In Armenia il progetto di riapertura della miniera di rame-molibdeno di Teghut, nella regione di Lori, prevede il disboscamento di 500 ettari di foresta vergine

16/03/2007 -  Anonymous User

Di Marianna Grigoryan*, per Eurasianet, 23 febbraio 2007 (titolo originale: "Armenia: Copper Mine Sparks Environmental Outcry")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta

La recente decisione del ministero armeno per la Protezione dell'ambiente di dare il via libera all'ampliamento di una miniera di rame-molibdeno nel nord del paese, ha fatto sorgere notevoli preoccupazioni tra gli ambientalisti e le organizzazioni non governative impegnate su questi temi.

"Noi riteniamo che il programma di operazioni riguardante la miniera di rame-molibdeno di Teghut sia illegale", ha commentato Hakob Sanasaryan, presidente dell'Unione dei verdi d'Armenia, un gruppo ambientalista. "Viene realizzata con plateali violazioni della legge e senza alcuno studio preliminare sull'impatto ambientale".

La miniera di rame-molibdeno di Teghut, situata nella montagnosa regione settentrionale di Lori, più di 200 chilometri a nord di Erevan, era ben nota al tempo dei Soviet. Allora le sue riserve di rame erano stimate intorno ai 450-500 milioni di tonnellate. Negli anni '70 fu posto un divieto all'ampliamento della miniera, per preservare le circostanti foreste vergini e la fauna in esse contenuta.

Oggi però, nel tentativo di adeguarsi ai cambiamenti economici, questo divieto è stato rimosso.

"Ci hanno chiesto: 'Ma ne vale la pena?' Noi abbiamo riposto: 'Sì, ne vale la pena'". Così il ministro della Protezione dell'ambiente Vardan Ayvazian ha replicato, nel corso di una conferenza stampa a giugno 2006, ad una domanda sullo sviluppo della miniera di Teghut. L'approvazione finale del governo allo sfruttamento del territorio è arrivata nel novembre 2006. "Lì dentro è racchiuso un patrimonio, e il danno ambientale sarà risarcito".

Nessuno mette in dubbio le potenzialità economiche della miniera. Attualmente le riserve accertate di Teghut ammontano a 1,6 milioni di tonnellate di rame e 99.000 tonnellate di molibdeno, un metallo che viene principalmente incorporato nelle leghe d'acciaio per indurirle, e che trova impiego - fra gli altri - nell'industria aeronautica e nella fabbricazione delle tubature. Le riserve di Teghut la collocano al secondo posto tra le più grandi miniere armene di rame-molibdeno dopo la miniera di Zangezur nella città di Kajaran, secondo Gagik Arzumanyan, direttore del Programma armeno per il rame (ACP), la compagnia armena che nel 2001 si è aggiudicata l'appalto per l'ampliamento della miniera.

Con il prezzo del rame salito ai massimi storici negli ultimi anni, si attendono decine di milioni di futuri profitti, e una considerevole fetta di questo ammontare andrà allo Stato sotto forma di tasse. Il 22 febbraio alla borsa dei metalli di Londra il rame si vendeva a 5,61 dollari Usa alla tonnellata.

La ACP, parte di un più grande gruppo industriale che opera in Armenia, Russia e Liechtenstein, prevede di gestire l'impianto per 25-30 anni come miniera a cielo aperto, un metodo estrattivo molto meno dispendioso, ma che rimuoverà lo strato superiore del terreno, sradicando ettari di boschi di tigli, faggi, aceri e noci.

Gli ambientalisti avvertono che secondo le stime 510 ettari di terreno ricco di humus e coperto di foreste - su un totale locale di 670 ettari - andranno distrutti; e che circa 127.700 alberi saranno abbattuti.

"Come risultato svanirà un intero ecosistema, e l'equilibrio ecologico del territorio sarà inequivocabilmente disturbato" ha commentato l'avvocato specializzato in questioni ambientali Nazeli Vardanian, direttore della ONG Foreste d'Armenia. Le valutazioni fornite dagli esperti al ministero dell'Ambiente non hanno stimato il numero di specie animali e vegetali che la miniera distruggerà, né gli effetti sulla popolazione umana, ha aggiunto.

Gli esperti della commissione statale che a Erevan hanno approvato queste valutazioni per il ministero si sono rifiutati di parlare con EurasiaNet.

