Mitrovica

Kosovo settentrionale, il dramma di Mitrovica, città che dopo la guerra del '99 è rimasta divisa in due, lungo la linea naturale del fiume Ibar. Cosa fare per unificarla? Le voci di alcuni attori locali

29/12/2005 -  Alma Lama Pristina

Florent Hajrizi è tra quei giovani che hanno deciso di fare qualcosa per la propria città, tormentata da una divisione che dura ormai da sei anni. I suoi amici all'inizio avevano dei dubbi quando lui decise di avviare la ONG locale Multiethnic Children and Youth Peace Centers, con l'intento di contribuire al miglioramento delle relazioni interetniche.
Il loro ultimo lavoro è un foto-progetto che intende costruire il dialogo e unire la città. Attraverso un percorso fotografico, due gruppi di giovani, nelle due parti della città, hanno lavorato insieme per presentare l'un l'altro la parte di città in cui vivono. Almeno una convivenza virtuale.

Al di là di queste iniziative, la città oggi vive una sorte di agonia. I giovani, che come nel resto del Kosovo rappresentano la maggior parte della popolazione, sono disoccupati e nutrono un sentimento di ribellione. Ad intermittenza il ponte sul fiume Ibar è presidiato dai soldati francesi della KFOR e circondato di filo spinato. Anche se ultimamente la propaganda ufficiale è incline a sostenere che la situazione riguardante la sicurezza sia normale, la fragilità della situazione è quotidianamente tangibile.

Florent sa bene che la città ha bisogno di un potente meccanismo per l'unificazione. Il problema di Mitrovica è aperto, mentre i negoziati per risolvere lo status del Kosovo sono appena cominciati. I negoziati risolveranno questo problema? Se sì, quale sarà il meccanismo? Se no, quali saranno le conseguenze? Quando si parla di Mitrovica, queste sono solo alcune delle domande che attendono risposte.

A proposito della città divisa, è stato lo stesso amministratore dell'UNMIK, Sorren Jessen Petersen, a riconoscere il fallimento di questa istituzione. Il 9 dicembre scorso, Petersen ha dichiarato: "Il problema di Mitrovica è estremamente complesso e noi, la comunità internazionale, l'UNMIK e le rispettive autorità di entrambi i lati, non siamo stati in grado di far avanzare questo processo nella direzione desiderata. Il fatto che non siamo riusciti negli scorsi sei anni a distruggere il muro che separa la parte nord da quella sud, implica che gli sforzi di entrambi le parti in causa, così come da parte dell'UNMIK e di gran parte della comunità internazionale non sono stati sufficienti, in termini di supporto necessario o pressioni per aiutare a risolvere questa questione".

L'analista Milazim Krasniqi, docente di filologia, dice che non ci sarà alcuna soluzione senza accordi speciali per Mitrovica, accordi che tengano conto della realtà venutasi a creare in sei anni di amministrazione internazionale. "Ora che il processo dei negoziati è cominciato, esiste la possibilità di prendere come riferimento 'la situazione di fatto' della separazione della città, dell'esistenza di due amministrazioni diverse, quella locale e quella legittimata dalla Serbia. Questo punto di partenza sarà usato dalla comunità internazionale come uno strumento di pressione nei confronti del gruppo negoziatore kosovaro, per imporre il più alto livello possibile di decentramento. Una variante più radicale prevede che Mitrovica ottenga lo status di amministrazione speciale, simile a quello di Brcko, in Bosnia Erzegovina. Ma questo minerebbe le possibilità di un accordo stabile", afferma Krasniqi.

Che sia necessario un accordo particolare lo pensa anche Enver Hoxhaj, professore di diritto internazionale presso l'Università di Pristina, e membro del Consiglio Generale del PDK. "La soluzione per la città di Mitrovica può essere trovata solamente se l'UNMIK creerà degli strumenti politici concreti, nominando degli inviati speciali," dice Hoxhaj. Secondo lui, su questo tema il partito democratico ha fatto pressione continuamente sull'UNMIK, ma fino ad ora nulla è cambiato.

