Una pubblicazione dedicata alle letterature di frontiera.E' nata in Friuli Venezia Giulia e dopo 11 numeri cartacei passa sul web. Un'intervista a Mauro Daltin, uno dei suo fondatori
Una rivista indipendente capace di creare uno spazio di incontro per le idee e le emozioni che corrono lungo il confine. PaginaZero, il quadrimestrale di letterature, arti e culture, fondato 4 anni fa in provincia di Udine, chiude il suo ciclo di rivista di carta per diventare un sito on-line e un blog.
Fondata da Mauro Daltin e Paolo Fichera nel 2003 con redazione a Cervignano del Friuli, nel corso degli 11 numeri pubblicati e distribuiti nelle librerie e biblioteche del Friuli Venezia Giulia, PaginaZero è stata uno spazio di intersezione tra intellettuali, letterati e giornalisti al di qua e al di là del confine, e un modo per presentare racconti inediti, interviste parallele, contributi significativi e confronti originali.
Come testimoniano i due ideatori della rivista all'interno dell'editoriale dell'ultimo numero cartaceo, PaginaZero ha avuto un proprio profilo ben riconoscibile, ed è sopravvissuta senza appoggiarsi a finanziamenti derivanti dall'editoria a pagamento. A partire da adesso, adattandosi all'evoluzione che internet comporta, il territorio di scambio di PaginaZero si trasforma in contenitore virtuale, per apririsi a una maggiore potenzialità e a una più vasta diffusione dello scambio interculturale, e si sposta lungo il confine attraverso il web.
Come e quando è nato il progetto di Pagina Zero?
Il progetto cartaceo di PaginaZero è nato 4 anni fa con tre numeri sperimentali, trasformatisi poi in vera e propria rivista a partire dal numero 4. È nato dalla passione di alcune persone e dalla volontà di andare a cercare che cosa stava accadendo dal punto di vista culturale in alcune zone di confine che ci interessavano. Prima della rivista c'era un sito internet, che era una rivista letteraria più generalista, adesso invece ci sono un sito istituzionale e informativo della rivista, www.rivistapaginazero.net e un blog, http://rivistapaginazero.wordpress.com.
Perché il nome Pagina Zero?
Come spesso accade, il nome nasce un po' per caso. Ci piace questo nome perché è come se ad ogni numero ripartissimo da una pagina bianca, come una costante nuova partenza, una voglia di rinnovarsi ogni volta. In più, il nome PaginaZero è sempre stato accompagnato dalla dicitura "Letterature di frontiera", e in questo caso il plurale non è casuale ma voluto per sottolineare i vari generi culturali.
Quanti numeri è durata la rivista cartacea e che tiratura ha avuto?
Abbiamo chiuso con il numero 11, uscito da pochi mesi. Ogni numero aveva una tiratura di 500 copie circa, ed è stato accompagnato da eventi, forum, readings. La nostra idea è quella di chiudere idealmente i 4 anni di attività con un libro che racchiuda tutto questo percorso.
Cosa significa fare una rivista di frontiera?
Per noi ha significato concentrarci sul concetto di frontiera, molto abusato negli ultimi anni. Credo che ci mancherà, in qualche modo, la frontiera, ad esempio fra Italia e Slovenia. Lo dico anche provocatoriamente, ma superare quella dogana, quel muro, significava andare di là, esplorare, curiosare. Lo si può fare ovviamente meglio senza quel muro, ma ogni frontiera andrebbe superata, vissuta in tutte le sue contraddizioni, con tutte le paure che si porta dietro. Per me la frontiera non è caduta, si è solo spostata qualche chilometro più in là. Fare una rivista su questo, sui Balcani, sugli intellettuali di quelle zone ha significato curiosare -non cercare di capire- ma registrare voci, energie, contraddizioni, mescolare punti di vista, andare costantemente di qua e di là di un muro mentale e culturale. All'inizio ci siamo concentrati sulle frontiere fisiche, per poi andare a scandagliare quelle culturali e linguistiche, per finire con quelle dell'informazione, forse il vero nodo degli ultimi decenni.
Quali effetti ha scatenato questa esperienza in te, nei tuoi collaboratori e sul territorio di diffusione di Pagina Zero?
Interesse, entusiasmo, sorpresa. Un po' di diffidenza da parte del territorio, ma di questo non mi sono mai preoccupato o lamentato. Abbiamo preso quello che arrivava, coltivato contatti umani, oltre che letterari. Questo è l'effetto principale della rivista.
In questi ultimi 4 anni, si è davvero creata un'intersezione tra Est e Ovest -anche se forse sotterranea o quasi invisibile-, così come sembra ai lettori che sfogliano le pagine della vostra rivista?
Era uno dei nostri obiettivi: parlare di Est e Ovest e anche degli stereotipi che queste definizioni portano con sé. Mettere vicino l'uno all'altro poeti russi, scrittrici e scrittori serbi, croati, intellettuali bosniaci, uomini di cultura italiani forse ha davvero creato una intersezioni fra mondi vicinissimi a volte, ma che comunicano poco ancora.
Quali sono state le difficoltà nel portare avanti questo "quadrimestrale di letterature, arti e culture"?
Le solite di quando ci si mette in testa di fare una rivista. Le librerie non tengono quasi più riviste perché commercialmente non rendono, l'amministrazione e i costi sono alti, la fatica tanta. C'è stata freddezza da parte di alcuni giovani scrittori e invece una risposta quasi imbarazzante per semplicità, umiltà e disponibilità, anche solo data da una lettera di incoraggiamento, da parte di alcuni grandi personaggi come Magris, Matvejevic, Ovadia, Morandini, Bartolini eccetera.
E le soddisfazioni o le sorprese inaspettate?
Appunto queste ultime che ho sottolineato nella risposta di prima. Molte belle mail, l'inserimento di PaginaZero fra le migliori riviste italiane nell'antologia "Best Of" pubblicata da Minimum Fax. Ma soprattutto le serate, gli incontri, gli scambi di opinioni, la creazione dei numeri...
Quali gli episodi memorabili e le firme più prestigiose dell'ormai leggendaria storia di Pagina Zero?
Certamente il viaggio a Sarajevo e Mostar ha costituito un bellissimo momento per la rivista. E poi una bella serata di lettura a Treviso con il gruppo sloveno Autodafé, ma tanti altri momenti. Le firme più prestigiose sono state molte, da Predrag Matvejevic a Moni Ovadia, da Bozidar Stanisic a Josip Osti, da Paolo Rumiz a Aghota Kristoff, da Giacomo Scotti a Melita Richter, da Pietro Spirito a Elio Bartolini, da Goran Petrovic a Natasha Radojčić, da Angelo Floramo a Flavio Santi. Ma molti altri che mi dimentico sicuramente.
Rimpianti per qualche idea rimasta irrealizzata?
Direi nessun rimpianto. Penso che abbiamo fatto quello che potevamo fare, con entusiasmo e passione. Poi alcune cose sono riuscite meglio, altre meno, come sempre.
Cosa comporta realmente il passaggio dalla carta al web?
Una differente cadenza, anche se anche il blog ultimamente è molto fermo e forse c'è la volontà di fare cose nuove e diverse. Pezzi molto più corti, l'utilizzo di altri mezzi come i video, una maggior libertà di pubblicazione anche se abbiamo sempre privilegiato la qualità alla quantità.
Che "raggio d'azione" ha il blog collegato alla pagina web?
Molto ampia, ci sono moltissime cose, un archivio già grande anche di contributi inediti, una visibilità costante, lettori fedeli.