Il rifiuto degli stati membri UE di aprire i negoziati di allargamento con Albania e Macedonia del Nord evidenzia la mancanza di una prospettiva omogenea sul tema tra la Commissione europea e il Consiglio europeo. Questo ennesimo rinvio si ripercuote sui piani di integrazione dell'intera regione dei Balcani occidentali e rischia di lasciare un vuoto che Russia e Cina riempiranno facilmente
(Pubblicato originariamente da Radio Free Europe , selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)
E se la "prospettiva europea" appartenesse ormai al passato? Dopo il fiasco dell'ultimo Consiglio europeo, l'intera politica dell'Unione nei Balcani viene messa in discussione, così come la credibilità della parola di Bruxelles. C'è l'effettivo rischio che i paesi dell'Europa sudorientale cerchino nuovi partner.
"I Balcani sono stati abbandonati e lasciati alla mercé di attori stranieri, come la Russia, che sicuramente beneficeranno della situazione", ritiene Momčilo Radulović, presidente della ONG Movimento europeo in Montenegro. Un parere che potrebbe ben riassumere l'impressione generale dopo il fallimento del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, quando è stata rinviata l'apertura dei negoziati di adesione con l'Albania e la Macedonia del Nord. "Zoran Zaev [il Primo ministro macedone] ha menzionato più volte le possibili conseguenze di una decisione negativa. E siamo tutti un po' preoccupati per quello che accadrà per la reazione dei cittadini dei Balcani nei confronti dell'Unione europea”, continua Radulović.
Il Primo ministro della Macedonia del Nord aveva avvertito i leader dell'Unione europea, poche ore prima dell'interruzione dei colloqui, che il suo governo sarebbe potuto cadere se Bruxelles si fosse rifiutata di aprire i negoziati. Ed alla fine così è avvenuto: il 3 gennaio prossimo Zaev si dimetterà e sono state indette elezioni parlamentari anticipate per il 12 aprile 2020.
Tali avvertimenti non hanno impedito al Consiglio europeo di rinviare una propria decisione sull'apertura dei negoziati per la terza volta in sedici mesi, sebbene la Commissione europea ritenga che i due paesi soddisfino attualmente tutti i criteri necessari. "Questo rifiuto mina la credibilità dell'UE e la sua missione di promuovere la riconciliazione regionale, nonostante l'area sia pienamente controllata dai paesi dell'UE", spiega Michael Leigh, ex capo negoziatore per l'allargamento della Commissione europea. "I funzionari francesi ritengono che l'UE debba cambiare le condizioni di integrazione prima dell'apertura dei negoziati, ma l'opposizione attuale è in gran parte dovuta agli ordini del giorno all'interno degli stati membri dell'UE, anche se questo non viene mai svelato all'opinione pubblica".
L'Unione europea è ancora credibile?
Il Consiglio europeo dovrà ridiscutere nuovamente dell'allargamento prima del vertice UE-Balcani occidentali che si terrà a Zagabria nel maggio 2020. "Questa decisione compromette seriamente il processo di allargamento, perché all'Albania e alla Macedonia del Nord è stato promesso che avrebbero potuto aprire i propri negoziati di adesione se alcune riforme fossero state attuate e se entrambi i paesi avessero risolto le loro problematiche regionali”, sottolinea Nikola Burazer, membro del Centro per le politiche contemporanee con sede a Belgrado.
La Macedonia del Nord avrebbe potuto avviare i propri negoziati di adesione già nel 2009, ma la Grecia ha bloccato a lungo il processo a causa della controversia con Skopje sulla questione del nome. "Per quanto riguarda l'Albania, le riforme possono non essere state realizzate in modo sufficientemente approfondito, ma almeno per Skopje la risoluzione della disputa con Atene è stata una tappa fondamentale che dimostra che continua a lavorare per la sua adesione", continua Nikola Burazer.
È per il momento il Montenegro che sembra essere il più avanzato sulla via dell'integrazione, paese che ha aperto 32 dei 33 capitoli negoziali in sette anni, seguito dalla Serbia con 17 dei 35 capitoli aperti dal dicembre 2015. Uno dei primi capitoli aperti, quello sulla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina, potrebbe però essere anche l'ultimo ad essere concluso. La Bosnia Erzegovina ha presentato nel 2016 il dossier per diventare stato candidato e la Commissione europea l'ha convalidato nel maggio 2019.
Il Kosovo è l'ultimo paese della regione ad aver firmato un Accordo di Stabilizzazione e di Associazione (ASA) con l'UE. È l'unico paese della regione i cui cittadini non beneficiano della liberalizzazione dei visti Schengen. Pristina non ha ancora presentato domanda di candidatura, mentre cinque stati membri non riconoscono la sua indipendenza. "Il rifiuto dell'apertura dei negoziati con l'Albania e la Macedonia del Nord già risuona come un tuono a Skopje e Tirana, ma anche in tutti gli altri paesi dei Balcani occidentali", dice Nikola Burazer.
“Questo significa che anche nel caso le condizioni poste dall'UE venissero soddisfatte, per alcuni stati membri potrebbe non essere sufficiente dato che le loro resistenze sono più legate alla questione dell'allargamento piuttosto che alla situazione effettiva nei Balcani occidentali", sostiene Nikola Burazer.
"Se Macron vuole veramente riformare l'UE, allora questa Unione non ha futuro", dice Momčilo Radulović, del Movimento europeo in Montenegro. Dal suo arrivo alla presidenza francese, Emmanuel Macron non ha smesso di ripetere la sua opposizione all'allargamento prima che vengano realizzate le riforme interne delle istituzioni europee. "D'ora in poi, i leader balcanici avranno molta più difficoltà a fare affidamento sui valori fondamentali dell'Unione europea", chiosa Radulović.
Per Nikola Burazer, questo rifiuto non è tuttavia definitivo: "L'integrazione di Skopje non è messa in discussione nel lungo periodo, ma è certamente un brutto segno per tutti i paesi dei Balcani occidentali. Ci sono divisioni estremamente profonde tra la Commissione e gli stati membri".
L'orizzonte 2025 è ben poco credibile
Nel febbraio 2018, la Commissione europea aveva adottato "una prospettiva di allargamento credibile per i Balcani occidentali", riaffermando il futuro europeo della regione, all'interno di un continente stabile e unito, e fissando l'orizzonte del 2025 per l'integrazione di Montenegro e Serbia. "Sembra però che l'anno 2025 abbia già perso la sua rilevanza", dice Nikola Burazer. In effetti, Belgrado e Podgorica non sembrano aver fatto molti progressi nell'ultimo anno e mezzo.
Il rifiuto del Consiglio europeo giunge nello stesso momento in cui l'Unione europea è preoccupata per l'influenza sempre più visibile di attori esterni all'Europa, come la Russia e la Cina. "I cinesi sono politicamente neutri ma molto aggressivi economicamente. In quanto ai russi, sono estremamente tossici a tutti i livelli, tanto economicamente che politicamente", dice Momčilo Radulović. Per Nikola Burazer, i paesi balcanici non rinunceranno all'integrazione, ma cercheranno certamente di trovare nuovi partner in altre parti del mondo.