di screditare le autorità della Repubblica d'Inguscezia". Solo dopo una dichiarazione di Svetlana Gorobkova, a capo della commissione d'inchiesta istruita sul caso presso la Procura Generale della Federazione russa, il Presidente d'Inguscezia Murat Zjazikov ha pensato bene di invitare i giornalisti per scusarsi personalmente dell'accaduto, spiegando che "sono stati vittime di forze distruttrici", e che "avrebbe garantito personalmente la loro sicurezza". Una dichiarazione che ha il sapore di una beffa.
Mentre il Ministero degli Interni continua a negare ogni responsabilità per l'accaduto, Amnesty International e Human Rights Watch hanno invitato le autorità russe a far luce sul sequestro, definito "un attacco alla libertà di parola".
Per Memorial i fatti sono abbastanza chiari. Ekaterina Sokirjanskaja ha dichiarato che "non vi sono dubbi sul fatto che il crimine sia stato compiuto da rappresentanti delle forze dell'ordine". Analoga dichiarazione da parte di Svetlana Gannushkina, che ha sottolineato un'altra circostanza inquietante. L'Hotel Assa, considerato uno dei più sicuri alberghi della Repubblica, era vigilato da guardie di sicurezza del Ministero dell'Interno. Proprio pochi minuti prima del sequestro tutti glia agenti presenti nell'edificio sono stati allontanati. Difficile credere che nessuno abbia dato un preciso ordine in proposito.