Undici anni di umilianti code ai consolati. Poi, nel 2002, per chi voleva entrare in un Paese Schengen il diritto ad un visto turistico di 90 giorni. Per i rumeni sembrava la fine di un incubo. Sotto pressioni UE sono però ora le autorità rumene a richiedere garanzie a chi si vuole recare all'estero: soldi, biglietti di andata e ritorno, prenotazioni alberghiere. I paradossi dell'allargamento
La libera circolazione sembrava alla portata dei rumeni già con il crollo del regime comunista. In Romania questo avvenne nel dicembre del 1989 ed allora finalmente anche le frontiere si aprirono. In teoria. Perché in pratica per uscire dal paese non basta volerlo.
Chi vuole lasciare la Romania diretto per i Paesi Schengen, sono questi di solito la destinazione preferita, deve dimostrare lo scopo e la durata del proprio soggiorno.
All'inizio ottenere un visto era molto difficile. Poi, dopo 11 anni di code davanti ai consolati dei paesi UE a Bucarest è arrivato il miracolo. Dal 1 gennaio 2002 i romeni hanno ricevuto il diritto di viaggiare nello spazio Schengen senza visto. Bastava il solo passaporto. Il miracolo si è però già frantumato. Troppi rumeni avevano lasciato il paese senza farvi però ritorno.
Lo scorso agosto, alle frontiere, le autorità di confine hanno ritirato più di 4000 passaporti in seguito a nuovi provvedimenti contro l'immigrazione clandestina introdotti dal governo rumeno su richiesta UE.
In vista della sua adesione, prevista per il 1 gennaio del 2007, alla Romania viene richiesto di rafforzare la sicurezza alle frontiere, applicando provvedimenti contro l'immigrazione clandestina. Ma quand'è che un romeno diventa clandestino in Italia, Francia, Spagna o un altro paese dell'Unione Europea? Secondo gli accordi con l'UE questo accade dopo 90 giorni di soggiorno in uno dei suddetti stati. Perché l'accordo Schengen permette ai romeni di viaggiare come turisti - e non per lavoro - per una presenza totale di 90 giorni in sei mesi. Chi supera questo periodo si trova, quindi, nella condizione di clandestinità e rischia di essere espulso.
Per le persone espulse c'è un provvedimento speciale, varato dal governo romeno nel 2003, che prevede la sospensione dei passaporti da 1 a 5 anni. Sotto la pressione dei paesi UE dove la presenza degli immigrati romeni è significativa e dove la maggior parte dei romeni lavora in nero, le autorità di Bucarest hanno preso - senza pubblicizzarla troppo - la misura estrema di ritirare già alla frontiera i passaporti di migliaia di romeni tornati in patria per le ferie d'estate. Si tratta di persone che non erano in grado di documentare i motivi per cui avevano superato i 3 mesi di soggiorno nello spazio Schengen.
Stupore, rabbia, umiliazione hanno dichiarato di aver provato in quei momenti le persone a cui sono stati ritirati i passaporti. Anche la stampa, gli uomini d'affari e la società civile hanno criticato con veemenza le misure adottate dal governo. Senza passaporto i romeni trovati non in regola non potranno più viaggiare per nessuna destinazione nel mondo. Il caos alle dogane e "lo scandalo dei passaporti" - come è stato definito sui giornali - è avvenuto peraltro all'inizio di agosto, mese scelto strategicamente giacché è proprio il periodo delle ferie.
Confiscando i passaporti le autorità romene hanno voluto dimostrare a Bruxelles che si stanno impegnando contro l'immigrazione clandestina. E che quindi la polizia di frontiera non è corrotta come si dice in giro e che la legge viene applicata.
