In Trentino Alto Adige tracce di un esemplare di lupo, proveniente forse da Croazia o Bulgaria. Le Alpi, l'ecosistema e le collaborazioni tra istituzioni scientifiche
Di Maddalena Di Tolla Deflorian*
Lupi: animali elusivi, plastici, emblematici. Come noto sono tornati nelle Alpi, ad ovest, tra Piemonte e Francia e alcuni individui hanno raggiunto anche la valle d'Aosta, la Lombardia e la Svizzera, dove ormai - secondo le ultimissime stime elvetiche - gli esemplari accertati sono dodici, ai quali si aggiungono altri 6-7 probabili.
È quindi verosimile dunque che tornino ad affacciarsi anche nella nostra regione, se l'Homo sapiens permetterà loro di spostarsi, non perseguitandoli e mitigando l'effetto delle tante barriere antropiche, come ferrovie, autostrade, recinzioni, che ne limitano i movimenti e che separano le varie popolazioni italiane ed europee.
Negli ultimi anni si è assistito a un movimento elettrizzante di alcune specie simbolo della biodiversità alpina: orsi, linci, lontre, gipeti. E i lupi? Alcuni mesi fa sono stati ritrovati i resti di un individuo di Canis lupus morto in Trentino, al confine con l'Alto Adige, a Varena. Le analisi genetiche effettuate su un dente dell'animale, hanno poi rivelato: non si tratta di un lupo italico. I risultati sono stati illustrati alcuni giorni fa a Trento, presso il Museo di Scienze, da Elena Fabbri, la genetista che le ha eseguite. Nessun dubbio: la popolazione italica di lupo ha un aplotipo (sequenza del dna) unico in Europa.
Potrebbe trattarsi quindi di un individuo proveniente dall'Europa dell'est, dalla Croazia come dalla Bulgaria, impossibile definirlo con precisione. Oltretutto resta aperta anche la possibilità che si tratti di un esemplare fuggito dalla cattività. Finora si pensava soprattutto alla possibilità dell'arrivo dei lupi italiani da ovest, dopo la loro risalita dagli Appennini. Orme di lupo erano state trovate poi nel dicembre 2008 sul versante svizzero della Val Monastero, Cantone dei Grigioni, non distante dal confine altoatesino. Insomma: flebili segnali, solo questo, per ora.
Come per la lontra, in ogni caso lo scenario è duplice: dentro l'Italia e attraverso le Alpi.
I problemi di spostamento dei lupi sono tanti, come ha spiegato al Museo il ricercatore Josip Kusak, del Dipartimento di Veterinaria dell'Università di Zagabria.
"Sono troppe - ha detto - le barriere create dall'uomo, come le autostrade per esempio, che i lupi per adesso non riescono a superare facilmente, se non vi sono opere per l'attraversamento della fauna adeguate."
Inoltre manca un piano unitario di gestione della specie. Kusak ha raccontato l'esperienza della Croazia : per legge considerati "nocivi" e quindi cacciati fino al 1994, a partire dal 1995 i lupi sono protetti e oggi si stima che in Croazia vi siano dai 160 a 220 lupi, divisi in circa 50 branchi.
La convivenza è possibile, ci racconta Kusak, che studia i lupi da molto tempo e li ha ammirati anche in Alaska, dove un maschio in dispersione giovanile si sposta anche di mille chilometri dal suo territorio nativo. In Europa sarebbe impensabile. L'uomo sta ovunque.
Il problema principale - risaputo - è la coesistenza di zootecnia e grandi predatori.
Dal 2005 la Croazia ha un Piano di Gestione della specie, che comprende ricerca sull'etologia della specie, divulgazione scientifica e sensibilizzazione, un team di intervento di emergenza (analogo a quello trentino per l'orso) per situazioni critiche, agevolazioni per ottimizzare le dimensioni degli allevamenti, per installare recinzioni elettrificate e acquistare cani da guardia. Il piano sembra funzionare, garantendo la convivenza e la lenta ripresa della specie.
"La buona salute di una specie però significa avere l'integrità della struttura demografica, una base di prede naturali, e sane reti ecologiche", scriveva nel 2005 Luigi Boitani, uno dei massimi esperti italiani. Tracce di speranza, cercando un migliore rapporto con la vita selvatica, là fuori.
*Maddalena Di Tolla Deflorian, giornalista, si occupa assiduamente di temi ambientali. L'articolo qui proposto è stato pubblicato sui quotidiani Alto Adige e Trentino nel novembre 2009. Si ringrazia l'editore