È ormai deciso: un nuovo pacchetto unificato di aiuti UE ai Balcani andrà a sostituire i preesistenti cinque programmi. Sarà una semplificazione ma, secondo alcuni, non rappresenterà un miglioramento
Di Risto Karajkov*, Transitions Online, 24 agosto 2006 (titolo originale: "Spare Some Cash?"). Traduzione di Carlo Dall'Asta per Osservatorio sui Balcani.
Il 14 luglio il Consiglio dei ministri dell'Unione europea ha adottato un programma contenente nuove linea guida per l'erogazione di aiuti ai Paesi candidati all'accesso e aspiranti tali.
Denominato Strumento per l'assistenza pre-accesso, IPA, esso mira a unificare diversi programmi di aiuti, guadagnando così in efficienza e allocando meglio i fondi. Sembrerebbe una buona idea, ma potrebbe riservare delle spiacevoli sorprese per i candidati ufficiali Croazia, Macedonia e Turchia, come pure per gli aspiranti candidati Albania, Bosnia, Montenegro e Serbia.
L'IPA rimpiazza cinque strumenti finanziari preesistenti: il Phare, l'Ispa, il Sapard, il programma per il pre-accesso della Turchia ed il Cards, e vi si è lavorato a lungo. Dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio 2007.
Fino ad oggi, sostanzialmente, gli aiuti finanziari UE sono stati distribuiti tramite vari e spesso sovrapposti programmi creati ad hoc nel corso degli anni. Questo sistema ha prodotto come risultato procedure e requisiti complessi e macchinosi per la gestione degli aiuti UE. Gli obiettivi dei diversi programmi spesso non si conciliavano, né gli uni con gli altri, né con le politiche più vaste dell'UE. Ora l'UE vuole dare un'impronta unitaria ai suoi aiuti ed accrescerne l'efficienza. Vuole anche che essi riflettano più direttamente le sue priorità politiche nelle relazioni esterne.
Ottenere i finanziamenti...
L'IPA resterà in vigore dal 2007 al 2013 ed erogherà 11 miliardi e mezzo di euro per i Balcani e la Turchia, che a causa delle sue dimensioni farà la parte del leone nell'attribuzione dei fondi. L'ammontare complessivo dell'IPA resta ancora al di sotto dei 14 miliardi di euro in origine previsti dalla Commissione europea nel 2004, ma i litigi sul bilancio UE dello scorso anno hanno lasciato il segno.
Gli esperti sperano che parte di questi tagli verranno recuperati nella revisione a medio termine del bilancio di spesa dell'UE, nel 2009. Il referente dell'IPA presso il Parlamento europeo, Istvan Szent-Ivanyi, ha detto che "non era una buona notizia" il fatto che l'IPA avesse ottenuto 2 miliardi in meno di quanto richiesto, e che egli era "molto scontento dello stato delle cose".
Le perplessità non riguardano solo la scarsità dei fondi, ma anche il modo in cui essi sono divisi. L'IPA include cinque componenti: assistenza transizionale e costruzione delle istituzioni, cooperazione regionale e transfontaliera, sviluppo regionale, sviluppo delle risorse umane e sviluppo rurale. Le prime due componenti sono aperte a tutti, mentre le restanti tre sono riservate ai Paesi candidati. Ma sono precisamente queste tre componenti ad avere l'impatto più forte sulla riforma economica di un Paese, secondo l'Iniziativa di stabilità europea (ESI), una think tank berlinese. Nella visione dell'ESI, queste iniezioni di aiuti permetteranno ai Paesi candidati di "iniziare ad affrontare in modo più concreto le sfide dello sviluppo economico e sociale".
L'ESI sostiene che la discriminazione tra Paesi candidati e Paesi candidati potenziali potrebbe aggravare le disparità nei Balcani, una cosa che l'UE sostiene di voler evitare. L'ESI ha raccomandato l'anno scorso che l'IPA fosse modificata in modo tale da aprire tutte le sue componenti ai Paesi potenziali candidati. Altrimenti, "il divario tra i potenziali candidati dei Balcani occidentali ed i loro vicini si amplierà considerevolmente nell'arco di questo periodo di sette anni", come concludeva un rapporto dell'ESI intitolato "Perché l'IPA dovrebbe essere cambiato".
Il referente dell'IPA presso il Parlamento europeo, al contrario, non pensa che questa sia una discriminazione. "Ciò rispecchia semplicemente il fatto che questi Paesi sono in una fase differente del processo di accesso", ha dichiarato Szent-Ivanyi.
Benché il rapporto dell'ESI abbia suscitato un dibattito, la distinzione tra Paesi candidati e non-candidati è rimasta, con l'aggiunta di una in qualche modo prolissa ed annacquata disposizione secondo cui, in determinate circostanze, l'includibilità in alcuni programmi potrà essere estesa ai Paesi potenziali candidati.
"Io penso che si dovrebbero offrire incentivi appropriati ai potenziali candidati, affinché raggiungano lo status di Paesi candidati", ha detto Szent-Ivanyi. "Questa distinzione potrebbe essere efficace a questo scopo".
Ma le cifre sono abbastanza chiare. Se i candidati Croazia, Macedonia e Turchia (per cui ci sarà un graduale incremento) riceveranno annualmente 27 euro pro capite, che era il livello dei finanziamenti messi a disposizione dei precedenti Paesi candidati, e che corrisponde ad un impegno esplicito dell'UE, la somma che rimarrà per i potenziali candidati finirà coll'essere inferiore ai 13 euro annui pro capite.