Esponenti della società civile hanno sottolineato come si sia cercato di applicare la legge esclusivamente nei confronti di coloro i quali si pensa danneggino l'immagine della Romania all'estero. Ma la stragrande maggioranza delle persone alle quali è stato ritirato il passaporto non fanno che lavorare in nero in Italia o in altri paesi UE. Badanti, colf o muratori. In nero a causa di una burocrazia troppo ingombrante oppure perché il datore di lavoro si rifiuta di metterli in regola per non pagare i contributi. Anche se non sono tutelati , anche se rischiano l'espulsione giacché il visto turistico non permette di lavorare, continuano a restarci. E intanto mandano soldi per le famiglie rimaste in patria.
Si stima arrivino in Romania più di 3 miliardi di euro inviati dai romeni che lavorano all'estero. Questo vuol dire più consumo, denaro investito nell' edilizia (perché molti di loro partono proprio per poi tornare e comprarsi o ristrutturare la casa), più valuta estera e in definitiva più sviluppo economico. L'immigrato romeno che lavora all'estero è una fonte di ricchezza sia per il paese di origine sia per quello estero.
Soltanto in Italia le stime non ufficiali parlano di una presenza di quasi un milione di romeni. E' ormai la comunità più numerosa. Ma solo 250.000 sono in regola. E' un fenomeno complesso perché non si può avere lavoratori stranieri in nero e allo stesso tempo non avere clandestini. Almeno non all'inizio. Perché c'è anche un altro aspetto. Molti romeni entrati come turisti in Italia, riescono a convincere qualche cittadino italiano a fare loro un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Ma poi accade che in realtà lavorano in nero per altri datori di lavoro.
La lunga odissea del lavoratore romeno non finirà presto. Non finirà sicuramente neanche con l'adesione della Romania all'UE prevista per il 1 gennaio 2007. Il trattato di adesione della Romania all'UE (lo prevedono anche i trattati con i 10 paesi che sono entrati il 1 maggio del 2004) contiene provvedimenti che permettono agli stati membri di ricorrere ad un periodo di transizione, che per la Romania e Bulgaria andrà dai 2 ai 7 anni, prima che vi sia libera circolazione.
Ma che ne è del diritto alla libera circolazione sancito nell'art. 25 della Costituzione rumena? Oppure dalla Dichiarazione per i Diritti dell'Uomo,votata dall'Assemblea Generale dell'ONU il 10 dicembre del 1948? Sono le domande che in questi giorni si pongono molti rumeni, in particolare quelli rimasti senza passaporto.
La vicenda del ritiro dei passaporti si è però trascinata con nuovi ed inaspettati risvolti, degni del teatro dell'assurdo del drammaturgo rumeno Eugen Ionescu, tra l'altro anche lui emigrato in Francia. Dopo una settimana di proteste alla dogana, grida disperate e critiche sulla stampa il Ministro degli interni romeno, Vasile Blaga, ha annunciato di aver sospeso la misura di ritiro dei passaporti.
Per riavere indietro il passaporto occorrerà presentare documenti, tradotti nella lingua madre, che dimostrino perché hanno superato i 90 giorni di permanenza nello spazio Schengen. E chi nel futuro oserà restare più di tre mesi fuori dal Paese rischia il divieto ad espatriare di nuovo. Molti rinunceranno quindi a tornare a casa, per paura che siano gli stessi poliziotti rumeni ad applicare la normativa relativa a Schengen.
Dal primo 1 ottobre le autorità si preparano ad un'altra novità che in realtà è un vecchio provvedimento mai applicato. Senza un invito o una prenotazione in albergo, 100 euro per ogni giorno di permanenza, biglietto di andata e ritorno, assicurazione medica non si potrà uscire dalla Romania.
I rumeni si ritrovano a dover mostrare alla frontiera quasi gli stessi documenti che dovevano fornire alle ambasciate ed ai consolati. Irreale. Ed il governo liberale si trova nel mezzo tra le critiche della gente e quelle di Bruxelles. I rumeni sanno che ci sono anche connazionali che danneggiano l'immagine del popolo e del paese nel mondo. Questi, si che se ne devono stare a casa - dicono. Ma la maggioranza lavora. E' vero, anche questo, ma in nero, ricordano le autorità.