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Si avvicina, con il voto, la fine di una delle più lunghe e imprevedibili campagne elettorali della storia dell'Armenia

18/02/2008 -  Marilisa Lorusso

Già le elezioni parlamentari erano indicate da molti osservatori come il preludio delle presidenziali, come confermato dalla candidatura immediata del Primo Ministro Sargsyan, ottenuta la vittoria dal suo partito nel maggio scorso. Praticamente da allora in poi, vari candidati si sono poco alla volta affacciati sull'arena elettorale, proponendo o ridisegnando la loro immagine pubblica con tutti i veicoli comunicativi possibili, con una dovizia e un'attenzione molto sofisticate, nei termini della comunicazione politica, ricorrendo a strumenti intellettuali, di look, di simboli e di cultura nazional-popolare.
Levon Ter-Petrosyan faceva precedere il ritorno a sorpresa nell'agone politico con l'uscita del libro "Le Crociate e gli Armeni" (luglio 2007), con cui riproponeva la sua immagine di politico-intellettuale, fino al grande comizio in occasione della ricorrenza dell'indipendenza (settembre) in cui ufficializzava la propria candidatura. Ha raccolto intorno a sé anche nomi-simbolo della recente storia armena, come il figlio e il fratello dei due leader uccisi nella sparatoria in Parlamento nel 1999, che gli hanno assicurato supporto. Ha utilizzato poi tutta la sua rinomata arte oratoria per cercare di conquistare quanti non votano "per", ma "contro", infiammando le piazze con neologismi e provocazioni.
Ma non è stato il solo, altri si sono scoperti scrittori. Tigran Karapetyan ha pubblicato la raccolta poetica Rovine di Rimembranze, e ha dichiarato la Bibbia essere la base del suo programma, mentre il programma di Artashes Geghamyan si intitola Il Piano Genesi.

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Fra tanto sacro, e molto di più profano, il 21 gennaio è iniziata la vera e propria campagna elettorale. Televisione, giornali e piazze sono state mobilitate, con il restyling dei vari candidati. Un recente sondaggio aveva indicato peraltro la preferenza degli elettori per il contatto diretto con icandidati. I comizi hanno assunto un particolare rilievo, e la capacità di "riempire la piazza" sembra essere direttamente proporzionale alla quantità di voti in grado di attrarre.
E' cominciata con una legittimazione popolare la corsa del candidato della Federazione Rivoluzionaria Armena, Vahan Hovhanessyan, che, dopo aver vinto le primarie, ha siglato un Patto con gli elettori. La sua campagna, a differenza di altre, è stata relativamente spartana, fatta di comizi sullo stile di un partito popolare e militante com'è, per tradizione, quello cui appartiene.

Il Primo Ministro, presidente in pectore, ha rilanciato la propria immagine a gennaio, con la svolta della, così soprannominata, "giacchetta alla Putin", dimettendo il sobrio look gessato per una giacca sportiva, simile a quelle indossate dal Presidente russo. E' trapelata la notizia secondo cui Sargsyan investe 60000$ al mese nella promozione della propria immagine all'estero, spesa che sarebbe peraltro coperta dai suoi sostenitori negli USA. Ha aperto, inoltre, un sito web, caratterizzato da immagini familiari, di lui che suona la chitarra sotto le armi e via dicendo... alternando il rigido volto della figura istituzionale con la più rassicurante immagine privata. I suoi comizi sono diventate feste popolari cui hanno partecipato cantanti, attori, calciatori, fra cui i volti noti di Shushan Petrosyan, Hrant Tokhatyan, Khoren Levonyan, Arkadi Andreasyan.

Ma non è certo stato l'unico ad utilizzare internet. Pur essendo la rete poco diffusa in Armenia (si stimano circa dai 250000 ai 300000 utenti), la campagna elettorale si è combattuta anche fra siti e blog, tanto che The Armenian Observer Blog ha sollevato la questione della strumentalizzazione, da parte di settori politici, del blogging,soprattutto per l'aggressività e lo scarso fair play dei bloggers, nonché per le immagini altamente denigratorie pubblicate da alcuni blog.

La rete rappresenta una grandissima occasione di auto-promozione per tutti i candidati che si sentono esclusi, se non danneggiati e vituperati, dalla tv. Ter-Petrosyan, che più a denunciato questa situazione, ha aperto un sito da cui è possibile scaricarsi, come soneria del proprio cellulare, i jingle della sua campagna, l'Inno alla Gioia, richiamo all'Unione

Europea, e Paykar Paykar, Lotta, lotta La risposta degli elettori, davanti a tanto zelo per impressionarli, è ambigua. Da un lato vi è partecipazione ai comizi, quanto più oceanici possibili. Dall'altro vi è una certa stanchezza e diffidenza verso la politica. Il 53% degli intervistati indicava1 di credere che il Paese abbia imboccato la strada sbagliata, che il ruolo primario della politica sia di creare occupazione e di migliorare le precarie condizioni economiche. Il 58% si dichiarava non soddisfatto del livello si sviluppo democratico e la maggioranza relativa, alla domanda "Quale partito politico è in grado di risolvere i problemi del Paese?" rispondeva "Nessuno" (30%). Ciononostante l'84% dichiarava che si sarebbe recato a votare alle presidenziali, anche se più della metà riteneva che gli elettori hanno generalmente paura a esprimere pubblicamente le proprie preferenze politiche.

Un quadro non certo incoraggiante, cui si aggiungono le ipotesi di broglio, dalla compravendita di voti, alla manipolazione dei risultati, alle pressioni che rendono il voto non libero. Irregolarità che hanno caratterizzato anche le tornate elettorali precedenti, e che ora, con il precedente georgiano, spaventano ancora di più un'opinione pubblica, che ritiene che il Paese abbia bisogno di riforme e stabilità. Il politologo Alexander Iskandaryan, incuriosito e divertito dalla vita politica degli ultimi mesi, ritiene che gli elettori siano divisi in tre gruppi principali: il primo composto da coloro che voteranno per la stabilità, il secondo da coloro che voteranno contro la continuità Kocharyan-Sargsyan il terzo, meno politicizzato, che Ter-Petrosyan cerca di trasformare nel secondo, e che Sargsyan cerca di mantenere com'è.
Nella misura in cui le elezioni saranno libere e giuste, nonché pacifiche, in cui i risultati saranno accettati dall'intera classe politica e dalle piazze, la campagna "al vetriolo", come il candidato Vazgen Manukyan l'ha definita, potrebbe cedere il passo a un nuovo dialogo fra cittadini e autorità, necessario perché il distacco dalla vita politica, che sia vissuto con rassegnazione o con intelligente e lucida ironia, comunque, è raramente costruttivo.