Quanto le relazioni costruite in questi anni tra molteplici territori italiani e il Kosovo, hanno influito e possono incidere nel complesso percorso di stabilizzazione di quest'area dei Balcani? Se ne è discusso al convegno "Kosovo, regione d'Europa" tenutosi a Roma lo scorso 15 dicembre
Al convegno "Kosovo, regione d'Europa. Il ruolo dei partenariati territoriali nella composizione dei conflitti", organizzato lo scorso 15 dicembre da Osservatorio sui Balcani e BalcaniCooperazione, si è tentato di comprendere quanto le relazioni territoriali costruite attraverso interventi di cooperazione possono incidere nel complesso percorso di stabilizzazione e di definizione dello status del Kosovo. Nella tavola rotonda conclusiva sono intervenuti rappresentanti di differenti soggetti italiani attivi in percorsi di cooperazione decentrata e comunitaria con il Kosovo, per condividere la propria esperienza e offrire spunti di riflessione utili allo sviluppo di nuove prospettive per questa cruciale area dei Balcani.
Tra gli intervenuti, Roberto Bertoli, responsabile di Bergamo per il Kosovo , associazione presente in Kosovo da sei anni sul territorio di Peja/Pec e attiva principalmente in programmi di rientro della minoranza serba nei villaggi della valle di Radavac ma anche in scambi che hanno portato 700 volontari della città di Bergamo in Kosovo. Bertoli ha sottolineato l'importanza, nell'attuazione di programmi di cooperazione, del coinvolgimento costante e diretto di tutte le parti. "Il rientro è stato organizzato, concordato, discusso, analizzato costantemente con la comunità albanese della vallata, con tutte le difficoltà che implicava per loro. Cioè accettare un processo di rientro di coloro che in quel momento venivano considerati gli aguzzini degli anni precedenti e gli assassini dei propri parenti, che fosse o non fosse vero". Ha poi aggiunto: "Non abbiamo interrotto questo processo di rientro nemmeno nel 2004 dopo gli incidenti di marzo. Richiedendo alla comunità albanese in quella vallata di essere elemento di garanzia e di essere coinvolti direttamente in quel processo di rientro, in tre anni non c'è stato nemmeno un incidente".
Sul piano della relazione territoriale Bertoli ha dichiarato "Credo abbiamo svolto il ruolo che viene richiesto in una relazione territoriale, quello di costruire rapporti con entrambe le comunità, di rapporti forti di fiducia e solidarietà, di comunanza con entrambe le comunità" e sebbene abbia aggiunto che le attività della sua organizzazione non potranno proseguire come in passato a causa della forte diminuzione dei fondi a disposizione del Comune di Bergamo, ha sottolineato che le relazioni fra municipalità nel favorire la crescita della comunità albanese, delle autorità albanesi e in particolare degli enti locali, è una delle chiavi di volta per andare anche a risolvere in futuro l'elemento dello standard ma anche dello status.
Fabrizio Bettini, presente in Kosovo da prima del 1999 con l'Operazione Colomba, un progetto dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII per mantenere aperta la strada del dialogo tra la comunità serba e quella albanese, ha riportato la sua esperienza. Da quattro anni opera nell'area di Peja/Pec nell'ambito di un tavolo di cooperazione decentrata comunitaria, il Tavolo trentino per il Kosovo, basando ogni progetto sul dialogo tra tutte le comunità che vivono nell'area. "Il nostro progetto è costruito soprattutto sulle relazioni, in Kosovo non abbiamo mai portato un mattone. Perché la guerra è demonizzazione dell'altro. Abbiamo cercato invece di creare corto circuiti di rapporti, tra persone, vicini di casa, in un periodo in cui molte organizzazioni internazionali avevano paura di dichiarare apertamente ai propri partner locali di operare con i serbi...". In questo senso, Bettini, considera un errore della comunità internazionale quello di essersi schierata: "In quanto membro della società civile italiana, rappresentata in Kosovo dalle ONG, mi sento responsabile... perché spesso siamo stati partigiani, ci siamo schierati. Come Tavolo trentino con il Kosovo abbiamo cercato e cerchiamo, di stare da entrambe le parti".
Perché solo così si creano rapporti di fiducia, attraverso i quali costruire percorsi di riconciliazione e dunque di un futuro comune, in cui i soggetti siano diretti protagonisti del processo. "Dobbiamo parlare di prospettive future. Abbiamo acquisito la fiducia delle persone, che poi abbiamo usato per mettere attorno ad un tavolo una ventina di ragazzi che si confrontano, raccontano il proprio vissuto personale del periodo di guerra. Ai quali cerchiamo di offrire stimoli rispetto alle soluzioni trovate in altre situazioni di conflitto, non solo quella sudafricana". Bettini fa poi riferimento all'importante apporto di conoscenza recepita dell'esperienza del Tavolo trentino con Prijedor, che da anni lavora in questa città della Bosnia con percorsi di elaborazione del conflitto: "Un luogo dove c'è stata la guerra, la pulizia etnica ma dove si stanno cercando e si stanno sviluppando soluzioni alternative". Una soluzione alternativa, secondo Bettini, anche quella proposta in sede di dibattito da Osservatorio sui Balcani: "Questa piccola proposta può essere una cosa calata dall'alto ma penso sia compito nostro, operatori di ONG e non, cercare di farla divenire una proposta popolare, cambiandola anche a seconda di quello che la gente ci dice rispetto ad essa".
