Consiglio d'Europa, Osce e Congresso degli Stati Uniti intervengono sulla crisi aperta in Armenia dopo le elezioni, lo stato di emergenza e i fatti sanguinosi del primo marzo scorso
Traduzione per Osservatorio Caucaso: Carlo Dall'Asta
Gli eventi armeni del primo marzo e gli sviluppi successivi non sono stati ignorati a livello internazionale. A Strasburgo e Washington la terza settimana di aprile si sarebbe potuta definire la "settimana armena".
In seguito alla visita a Yerevan, il 15 e 16 aprile, di una delegazione dell'Odihr (Ufficio per le istituzioni democratiche dell'OSCE) e della Commissione di Venezia, che si è incontrata con diversi importanti esponenti dello Stato, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (PACE) il 17 aprile ha adottato la Risoluzione n.1609 "Sulla situazione delle istituzioni democratiche in Armenia". Nella risoluzione sono elencate un certo numero di condizioni che devono essere implementate per fare dei passi avanti ed avviare il dialogo con l'opposizione: condurre "un'inchiesta indipendente sui fatti del primo marzo (che hanno visto l'uccisione di 10 persone e il ferimento di altre 200), l'urgente situazione delle persone imprigionate in seguito ad incriminazioni apparentemente artificiose e motivate politicamente, e la revoca degli emendamenti recentemente apportati dall'Assemblea nazionale alla legge sulla possibilità di tenere riunioni, assemblee e manifestazioni, con effetto immediato". Sull'altro versante, viene raccomandato all'opposizione di riconoscere la decisione della Corte costituzionale confermando i risultati delle elezioni, che potranno successivamente essere impugnati di fronte alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. "È messa in dubbio la credibilità dell'Armenia in quanto membro del Consiglio d'Europa", hanno aggiunto i parlamentari di Strasburgo. La risoluzione si conclude con un avvertimento: i diritti di voto della delegazione armena alle sessioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa del giugno 2008 saranno sospesi se per quella data le condizioni summenzionate non saranno state prese in considerazione.
Questa risoluzione solleva interrogativi sulla sua obiettività: ad esempio, quei raduni erano davvero pacifici? O sulla credibilità dell'inchiesta: chi o quale organo la dovrà condurre, affinché essa sia considerata indipendente, equa e trasparente? La sua affidabilità si deve basare sull'opinione del Consiglio d'Europa o è sufficiente la fiducia dei cittadini armeni?
La reazione alla risoluzione, in Armenia, è stata coerente con il dibattito in corso. Le forze filogovernative considerano molto duri i giudizi espressi, mentre i sostenitori dell'opposizione li trovano troppo deboli. La coalizione al potere insiste sul fatto, evidenziato dall'Assemblea di Strasburgo, che nonostante alcuni problemi le elezioni sono state prevalentemente in linea con i criteri europei, e si concentra anche sulla necessità di avviare il dialogo con l'opposizione. Allo stesso tempo, esprime dubbi sull'obiettività della risoluzione.
In seguito alla risoluzione 1609, il leader dell'opposizione Levon Ter-Petrosyan si sta preparando a presentare un ricorso alla Corte europea per i diritti umani, contestando i risultati delle elezioni presidenziali connessi con le violazioni delle autorità. Nel gruppo di lavoro sono coinvolti anche legali stranieri. Sull'altro versante, per ordine del Presidente eletto Serzh Sarksyan, il 25 aprile è stato istituito un gruppo di lavoro, guidato dal capo dello staff presidenziale, per coordinare le raccomandazioni contenute nella risoluzione del Consiglio d'Europa.