Queste cifre comunque verranno determinate nell'ambito delle procedure per il bilancio annuale dell'UE. Szent-Ivanyi si aspetta che, almeno inizialmente, esse saranno inferiori ai 27 euro per i Paesi candidati.
...e spenderli
Una cosa è ricevere dei finanziamenti; ma questi Paesi sono in grado anche di spenderli?
La Segreteria per gli affari europei di Macedonia ha evidenziato che le istituzioni macedoni dovranno prepararsi per poter accedere ai nuovi fondi. "Tutto quello che sappiamo è che ci dobbiamo preparare ad un sistema che è molto più complesso del precedente Cards", ha affermato ai media locali Mjelma Mehmeti, responsabile della Segreteria.
Le difficoltà nascono in parte dal fatto che non ci sono precedenti esperienze con l'IPA da cui i Paesi candidati possano trarre insegnamento. In aggiunta, essa richiederà una pianificazione dettagliata, e molto in anticipo. "Dovremo sapere esattamente come sarà il nostro bilancio nel corso dei prossimi tre anni, quanto prenderemo esattamente dall'IPA, e per cosa precisamente. Per riuscire a fare tutto ciò, dobbiamo cambiare la nostra mentalità", ha detto Mehmeti. "Se costruiamo un'autostrada, dovremo sapere in anticipo che utile ce ne verrà, se saranno applicati pedaggi e quanto ci frutteranno, quanto tempo ci vorrà per ripagare il prestito, e così via".
In tutta la regione c'è una diffusa consapevolezza che serve capacità per fare buon uso degli aiuti UE. "Se non riusciamo a creare una pubblica amministrazione moderna, che sia capace di agire d'intesa con Bruxelles, non saremo in posizione di poter usare quei fondi", ha detto Gordana Lazarevic, viceministro per le relazioni economiche internazionali della Serbia, nel corso di un recente meeting preparatorio sull'utilizzo dell'IPA tenutosi a Belgrado.
Anche i nuovi Stati membri dell'UE si sono scontrati col problema di non essere in grado di accedere a tutti i finanziamenti pre-accesso che gli spettavano, a causa dei criteri di assegnazione complessi e rigorosi. Tutti loro hanno vissuto la frustrazione di non riuscire ad ottenere i soldi che gli erano stati riservati. Ma questa era la vecchia impostazione degli aiuti UE: l'IPA porterà dei cambiamenti, secondo Szent-Ivanyi, che ha evidenziato la flessibilità del nuovo strumento. "Ciò vuol dire che, se un Paese non ha usato i soldi destinati ad una componente, essi possono riallocati per un'altra componente, che sia lo sviluppo rurale o le risorse umane. Se un Paese non riesce ad usare il denaro, un'altro Paese può richiederlo", ha detto. Questo è certo un miglioramento rispetto al passato. Il Paese di Szent-Ivanyi, l'Ungheria, aveva perso alcuni fondi che non era riuscita ad utilizzare nei tempi previsti, e nessun altro aveva potuti reclamarli.
Questa nuova flessibilità introduce un elemento di competizione tra i Paesi, che secondo Szent-Ivanyi sarà un incentivo a proporre progetti più validi.
L'IPA pone l'enfasi, per i Paesi potenziali candidati, sul rafforzare le istituzioni democratiche e riformare la pubblica amministrazione. Per i Paesi candidati l'assistenza mira a supportare l'implementazione di tutte le leggi ed i regolamenti europei vigenti. Questo perché le tre componenti aperte ai soli candidati sono modellate sul Fondo di coesione, sul Fondo di sviluppo regionale europeo e sulle Politiche agricole comunitarie, che sono tutti riservati ai soli Stati membri. Utilizzando le corrispettive componenti dell'IPA, i Paesi candidati saranno preparati ad accedere un giorno ai fondi per gli Stati membri.
Ma, nonostante questa flessibilità, l'ESI critica l'IPA in quanto espressione di un approccio passivo verso i Balcani, che cementerà solamente lo status quo ed erogherà meno aiuti. L'ESI sottolinea che tutti i Paesi della regione riceveranno di meno, con l'eccezione della Bosnia (l'assistenza alla quale già è stata ridotta al livello più basso). Secondo l'ESI il declino degli aiuti sarà particolarmente consistente in Kosovo.
Szent-Ivanyi lo ammette.
"Ho sempre sostenuto che la credibilità degli impegni presi dall'UE verso i Balcani occidentali può essere preservata solo allocando risorse sufficienti per l'IPA", ha detto. "Il prospetto finanziario settennale per il periodo 2007 - 2013 vede stanziamenti significativamente inferiori alle cifre proposte dalla Commissione. Ammetto che in questo momento esiste un'affaticamento nell'UE sul tema dell'allargamento, e che non ci si possono attendere ulteriori impegni da parte dell'UE per il prossimo futuro".
Egli respinge però le accuse di passività, che "semplicemente non si accordano con i fatti".
Comunque la si voglia vedere, i vecchi programmi di assistenza dell'UE saranno presto accantonati e l'IPA prenderà il loro posto. I destinatari devono prepararsi per poterne usufruirne al meglio.
*Risto Karajkov è dottorando in Sviluppo economico presso l'Università di Bologna, consulente freelance e corrispondente di Osservatorio sui Balcani