Samuela Michilini, coordinatrice del Tavolo trentino con il Kosovo , attivo da sei anni nell'area di Peja/Pec con un programma di cooperazione territoriale comunitaria plurisettoriale, ha evidenziato anch'essa la necessità di lavorare comprendendo tutte le diversità, dunque ricchezze, dei soggetti coinvolti al di qua e al di là dell'Adriatico. "Fin dall'inizio abbiamo cercato di esprimerci come comunità, intesa non solo come enti locali ma anche come soggetti singoli, gruppi organizzati, scuole, istituzioni, oltre che società civile organizzata, cercando di valorizzare le differenze interne. Dunque un tavolo delle differenze in Italia, in Trentino in particolare, che si relazionava con una comunità complessa, diversa, a Peja/Pec". Una rete di collaborazioni interne al tavolo che porti anche alla valorizzazione delle diversità e delle peculiarità dei soggetti in Kosovo, ma anche di un'area più vasta: "I nostri programmi variano dallo sviluppo locale all'elaborazione del conflitto, fino all'attenzione alla disabilità e ad altre marginalità. In tutti i settori in cui operiamo stiamo cercando di adottare una modalità più sinergica, che crei rete in Italia, in Kosovo e, dimensione molto interessante, anche tra paesi balcanici attraverso la relazione con Prijedor in Bosnia, con Kraljevo in Serbia. Per far tesoro del percorso di esperienze, simili o diverse, di difficoltà e di modalità per superarle".
Rispetto a punti di forza o debolezza di un partenariato territoriale, Michilini ha ricordato che tra la Provincia di Trento e la municipalità di Peja/Pec si è formalizzata la relazione con un protocollo di intesa solo quest'anno, dopo sei anni di attività ma nonostante questo il percorso di medio termine fatto finora in una dimensione più ampia di "relazione territoriale" ha comunque dato i suoi frutti. "I rapporti di fiducia costruiti dal partenariato ha portato le associazioni di Peja/Pec ma anche le istituzioni, ad assumere un atteggiamento particolare sul piano della collaborazione. In primis la messa a disposizione di risorse umane e tecniche interne al comune per la realizzazione dei progetti. Poi all'offerta di strutture ad uso gratuito ai nostri partner, espressioni della comunità locale, e da quest'anno al passaggio ad un partenariato che vede il comune di Peja/Pec cofinanziatore dei progetti". Collaborazioni che secondo Michilini vanno costruite in una prospettiva futura anche tra i diversi attori della cooperazione italiana. "Pensiamo sia importante contaminarsi sempre di più. Ci siamo contaminati tra soggetti estremamente diversi all'interno del Tavolo. Continuiamo su questa strada e in questo quadro è stato di recente approvato un progetto di cooperazione decentrata della Toscana a cui noi partecipiamo come partner. Quindi cooperazioni decentrate che lavorano insieme e non più solo con un protagonismo bilaterale".
Laura Trevisan, esperta Informest nonché capo progetto PMI in Kosovo, ha riportato i punti di forza e le difficoltà emerse in questi anni di lavoro nell'ambito della porzione di cooperazione territoriale della Regione Friuli-Venezia Giulia con il Kosovo, dedicata dal 2001 al settore della piccola e media impresa. "Abbiamo cercato di dare innanzitutto un'immagine diversa del Kosovo, non come terra di conflitto ma come terra di cooperazione e di sviluppo. In questo senso la nostra esperienza è molto positiva. Con i nostri partner, la Camera di Commercio del Kosovo e il Ministero del Commercio e Industria e le organizzazioni che intorno ad esse si muovono, abbiamo raggiunto la crescita gestionale di questi enti e riteniamo che la cooperazione dedicata a supportare la crescita delle istituzioni locali sia un contributo importante per ampliare il dialogo sia tra il Kosovo e le altre regioni europee e italiane, sia tra le comunità locali".
Nonostante ciò, ha sottolineato Trevisan, ai tentativi di coinvolgere la parte "serba" finora non c'è stata risposta. "In passato non c'è stata accoglienza alla proposta al dialogo che si era offerta. Anche in un progetto realizzato la scorsa primavera abbiamo provato a coinvolgere delle imprese della zona nord di Mitrovica ma abbiamo incontrato la stessa difficoltà. Non c'è grande disponibilità a confrontarsi, manca un dialogo interno nel mondo dell'impresa, non c'è conoscenza di ciò che le due comunità del settore possono offrirsi". In conclusione del suo intervento, Trevisan ha dichiarato che i tentativi, in questa direzione, continueranno: "Attraverso un progetto avviato da poche settimane denominato "Desk animazione Kosovo", ci proponiamo di svolgere una serie di azioni, sia di presentazione delle opportunità presenti in Kosovo, sia di aggregazione e di scambio tra e con tutto il mondo imprenditoriale del Kosovo e la nostra regione".
Per i materiali: vai alla pagina dedicata al convegno