Poeti da tutto il mondo si sono incontrati a Sarajevo per l'edizione 2008 del festival dedicato a Izet Sarajlić, organizzato dalla Casa della Poesia di Baronissi/Salerno con il sostegno dell'Ambasciata d'Italia in Bosnia Erzegovina
"Anche i versi sono contenti quando la gente si incontra". Le parole di Izet Sarajlić hanno aperto la settima edizione degli incontri internazionali di poesia di Sarajevo, riportando la fiducia in una città ancora scossa dopo le recenti violenze contro il festival Queer. In tanti, non solo sarajevesi ma anche "viaggiatori consapevoli" dall'Italia e da altre parti del mondo, si sono incontrati per tre giorni consecutivi nella storica cornice del Kino Bosna, in Alipašina, per rendere omaggio al grande poeta bosniaco. Sergio Iagulli, fondatore insieme a Raffaella Marzano della Casa della Poesia di Baronissi/Salerno, l'istituzione che ha ideato e continua ad organizzare il festival di poesia dedicato a Sarajlić, ha inaugurato venerdì 3 ottobre l'edizione 2008 degli incontri, presentando un video del poeta scomparso nel 2002. Dopo l'intervento del vice sindaco di Sarajevo, Predrag Mitrović, e dell'Ambasciatore italiano in Bosnia Erzegovina, Alessandro Fallavollita, sono stati i poeti a trovare le parole che hanno tenuto incollati alle loro sedie i circa 200 partecipanti all'evento. Poeti bosniaci, italiani, francesi, serbi, uruguaiani, spagnoli, croati, sloveni, marocchini, portoghesi e nigeriani. Poeti affermati da anni nei grandi circuiti della poesia internazionale (Abdellatif Laabi, Felix Grande, Giuseppe Conte), poeti giovanissimi (Almir Kolar) insieme a vere e proprie istituzioni della letteratura e della pubblicistica balcanica (Marko Vešović, Sinan Gudžević, Giacomo Scotti). Insieme alle letture, tradotte dalle varie lingue in italiano e bosniaco, anche interventi video e musicali dell'ottima band di Riccardo Morpurgo, accompagnato da Luca Colussi, Simone Serafini, Giuliano Tull e Almir Nezić.
"L'idea degli incontri internazionali di poesia di Sarajevo - ci spiega Sergio Iagulli - nasce dalla grande amicizia che legava Izet Sarajlić alla Casa della Poesia di Baronissi. Subito dopo la guerra Izet, che era amico del poeta salernitano Alfonso Gatto, aveva accettato il nostro invito ed era venuto a presentare la sua opera a Salerno. Attorno a questo incontro, grazie all'iniziativa dello stesso Izet, si era creata una sorta di grande famiglia internazionale della poesia. Quando è scomparso abbiamo sentito il dovere di venire qui, a Sarajevo, pensando che fosse giusto portare questa famiglia nella sua città, per ricordarlo e insieme per testimoniare la possibilità di incontrarsi attraverso la poesia".
Il festival è riuscito negli anni a catalizzare l'attenzione e il sostegno di alcuni enti locali italiani e di vari istituti culturali e Ambasciate in Bosnia Erzegovina. L'Ambasciata d'Italia a Sarajevo ne è tra i principali sostenitori: "Questa iniziativa è stata avviata nel 2002 - ci spiega l'Ambasciatore Fallavollita - per ricordare Sarajlić e i rapporti speciali che lui ha sempre avuto con l'Italia. E' diventata un appuntamento tradizionale qui a Sarajevo, sono sette anni che la sosteniamo nella convinzione che il percorso di ricostruzione di questo Paese passi anche e soprattutto attraverso la cultura. Devo dire peraltro che il pubblico risponde sempre con grande entusiasmo, è raro vedere una sala di cinema che si riempie per ascoltare delle poesie. Questo può avvenire a Sarajevo, dove evidentemente la poesia è ancora un mezzo di comunicazione importante e molto popolare."
Tra i tanti poeti presenti all'edizione 2008 del festival c'era anche quello che per primo aveva tradotto Sarajlić in italiano, Giacomo Scotti: "Io e Izet siamo stati amici per oltre 40 anni. L'Italia era un Paese che lui amava, nonostante questo rapporto nascesse da un grande dolore, dalla perdita del fratello maggiore, Esad, che era stato fucilato proprio dagli italiani qui, a Sarajevo, durante la seconda guerra mondiale. Ma questo dolore, che esisteva nella sua famiglia, si era nel tempo trasformato in qualcosa di diverso. Sua sorella Raza era andata a studiare in Italia, a Firenze, dove si era laureata diventando poi una delle più importanti traduttrici della letteratura italiana in Jugoslavia. E il rapporto di Izet con l'Italia non si è mai interrotto. Per me è stata una grandissima gioia, in questi giorni, rivedere dopo anni qui al Kino Bosna la figlia di Izet, Tamara, anche lei agli incontri di poesia..."
Anche Marko Vešović, professore universitario e critico letterario, autore di "Chiedo scusa se vi parlo di Sarajevo", è intervenuto al festival per leggere le proprie poesie e ricordare così Sarajlić. Con la consueta franchezza ci ha spiegato i motivi della sua presenza: "Non voglio fare delle facili lusinghe, ma se sono qui è prima di tutto perché ci sono gli italiani. E' una vergogna che qui a Sarajevo nessuno ricordi Izet, e se ci ritroviamo qui è solo grazie all'iniziativa degli italiani... Questa è una città che ha mantenuto il proprio spirito durante la guerra ma che lo ha perso durante la pace."
Mentre i poeti si avvicendano sul palco del Kino Prvi Maj, portando il loro omaggio a Sarajlić e alla sua città, le parole di Vešović sembrano riportare ad una Sarajevo diversa da quella del grande poeta: "Durante la guerra Sarajevo si è difesa dalle logiche che hanno portato a bombardare la città dal Trebević, mentre durante la pace si finisce per accettare quelle stesse logiche. Nessuno ci ha trovato niente di strano che un festival omosessuale venisse attaccato fisicamente il festival Queer, attaccato da estremisti islamici il 24 settembre scorso, ndr. Io personalmente credo che i musulmani fatichino a respingere quel tipo di fascismo, e parlo come uno che ha condiviso con i musulmani 44 mesi di assedio, guadagnando il loro rispetto durante la guerra, quando si moriva a mucchi. Ora però, quando vedo cosa fanno quelli che sono al potere, che alzano la voce, che controllano i media, mi viene l'angoscia..."
Il presente della Bosnia è come sempre indecifrabile. La situazione politica, come hanno confermato le recenti elezioni, ristagna, come pure quella economica e il percorso di integrazione europea. La straordinaria ricchezza che questo Paese ha sempre prodotto, con la sua cultura, non è però in discussione. E Sarajevo resta, oltre che un luogo fisico, un luogo dello spirito per i poeti che ogni anno tornano qui a ricordare Sarajlić. Per quelli che "cerco dovunque la poesia", come ha ricordato Josip Osti nella sua opera introduttiva. E che forse un giorno qui troveranno anche una strada intitolata a Sarajlić, quella strada che ancora manca - come hanno ricordato gli organizzatori degli incontri riproponendo al pubblico la sua poesia "Cerco una strada per il mio nome":
...
Sarebbe bello che fosse lastricata di pietra,
ma tutto sommato questa non è la cosa più importante.
La cosa più importante è
che nella strada con il mio nome
a nessuno capiti mai una disgrazia.
(Da "Qualcuno ha suonato", Multimedia edizioni, 2001)