Una sessione simile a quella di Strasburgo, sugli scontri post-elettorali in Armenia, è stata indetta il 17 aprile dalla Commissione Helsinki del Congresso degli USA. Alcee Hastings, presidente della Commissione, riferendosi alle affermazioni dell'OSCE ha sottolineato che le elezioni presidenziali del 19 febbraio in Armenia sono state parzialmente in linea con i criteri internazionali, pur rimarcando al contempo dei problemi essenziali. Nel quadro dell'audizione hanno parlato il vice assistente al Segretario di Stato americano per gli affari europei ed eurasiatici e il co-presidente del gruppo Minsk dell'OSCE Matthew Bryza. In quella sede il consigliere del Presidente armeno Vigen Sargsyan ha annunciato che le autorità sono pronte ad avviare il dialogo con l'opposizione senza precondizioni, mentre Arman Grigorian, rappresentante dell'ex candidato alla presidenza nonché primo presidente armeno Levon Ter-Petrosyan, ha dichiarato che la sua parte non accetta i risultati delle elezioni e chiede alle autorità di rilasciare i rappresentanti dell'opposizione.
L'Armenia è stata allertata dagli Stati Uniti rispetto alla possibilità di una sospensione della cooperazione fino a quando il governo armeno non darà vita a costruttive forme di dialogo con l'opposizione.
Tra il 12 e il 15 marzo anche il Commissario del Consiglio d'Europa per i diritti umani, Thomas Hammerberg, aveva visitato il Paese, invitato dal governo armeno per intraprendere una missione speciale in seguito alla dichiarazione dello stato d'emergenza. Il Commissario ha insistito sulla necessità di condurre le dovute indagini, dato che "ci sono versioni conflittuali e contraddittorie su ciò che è accaduto, e su come la situazione si sia evoluta fino a sfuggire di mano", come è dichiarato nel rapporto pubblicato il 20 marzo 2008.
Un'altra delegazione, del Comitato del Consiglio d'Europa per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani (CPT), è stata in Armenia dal 15 al 19 marzo. La delegazione ha intervistato circa 80 detenuti e ha visitato diversi istituzioni carcerarie.
Il capo della delegazione dell'Assemblea nazionale armena presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Davit Harutyunian, ha esposto i suoi commenti sulla citata Risoluzione di Strasburgo. Secondo Harutyunian, la partecipazione dell'opposizione al governo del Paese dovrebbe essere regolata per legge. Il parlamentare ha suggerito che sia l'ufficio del Difensore dei diritti umani dell'Armenia ad aprire un'inchiesta indipendente. Davit Harutyunian, che è anche capo del Comitato Permanente per i temi giuridico-statali dell'Assemblea nazionale armena, ha dichiarato che la legge che limita la libertà di manifestare sarà emendata entro la fine di maggio 2008.
Il tema della liberazione dei detenuti, infine, non è ancora stato risolto. Stando ai dati ufficiali dell'Ufficio del Procuratore Generale, al 18 aprile 71 persone erano ancora detenute e 20 erano state rilasciate con l'obbligo di non allontanarsi dal luogo di residenza, accusate di aver organizzato azioni mirate a cercare di sovvertire l'ordine costituzionale o ad impadronirsi del potere pubblico con la forza, incitando a disordini di massa e violenze contro rappresentanti dell'autorità.
Le elezioni presidenziali del 19 febbraio sono costate care all'Armenia, non solo perché 10 persone sono morte e la reputazione internazionale dell'Armenia è stata seriamente danneggiata, ma anche perché la società ne è uscita fortemente polarizzata.
L'apice degli eventi successivi alla proclamazione dello stato di emergenza è stato la manifestazione del 24 aprile, giornata che commemora le vittime del genocidio armeno del 1915. Quest'anno il 24 aprile ha avuto un'altra connotazione. Come era stato previsto, il numero dei partecipanti al raduno al "Tsitsernakaberd" - il monumento costruito per il memoriale - è stato impressionante. L'opposizione ha sfruttato questa opportunità per esprimersi ancora una volta. Sulla via del ritorno, i dimostranti si sono spostati sulla Northern Avenue. La Polizia è nuovamente intervenuta per impedire loro di bloccare il trasporto pubblico. La piazza dell'Opera è stata chiusa.