Anni '70, i fondatori del villaggio Nevè Shalom-Wahat al Salam

Dal 5 al 14 ottobre si ritroveranno a Spoleto 15 vicini di casa appartenenti alle comunità albanese, serba ed ashkalia. Per parlare di riconciliazione sotto la guida di mediatori israeliani e palestinesi.

05/10/2004 -  Anonymous User

Kossovo, una situazione di conflitto sommerso spesso rimossa e dimenticata. Ipsia-Acli si occupa da anni nella Provincia del sud est Europa di progetti di cooperazione allo sviluppo che sempre tengono conto del tema della riconciliazione e della mediazione tra le varie comunità che vi abitano.

In questi percorsi è spesso utile non rimanere chiusi nell'analisi di un'unica realtà ma confrontarsi con esperienze anche esterne. Proprio per questo Ipsia-Acli propone un percorso concreto di mediazione per gettare semi di pace in Kosovo sulla traccia di un'esperienza pionieristica di israeliani e palestinesi: la comunità di Nevè Shalom-Wahat al Salam.

Quindici uomini e donne kosovare di etnia albanese (dalle comunità di Klina e Gjurjevik), ashkalia (da Mahalla) e serba (da Bicha e Grabac), che convivono nella medesima regione di Klina, parteciperanno a Spoleto (Pg), dal 5 al 14 ottobre, al seminario residenziale "Scuola di Pace", organizzato da Ipsia, la Ong delle Acli, con il contributo dei formatori dell'esperienza di Nevè Shalom-Wahat al Salam.

Nevè Shalom-Wahat al Salam ("Oasi di Pace", in ebraico e in arabo), è un villaggio fondato nel 1972 e situato su una collina a metà strada fra Gerusalemme e Tel Aviv, in cui attualmente risiedono circa 50 famiglie: una dimostrazione concreta di convivenza civile tra persone appartenenti a culture e ideologie diverse. Al suo interno, infatti, ebrei e palestinesi pur mantenendo con fierezza la propria identità culturale e religiosa, hanno dato vita ad una comunità basata sull'accettazione, il rispetto reciproco e la cooperazione.

"In un conflitto si maturano esperienze che possono essere utilizzate proficuamente in altri contesti — dichiara Paola Villa, vicepresidente dell'Ipsia, più volte in Kosovo — Per questo crediamo sia molto prezioso il contributo che gli educatori di Nevè Shalom possono offrire al conflitto in Kosovo, un conflitto tutt'altro che risolto, come dimostrano i fatti dello scorso marzo, nonostante le agenzie internazionali continuino a descrivere quella situazione come esemplare".

Il seminario, il secondo nel suo genere proposto da Ipsia-Acli, è il frutto di un percorso cominciato nel luglio del 1999, quando l'organizzazione ha accompagnato il rientro delle famiglie kosovare profughe in Albania e si è impegnata nella ricostruzione delle case e delle scuole. Un percorso che è continuato e si è consolidato, dal 2002 ad oggi, nella realizzazione del progetto "Sviluppo di Comunità".

Questo forte radicamento nel territorio kosovaro e la fiducia reciproca costruita in tutti questi anni hanno posto le basi per questo difficile passo: che 15 kosovari/e accettino di condividere per 10 giorni uno spazio ed il proprio tempo per "incontrarsi e scontrarsi" con l'aiuto e la guida di persone molto esperte nella gestione dei conflitti, Abdessalam Najjar e Nava Sonnenschein della scuola per la pace di Nevè Shalom - Wahat al Salam.

"La specificità e la delicatezza di questa esperienza — continua Paola Villa — risiede nel fatto che i partecipanti sono vicini di casa: si conoscono e conoscono la reciproca storia passata e presente, in un'area geografica nella quale, durante gli eventi dello scorso marzo, la tensione ha portato a dover sgomberare le enclaves serbe di Bica e Grabac. Una situazione delicata che si è potuta arginare anche grazie all'intervento di mediazione e di pacificazione di alcuni leaders delle comunità coinvolte, tra i quali alcuni dei partecipanti al seminario".

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