La proliferazione di ONG, legata ai finanziamenti dei donatori internazionali, ha importanti conseguenze sui nuovi equilibri tra stato e società civile nei Balcani della transizione

18/12/2007 -  Anonymous User

Di Risto Karajkov, pubblicato su One World South East Europe (tit. orig. NGO's in the Balkans: Too Much of a Good Thing?)

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Nicola Filizola

L'inizio della transizione nei Balcani ha visto la crescita esponenziale delle ONG. Lo spazio pubblico prima riservato ad alcune organizzazioni create e sostenute dal governo, come quelle a favore dei giovani, delle donne, o dei disabili, è stato riempito da una miriade di gruppi dediti ad una grande varietà di cause che spaziano dall'assistenza allo sviluppo economico, alla democrazia, ai diritti umani, alla lotta contro la corruzione, e così via.

Il contesto era quello di una sfida. Le guerre, con gli sforzi di assistenza umanitaria e ricostruzione; la democratizzazione, con l'obiettivo di aprire spazi democratici e combattere le tendenze autoritarie; la trasformazione economica e sociale. Una cosa dovrebbe essere data per assodata: ci sono stati molti compiti in questo complesso processo caratterizzato da molteplici e turbolente transizioni che sono stati assolti, e che potevano essere solamente assolti, dalle ONG. O meglio, solo le ONG, secondo i soliti clichè, erano nella posizione di poterli affrontare. Nonostante tutte le critiche, in gran parte meritate, che circondano queste organizzazioni, questo fatto non dovrebbe essere dimenticato. In alcuni casi, ci sono state questioni che i governi non affrontavano; in altri, si trattava di scontrarsi con i governi stessi.

Lo scopo di questa nuova società civile nei Balcani non è mai stata accuratamente misurata in termini di numeri di gruppi, o perfino più complicato, in termini di base e forza economica. È molto difficile (sebbene non impossibile) valutare le risorse complessive che hanno prodotto la crescita del settore civile. Negli anni Ottanta, Lester Salamom, probabilmente il più importante studioso del settore no-profit, usando solidi dati empirici, fece andare in crisi la base finanziaria del terzo settore negli Stati Uniti, con lo scopo di dimostrare che i suoi rapporti con il governo erano essenzialmente di natura partenariale. Tale esercizio nei Balcani sarebbe certo una sfida, considerando che la società civile è un'entità di recente nascita e che i dati sono cronicamente mancanti.

Una cosa però è certa: più del 90% dei fondi delle organizzazioni non governative nei Balcani provengono da donatori stranieri. In altre parole, c'è un legame molto forte e chiaro tra aiuti stranieri ai Balcani e la fioritura del mondo della società civile. Per dare un'idea più generale, le cifre ufficiali dell'assistenza allo sviluppo ai Balcani Occidentali negli anni 1990-2000 - non conteggiando aiuti da fonti private - si aggira sui 40 miliardi di dollari. In realtà, solo una piccola percentuale di questa somma (solo nominale) è andata alle ONG locali, ciononostante l'importo è comunque ingente.

Anche rispetto al numero di ONG c'è un'idea più precisa, sebbene qualche volta il dato sia sovrastimato visto che alcuni gruppi esistono solo sulla carta. L'Indice di Sostenibilità delle ONG 2006 di USAID ha calcolato il numero di organizzazioni locali registrate in Bosnia Erzegovina approssimativamente intorno a 7.000, di cui la metà attive. Il numero di gruppi registrati in Kosovo è di 3.800, di cui solo una minima parte è attiva, circa 150. Per la Macedonia, l'Indice ha riportato 6.000 gruppi registrati, di cui circa il 5% (circa 300) attive. Nonostante questi numeri siano incerti (è improbabile che ci siano più ONG attive in Macedonia che in Kosovo), il che non fa altro che confermare la difficoltà nella raccolta dei dati, l'Indice USAID delle ONG rimane il monitoraggio più rilevante, transnazionale, longitudinale della società civile nella regione.

