L'International Crisis Group ha diffuso un recente rapporto sul Nagorno Karabakh. Per disinnescare il pericolo di una guerra nel giro di pochi anni è necessario il massimo impegno

20/11/2007 -  Anonymous User

Da International Crisis Group Europe
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Chiara Sighele

L'Armenia e l'Azerbaijan non sono riusciti a risolvere il conflitto del Nagorno-Karabakh sebbene una cornice per una equa soluzione sia sul tavolo già dal 2005. Un accordo di pace complessivo prima delle elezioni presidenziali previste in entrambi i paesi nel 2008 è ormai improbabile ma le due parti prima di andare alle urne possono ancora, e anzi dovrebbero, accordarsi su un documento sui principi essenziali, che contenga se necessario i punti ancora in discussione. Senza un simile accordo e lasciandosi trasportare in una rischiosa corsa agli armamenti e retorica belligerante, c'è il rischio che negli anni a venire le violazioni del cessate il fuoco aumentino. Fino al 2012 circa, data dopo la quale i suoi introiti petroliferi dovrebbero iniziare a calare, l'Azerbaijan potrebbe essere tentato di cercare una soluzione militare. Occorre che la comunità internazionale smetta di essere compiacente e faccia di più per spingere le due leadership politiche a preparare le loro società al compromesso e alla pace.

Nel 2006 i co-presidenti del Gruppo di Minsk (Franca, Russia e gli Stati Uniti), autorizzati dall'OSCE a facilitare i negoziati, hanno proposto alcuni criteri su cui impostare la risoluzione del conflitto: rinuncia all'uso della forza; ritiro armeno dalle aree azere che circondano il Nagorno-Karabakh; uno status provvisorio per il Nagorno-Karabakh che preveda sostanziali aiuti internazionali, compreso il peace-keeping; e il reciproco impegno a votare sullo status finale del Nagorno-Karabakh dopo il ritorno degli sfollati azeri. Questi principi, che ricalcavano in modo pressoché identico quelli proposti l'anno precedente dal Gruppo di Crisi, offrono tuttora il miglior quadro per una trattativa. Infatti, le parti hanno affermato pubblicamente di trovarsi d'accordo in generale sul concetto, ma la mancanza di volontà politica di risolvere i rimanenti punti chiave, specialmente quello del corridoio di Lachin, ha minato il processo e ha trasformato l'ottimismo degli interessati in cinismo. Nessuna delle parti sente che vi sia urgenza di risolvere il conflitto.

I leader azeri e armeni non sono riusciti nemmeno a coinvolgere i loro elettori in un dibattito in merito alla pace. L'Unione europea gli Stati Uniti e la Russia non hanno esercitato in modo effettivo pressione politica o economica a favore di una soluzione. Il concentrarsi già da ora anticipatamente per il 2008 sulla politica interna che si osserva a Yerevan come a Baku, come anche in molti paesi delle Gruppo di Minsk significa che persino i progressi diplomatici incrementali fatti finora potrebbero essere vanificati.

Il ricavato del petrolio ha dato all'Azerbaijan una nuova sicurezza in sé, oltre che i mezzi per migliorare e aggiornare le sue forze armate. Sembra che voglia dunque posporre qualsiasi trattativa di pace fino a che l'equilibrio militare non pesi decisamente a suo favore. Yerevan, che dal canto suo ha avuto sorprendenti successi economici, è diventata anch'essa più intransigente e ha elevato la sua spesa militare. Ritiene che il tempo stia dalla sua parte, che l'indipendenza di fatto del Nagorno-Karabakh diventerà un'evidenza sempre più difficile da ignorare. Giocare sul tempo però è rischioso per tutte le parti in causa. Il periodo più pericoloso potrebbe essere attorno al 2012, quando è probabile che le entrate del petrolio dell'Azerbaijan inizino a diminuire e un'avventura militare potrebbe apparire una scappatoia appetibile per distrarre i cittadini da una crisi economica. Tra le prime motivazioni per una nuova guerra ci sarebbe probabilmente la costruzione di gas- e oleodotti vicino al Nagorno-Karabakh, cosa che in particolare l'Europa e gli Stati Uniti avrebbero ogni interesse ad evitare.

La comunità internazionale in senso lato, al di là della presidenza del Gruppo di Minsk, dovrebbe coordinare gli sforzi per convincere Baku e Yerevan della necessità di un avanzamento, da concretizzare nello specifico in un primo accordo su un documento con i principi fondamentali. è indispensabile che il Nagorno-Karabakh sia messo al centro delle relazioni con entrambi i paesi. Il rappresentante speciale dell'Unione europea nella regione dovrebbe darsi maggiormente da fare per questa questione e l'Ue dovrebbe sfruttare l'occasione della prima revisione dei suoi piani d'azione con entrambi i paesi che promuovere la risoluzione dei conflitto e lo sviluppo di istituzioni trasparenti e credibili che possano sostenere gli sforzi di pace. Per disinnescare il pericolo di una guerra nel giro di pochi anni è ora necessario il massimo impegno.