Ha iniziato studiando il russo e poi occupandosi di diritti umani. "Da qui si arriva inevitabilmente alla Cecenia ... E parlando di Cecenia si allarga l'orizzonte a tutta la regione". Un'intervista a Maddalena Parolin, collaboratrice di Osservatorio e tra le promotrici del Comitato per la Pace nel Caucaso
Come nasce il tuo interesse per l'area del Caucaso ed in particolare la Cecenia?
Sono arrivata per caso ad interessarmi di Russia, trovandomi, senza averlo deciso, a studiare la lingua russa (così difficile) anziché lo spagnolo, come avrei voluto. Poi ho sempre avuto molto forte l'interesse per i diritti umani e le problematiche di pace e sviluppo. Parlando di diritti umani per la Russia si arriva inevitabilmente alla Cecenia, essendo il nodo critico delle questioni sociali e politiche più gravi che affliggono il paese. E parlando di Cecenia si allarga l'orizzonte a tutta la regione, al Caucaso settentrionale russo e alle repubbliche meridionali ex sovietiche: Armenia, Georgia ed Azerbaijan.
Che tipo di contatti hai sviluppato in Trentino in merito a queste tematiche?
Nelle ricerche durante e dopo il lavoro per la mia tesi di laurea, sono partita dalle esperienze disponibili in rete, sviluppando alcuni contatti con persone attive ed interessate verso questa area geografica e verso le sue problematiche. Inizialmente si trattava di pochi singoli sparsi per l'Italia, aggregati tramite un passaparola telematico in un gruppo di discussione da cui in pochi mesi sarebbe sorto il Comitato per la Pace nel Caucaso. Poi sono entrata in contatto con l'Osservatorio sui Balcani, che mi ha proposto di collaborare a creare una "finestra Caucaso" nella quale sperimentare la possibilità di avviare un progetto analogo e parallelo a quello che sta facendo da anni sull'area balcanica. A partire da questa esperienza ho iniziato a sviluppare contatti con altri soggetti ed enti che lavorano su queste tematiche in Trentino, come il Centro Studi sull'Europa Orientale, la onlus Aiutateci a Salvare i Bambini, che ha un progetto a Beslan, e Mondosudwelt che ha avviato un progetto accogliendo a Bolzano alcuni studenti ceceni.
Perché a tuo avviso ha senso che ci si occupi, anche a livello locale, di tematiche internazionali e in particolare di questa specifica area geografica?
Avendo studiato in una università fuori regione e lavorando molto a livello italiano, in moltissime occasioni mi sono sentita rivolgere parole di ammirazione e di invidia rispetto alla fortuna di noi trentini, all'ottimo lavoro e sensibilità negli ambiti di pace e cooperazione internazionale.
Mantenendo questo livello di interesse ed impegno, credo sia il momento, dopo le aree africana, latinoamericana e balcanica, di iniziare a rivolgere l'attenzione alla Russia e al Caucaso. La Russia è considerata "l'unico paese in Europa con una emergenza umanitaria in corso", in base a rapporti sui diritti umani e soprattutto all'enorme numero di rifugiati e di sfollati a causa del conflitto in Cecenia.
L'Italia però sembra non accorgersene. Nel settembre scorso ho partecipato a Stoccolma ad una conferenza internazionale dedicata ai diritti umani in Russia e ai conflitti nel Nord Caucaso. C'erano Anna Politkovskaja e tutti i più importanti attivisti, giornalisti, politici e rappresentanti di ONG che lavorano su quest'area. Partecipanti dall'Europa, dalla Russia e dagli Stati Uniti. A livello europeo però si trattava unicamente di rappresentanti dal nord: Inghilterra, Scandinava, Olanda, Germania. In questo tipo di iniziative l'Italia e i paesi del sud Europa sono totalmente assenti e silenziosi. Mi interrogo sul motivo per cui sembra esserci una grande ignoranza e disinteresse in quest'ambito nel nostro paese.
Che attenzione ritiene vi sia in Trentino su questa specifica area geografica?
Il Caucaso è tuttora un'area geografica poco conosciuta e il conflitto ceceno in particolare è classificato come "conflitto dimenticato" assieme a crisi come quella del Congo, della Colombia e della Costa d'Avorio. Eventi come la tragedia di Beslan e recentemente l'omicidio Politkovskaja ci ricordano però che il conflitto è molto vicino e che la Russia fa parte del Consiglio d'Europa ed ha rapporti politici ed economici profondi con l'Europa e l'Italia. Ciò di cui c'è bisogno, innanzitutto, è informazione e sensibilizzazione. Credo che la nostra provincia dovrebbe impegnarsi, proprio come ha fatto per l'aria balcanica, a portare avanti iniziative in linea con la sua cultura di apertura internazionale e di attenzione per i valori di diritti umani, promozione della pace e del dialogo tra i popoli.
Se dovessi immaginare a possibili interventi di solidarietà in quell'area su che tematiche li focalizzeresti ed in che aree?
Il Caucaso è un'area complessa, con molti problemi oltre al conflitto ceceno, che è sicuramente il più grave; sono numerosi gli ambiti nei quali si potrebbero realizzare iniziative valide anche partendo da micro livelli, ma proprio per questo credo che non si possa prescindere dall'informazione e approfondimento dell'area. Ci sono già alcune piccole esperienze sia nella nostra provincia che in Italia, ma necessitano maggiore attenzione e supporto da parte delle istituzioni. Penso che innanzitutto sarebbe importante mettere in rete tutte queste iniziative, in modo che possano scambiarsi esperienze e conoscenze, e al tempo stesso fornire informazione e analisi sulle sue problematiche. Ad esempio come Comitato per la Pace nel Caucaso abbiamo conosciuto una bellissima iniziativa di convivenza tra studenti di diversi paesi in guerra, tra cui ceceni e russi, in Toscana; quando abbiamo saputo che a Bolzano sarebbero stati accolti degli studenti ceceni li abbiamo messi in contatto tra di loro; ora vorremmo che la loro presenza in Italia possa servire anche a portare testimonianze, a mostrare che i ceceni non sono tutti terroristi, e a raccontare le loro storie e speranze nel nostro paese.
Sei è stata tra le promotrici del Comitato per la Pace nel Caucaso, ce ne puoi parlare?
Nel maggio scorso, assieme ad alcune persone che condividono l'interesse e l'impegno per la promozione della pace e dei diritti umani nel Caucaso, abbiamo fondato il Comitato per la Pace nel Caucaso. Scopo primario è realizzare iniziative di informazione e sensibilizzazione in Italia, per porre fine al black out informativo. La nostra ambizione è quella di proseguire promuovendo percorsi di istruzione e scambi culturali verso il Caucaso e nel Caucaso, incoraggiare il processo di riconciliazione tra le parti in conflitto puntando su esperienze di conoscenza, collaborazione ed accoglienza attraverso un modello di "confidence building", come un laboratorio permanente di dialogo. Siamo attivi da pochi mesi, ma abbiamo già organizzato alcune iniziative e soprattutto si è sviluppata una rete di contatti e collaborazioni, prima di tutto in Italia, che ci incoraggiano a proseguire, perché sentiamo che c'è bisogno di un lavoro di questo tipo.