Un fatto è abbastanza chiaro. I Balcani hanno vissuto un'esplosione della società civile negli ultimi 15 anni. Questa esplosione è stata guidata dall'offerta. Molto dell'aiuto estero è stato distribuito attraverso le ONG, a volte per motivi ideologici, come l'idea per cui le ONG sono le fondamenta della democrazia; altre volte per ragioni di efficacia - si possono costituire, gestire e controllare molto facilmente; o semplicemente per ragioni di limitazioni giuridiche legate alla distribuzione degli aiuti.

C'era realmente bisogno di tutte queste ONG? E quali sono i possibili risvolti negativi di questo Big Bang del terzo settore? Forse la conseguenza negativa maggiore è stata la rottura dell'equilibrio stato-società civile. Troppo stato riduce lo spazio civico. Troppa società civile può indebolire le istituzioni di governo. Dopo 50 anni di troppo stato, l'equilibrio si è in qualche modo involontariamente spostato nell'altra direzione.

In pratica, stanziare i finanziamenti necessariamente attraverso le ONG restringe le risorse direttamente disponibili ai governi. I nuovi e fragili governi hanno bisogno di sostegno. Nadia Diuk del National Endowment for Democracy ricorda l'apertura democratica in Polonia per sottolineare come i donatori siano spesso costretti a distribuire l'aiuto attraverso gruppi privati: "Jacek Kuron, (ex-attivista in prima linea di Solidarnosc) che è stato al tempo Ministro del Lavoro, ha chiesto che l'assistenza possa essere distribuita attraverso il governo. Ha dichiarato che il governo ha bisogno di essere rafforzato. Noi comprendiamo la protesta ma non possiamo aiutarlo".

Ray Jennings, ex funzionario di USAID nei Balcani, si chiede se "la Bosnia abbia veramente bisogno di qualche migliaia di ONG". Sottolinea come l'insistenza della misurazione del livello di democrazia e della salute della società civile attraverso il numero di ONG abbia portato ad un'inflazione artificiale dei gruppi del terzo settore.

A volte, i numeri non sono sinonimo di qualità. "In Bosnia ci sono tante ONG ma poca società civile", afferma Daniel Serve, un esperto di Balcani dell'"United States Institute of Peace".

Forse il modo più evidente con il quale le ONG sottraggono risorse potenziali ai governi è portando via capacità e talenti. Beneficiando di fondi internazionali, gli stipendi delle ONG sono spesso molto più alti della media nazionale. "Questi paesi sono anomali", sottolinea un altro analista, "la comunità internazionale ha sostituito la società, e chiunque abbia qualche qualifica diventa autista o interprete per gli stranieri". Anche se questa visione è esagerata allo scopo di sostenere la tesi di fondo, e anche se molto personale locale qualificato è impiegato in posizioni di responsabilità nel settore delle ONG, rimane il fatto che la società civile, nonostante la sua capacità di controllare il governo, non può sostituirlo. I governi hanno altrettanto bisogno di persone qualificate e capaci.

Un altro lato negativo è quello della frammentazione. La pratica diffusa di finanziare attraverso le ONG progetti di breve periodo si è concretizzata in troppi interventi a sé stanti spesso sovrapposti e scoordinati tra loro. "Abbiamo balcanizzato l'assistenza ai Balcani", ha lamentato il Commissario Europeo Chris Patten, riferendosi all'intricato miscuglio di strumenti di assistenza nella regione.

Il ruolo che un settore civile vibrante ha in molti aspetti della vita sociale è evidente, sia esso nel servizio di advocacy o in quello della fornitura di servizi. Negli anni a venire, la regione probabilmente rafforzerà il ruolo delle organizzazioni private nella fornitura di servizi che nel periodo precedente è stata di responsabilità dei governi. Nonostante questo, il terzo settore non può essere il sostituto di sane e stabili istituzioni di pubblica amministrazione. Ci sono delle cose che possono essere fatte solo dai governi.