Per converso un'indagine indipendente durata un mese, condotta da Vardanian, dal presidente dell'Unione dei verdi di Armenia, Sanasarian, e dal presidente dell'Associazione socio-ecologica, Srbuhi Harutyunian, ha valutato che la miniera causerà un danno terribile all'ambiente circostante.

Secondo questi dati, se la miniera verrà ampliata 59 specie di uccelli, 55 di mammiferi, 10 di rettili, 29 di pesci e 191 di piante saranno distrutte. 21 di queste specie di mammiferi, 11 di pesci e 9 di piante sono registrate nel Libro rosso internazionale delle specie a rischio, pubblicato dall'Unione internazionale per la conservazione della natura e delle risorse naturali. Due delle specie di piante in questione si trovano solo nelle foreste di Teghut.

Gli specialisti temono che verranno distrutti anche monumenti architettonici che datano dall'Età del bronzo al dodicesimo secolo, e che vanno dalle tombe alle chiese ai tradizionali khachkar (le croci di pietra armene).

"L'ampliamento della miniera di Teghut porrà le basi per un processo senza precedenti", ha detto il presidente dell'Unione dei verdi, Sanasaryan. Anche se è già successo che le attività estrattive distruggessero parti di foreste, "fino ad oggi non era mai avvenuto che l'intero territorio destinato ad essere trasformato in una miniera fosse una foresta naturale".

In risposta, Vardanian e il suo gruppo sostengono che ci sono "buone" basi per presentare un ricorso all'ufficio del procuratore, perché invalidi le valutazioni ministeriali d'impatto ambientale, a loro dire incomplete.

Non c'è però grande ottimismo sul successo di questa iniziativa. L'avvocato Vardanian ha sostenuto che il ministro per la Protezione dell'ambiente, Ayvazian, ha definito la decisione di riaprire la miniera di rame "una decisione politica, che verrà comunque realizzata, qualunque cosa voi facciate". Secondo Vardanian e i suoi compagni il ministero ha mancato nel non presentare ricorso contro la gara d'appalto del 2001 per l'ampliamento della miniera.

In una conferenza stampa del 16 febbraio il ministro Ayvazian ha descritto la posizione del governo come "molto decisa".

"In Armenia ogni anno si tagliano legalmente almeno 100.000 metri cubi di legna, e 600-700.000 illegalmente, e io non vedo problemi o difficoltà nel disboscamento di Teghut", ha detto Ayvazyan. L'operazione interesserà via via settori diversi, ha aggiunto, e la ACP "porterà avanti delle opere di riforestazione in altre aree".

La regione di Lori, in cui la miniera è situata, è già considerata dagli specialisti dell'ambiente e della sanità come una zona di disastro ambientale. Secondo le statistiche del ministero della Salute, la percentuale di allergie e di patologie asmatiche è dieci volte superiore alla media nazionale. Anche il tasso di malformazioni neonatali a Lori è uno dei più alti d'Armenia.

Secondo gli ambientalisti la causa va ricercata nelle attività estrattive che sono portate avanti nella regione. Oltre alla miniera di Teghut, a Lori si trovano una miniera di ferro ad Akhtala, uno stabilimento chimico a Vanadzor, una fabbrica a Tumanyan che produce materiali ignifughi, ed uno stabilimento metallurgico ad Alaverdi, anch'esso gestito dalla ACP. Dal 1996 lo stabilimento di Alaverdi ha operato senza filtri, il che ha portato ad un costante rilascio nell'aria di diossido di zolfo ed altri composti nocivi.

"La regione di Lori ha perso il suo equilibrio ecologico, e l'ampliamento della miniera di Teghut aggraverà terribilmente la situazione", ha commentato Srbuhi Harutyunyan.

In risposta la ACP ha sottolineato i 1.400 posti di lavoro che la riapertura della miniera di rame offrirà ai residenti locali. Nella regione la povertà imperversa.

Secondo gli ambientalisti però non tutti gli abitanti dei villaggi sono entusiasti delle possibilità d'impiego. Più della metà degli abitanti dei vicini villaggi di Teghut e Shnokh si è rifiutata di vendere le proprie terre per lo sfruttamento minerario, ha detto Vardanian.

"I più anziani non riescono ad immaginarsi come potrebbero lasciare il posto in cui sono nati e in cui vivono", ha commentato.

*Marianna Grigoryan è una giornalista del settimanale Armenianow.com di Erevan