L'Azerbaijan aumenta il suo bilancio militare, uno dei settori più segreti e meno trasparenti dell'azione di governo. Indagine e rapporto di International Crisis Group

21/11/2008 -  Anonymous User

Da Europe Briefing N°50, International Crisis Group, 29 ottobre 2008. (Titolo originale: "Azerbaijan: Defence Sector Management and Reform")
Traduzione per Osservatorio Caucaso: Carlo Dall'Asta

Per riconquistare il Nagorno Karabakh e i sette distretti adiacenti, l'Azerbaijan vuole dotarsi di un esercito forte. Questo sia per avere più peso negoziale nei confronti dell'Armenia, sia nell'eventualità che si torni ad una guerra combattuta. Così ha incrementato esponenzialmente il suo bilancio militare, anche se fino ad ora non ha raggiunto una chiara superiorità sulle forze armene. Se il nuovo apparato militare dev'essere non solo più forte ma anche meglio governato, esso comunque necessita di riforme profonde che lo rendano meno corrotto e meno preda dei personalismi, più trasparente e meglio diretto. Finora c'è stata un'insufficiente volontà politica, sia di permettere un maggiore controllo civile e democratico, sia di rompere l'abitudine a considerare l'esercito innanzi tutto come uno strumento con cui proteggere gli interessi delle élite.

Dossier Nagorno Karabakh

Una guerra in Nagorno Karabakh è improbabile nell'immediato futuro. Ma a più lungo termine tutte queste forze armate frammentate, divise, che non rispondono "a nessun altro che al presidente", prive di trasparenza, corrotte e divise al loro interno possono fin troppo facilmente essere mandate a combattere per soddisfare lotte interne di potere. Un esercito moderno ed efficiente, anche se soggetto ad un controllo civile e democratico, non è privo di problemi fintanto che la situazione in Nagorno Karabakh rimane oggetto di forti divisioni a livello politico. La possibilità di responsabilizzare la leadership per le spese e le priorità politiche ha perlomeno il vantaggio di rendere il sistema più responsabile e prevedibile. La NATO, che sta collaborando alla riforma militare, dovrebbe migliorare la competenza degli azeri in tema di peacekeeping e di leggi di guerra, e dove possibile facilitare il dialogo e i contatti tra le forze militari delle due parti. L'UE, gli USA e la Russia dovrebbero anch'essi rinvigorire gli sforzi per spingere le parti a giungere ad una soluzione pacifica del conflitto.

L'impegno del governo a riformare significativamente l'apparato militare fa parte dell'obiettivo dichiarato di modernizzare e democratizzare il Paese. Benché le elezioni presidenziali del 15 ottobre 2008 abbiano segnato tecnicamente un miglioramento, non hanno offerto una vera alternativa al presidente in carica. Allo stallo della democratizzazione ha corrisposto quello delle parti cruciali della riforma militare. Così il parlamento non è riuscito ad ottenere la supervisione sulle spese militari, e non ha alcun potere di convocare ministri potenti come il ministro della Difesa perché riferiscano sulle loro attività. Ma il parlamento è esso stesso il prodotto di elezioni imperfette, ed è lontano dall'essere una istituzione veramente democratica. I miglioramenti democratici dell'apparato militare possono contribuire alla democratizzazione del Paese, ma è improbabile che possano guidare tale processo o progredire se restano isolate. Se l'Azerbaijan è determinato a portare avanti la riforma dell'apparato militare, dovrà necessariamente fare dei cambiamenti anche in molte altre aree del governo e della società.

Le riforme della difesa che hanno avuto luogo sono spesso state stimolate dalla cooperazione con la NATO. L'Azerbaijan è stata una dei primi Paesi ex sovietici ad entrare nel programma di Partnership per la pace (PfP) nel 1994. In particolare i Piani d'azione individuali per la partnership (IPAP) del 2005 e del 2008 hanno costituito un modello per il controllo democratico delle forze armate, per la pianificazione e il finanziamento della Difesa, per l'interoperabilità con la NATO e la riorganizzazione strutturale secondo gli standard della NATO. Baku si è spesso mostrata riluttante ad implementare le riforme raccomandate dall'IPAP, almeno in parte perché non ha chiare aspirazioni a diventare Paese membro della NATO. La sua politica estera cerca infatti di tenere in equilibrio gli interessi di Stati Uniti, UE, Russia e Iran. L'intervento militare di Mosca in Georgia di agosto l'ha ulteriormente convinta dei vantaggi di una politica ambigua e l'ha resa meno disposta ad andare avanti nell'integrazione con la NATO.

La riforma del settore della Difesa in Azerbaijan è un soggetto poco studiato, su cui sono state tentate poche analisi esaurienti. Il nocciolo delle ricerche è stato condotto da una manciata di giornalisti. Il settore della Difesa rimane uno dei settori più segreti e meno trasparenti del governo. Il Crisis Group è stato limitato nel suo lavoro sia per quanto riguarda l'accesso alle fonti governative, che al personale e alle installazioni militari. Migliorando la distribuzione delle informazioni il governo potrebbe fare di più per dissipare i dubbi che sorgono riguardo all'impatto delle sue accresciute spese militari.

Il governo deve, se vuole ottenere un apparato militare più efficiente, in linea con gli standard della NATO, soggetto ad un maggior controllo civile e democratico e che abbia una maggiore trasparenza e debba rendere conto del proprio operato:

ampliare le capacità di supervisione del parlamento, specialmente della già esistente Commissione per la Difesa e la sicurezza e la Camera dei revisori dei conti, ed incoraggiare i parlamentari ad aumentare la loro conoscenza della riforma dell'apparato militare organizzando regolarmente corsi, workshop e conferenze;

migliorare la pubblica informazione e partecipazione alla gestione del settore della sicurezza pubblicando i documenti dell'IPAP della NATO, rendendo più facile l'accesso ad informazioni in materie militari, e creando un sito web del ministero della Difesa, aggiornato regolarmente;

incrementare il controllo civile sul ministero della Difesa;

elaborare una esaustiva dottrina militare e condurre una revisione strategica della Difesa;

correggere la legislazione e i regolamenti militari per renderli coerenti con gli impegni assunti in sede internazionale in tema di diritti umani, in particolare non permettendo la detenzione di personale in servizio senza regolare processo, adottando una nuova legge sul servizio alternativo e creando un ombudsman militare; e infine

migliorare la gestione e la formazione del personale istituendo degli efficaci sistemi per le paghe e le indennità, la rotazione degli ufficiali, l'addestramento dei riservisti e i sistemi di richiamo, l'istruzione militare e l'avanzamento in carriera in base al merito.

Nel frattempo, la NATO dovrebbe rivedere attentamente le sue finalità strategiche lavorando con le forze militari degli Stati del Caucaso, particolarmente rispetto ai conflitti irrisolti. Dovrebbe concentrare strettamente la sua cooperazione militare con l'Azerbaijan sugli sforzi per migliorare il controllo democratico e civile delle forze armate e non oltrepassare i limiti dell'IPAP finché il conflitto in Nagorno Karabakh rimane irrisolto. Specialmente gli Stati Uniti e l'Unione europea dovrebbero allo stesso tempo porre in cima alle loro agende la risoluzione di questo conflitto latente e cercare, in cooperazione con la Russia, di fare pressione sia sull'Azerbaijan che sull'Armenia perché arrivino a un compromesso in linea coi principi proposti dal Gruppo di Minsk dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).