A Trento festeggiato il decennale dell'avvio dei progetti che legano il Trentino alla città di Prijedor, nord-ovest della Bosnia. Una conferma che i conflitti si superano anche grazie alle relazioni territoriali
La cooperazione di comunità è proprio così: lontana dal mondo della cooperazione e dallo sviluppo istituzionale è realizzata da persone comuni che mettono in gioco la loro passione, i loro saperi, le loro esperienze, il loro tempo per costruire relazioni che durano nel tempo nell'ambito di programmi che hanno un inizio ma non si sa quando finiscono. E che per questo sono costretti ad interrogarsi ogni giorno sulla sostenibilità di quanto viene realizzato.
Prossimità e reciprocità sono le parole chiave di questa modalità di fare cooperazione che fa da sfondo a numerosi progetti che di anno in anno vengono realizzati attraverso il coinvolgimento delle comunità locali.
Recentemente è stato festeggiato il decennale di una delle esperienze più rilevanti di rapporti con territori del sud est Europa sviluppatesi in questi anni in Italia. Il 14 ottobre scorso, a Trento, la comunità trentina e molti rappresentanti di quella di Prijedor, città bosniaca, si sono incontrati per ricordare questi primi dieci anni di collaborazione.
La sala del Falconetto del Municipio di Trento era affollata come raramente avviene dei tanti e tante che in questi anni si sono scoperti attori di una diversa cooperazione e diplomatici di una "diplomazia stracciona" che ha avuto nel caso di Prijedor la forza di contribuire a quel che nessuno nel 1996 avrebbe potuto immaginare, il ritorno di oltre 25.000 profughi bosniaci mussulmani in una delle città divenute negli anni della guerra simbolo della pulizia etnica.
Nelle loro testimonianze come in quelle della folta delegazione di Prijedor sono stati raccontati dieci anni di amicizia e di esperienze, non sempre facili, ad esempio quando gli interlocutori della pubblica amministrazione di Prijedor erano coloro che avevano le maggiori responsabilità di quanto era accaduto in quella città all'inizio degli anni '90.
Tante storie e azioni collettive che hanno dato corpo col tempo a qualcosa di straordinario che va oltre la quantità di aiuti, la solidarietà concreta degli affidi a distanza, dei gemellaggi fra le scuole, dei progetti di sviluppo locale, dell'avvio di tante imprese giovanili nel settore primario, dello scambio professionale nel settore del legno e così via.
Va oltre perché l'aspetto forse più significativo di questi dieci anni di cooperazione è quello - come ha sottolineato aprendo l'assemblea la presidente dell'Associazione Progetto Prijedor Norma Benoni - di aver contribuito a cambiare il clima che si respira nella cittadina del nord ovest della Bosnia Erzegovina. Quel clima che ha percepito nel suo ultimo viaggio a Prijedor e di cui ha parlato anche il sindaco di Trento Alberto Pacher nel suo saluto all'assemblea, ringraziando le centinaia di volontari che in questi anni, nel loro percorrere avanti e indietro questo ponte di amicizia lungo più di 800 chilometri, hanno arricchito le nostre stesse comunità di umanità ma anche di capacità di comprendere il nostro presente.