Quando la guerra è finita la parte nord è stata abitata dai serbi, mentre in quella sud c'erano gli albanesi residenti. Ma i serbi del nord non sono solamente gli ex -abitanti di Mitrovica, sono anche gli sfollati provenienti da tutto il Kosovo. "Sono proprio questi che non sono interessati ad avere l'ordine e la legge" dice l'ex-premier del Kosovo, Bajram Rexhepi, pure lui cittadino di Mitrovica. La soluzione di questo problema, secondo l'ex-premier, può essere trovata mediante il ritorno della gente alle loro proprietà, per rinforzare e promuovere lo stato di diritto, lo sviluppo economico e i progetti comuni.

Secondo Rexhepi, all'UN Habitat spetta di risolvere i conflitti legali per le proprietà, ma è l'UNMIK che deve procedere per far ritornare gli abitanti nelle loro case. "Io attualmente non vedo una disponibilità di queste strutture," dice l'ex premier. "I serbi minacciano continuamente che se ci sarà qualche soluzione imposta con la forza, loro abbandoneranno il Kosovo. Questo vuol dire un fallimento delle forze di peace keeping della KFOR". Non si può escludere anche la possibilità che esista un accordo segreto tra la struttura internazionale e quella serba, che lascerà aperto questo problema, accordo che è fatto sotto la pressione della pulizia etnica e di disordini generali," dice Rexhepi.

Il governo di Rexhepi è stato il primo e l'unico ad aver preparato, nei suoi primi mesi di governo, una strategia per la riunificazione della città. Ma secondo Rexhepi la mancanza di proprie competenze ha fatto sì che la strategia non sfociasse in attività concrete.

Riguardo l'aspetto economico, gli abitanti albanesi e serbi di Mitrovica hanno dichiarato di essere pronti a lavorare insieme, però l'industria più grande dove hanno lavorato circa 11mila operai, quella delle miniere di Trepca, non funziona più.

"È questo il filo da cui deve cominciare la convivenza in una città divisa etnicamente" dice Rexhepi.

Florent è un esempio di come l'occupazione e il lavoro possono fare in modo che i giovani lascino dietro di sé l'odio etnico. "Io ho buoni rapporti di lavoro con i serbi, e alcuni di loro sono pure miei amici" dice ottimista. Però, sfortunatamente, non sono in molti a pensarla così.

L'anno scorso in marzo, dopo l'incidente in cui sono annegati tre bambini, la situazione è andata fuori controllo. Le violenti proteste erano soprattutto dei giovani frustrati.

L'ex premier dice che la soluzione per la città divisa deve essere compresa nello stesso pacchetto riguardante lo status del Kosovo e che dovrà essere amministrata insieme con gli internazionali. "Ma strutture come 'le guardie del Ponte' e i sevizi segreti della Serbia sono una realtà che va eliminata il più presto possibile" afferma Rexhepi.

Mitrovica non deve essere solamente una questione di volontà, dicono gli analisti. "L'UNMIK e la KFOR sono in ritardo su questa questione, perché adesso l'UNMIK è nella fase di riduzione delle competenze e di chiusura della sua missione" dice il professor Krasniqi, mentre la KFOR è concentrata a mantenere la stabilità in tutto il Kosovo, perché i negoziati potrebbero creare disordini anche in altre parti del Kosovo. Secondo Krasniqi adesso non esiste né la volontà, né il tempo e le capacità per cambiare la situazione.

"Dall'altra parte il team negoziatore non è preparato per creare una nuova dinamica riguardo la questione Mitrovica", dice Krasniqi. Ma c'è una cosa su cui tutti sono d'accordo, che la città divisa avrà sempre un potenziale negativo in grado di suscitare conflitti.

Negli ultimi giorni un gruppo di quattordici intellettuali di Mitrovica ha avanzato pubblicamente una richiesta affinché le sedi dei due ministeri che stanno per essere resi operativi, il ministero degli Interni e quello della Giustizia, vengano costruite a Mitrovica, con lo scopo di integrare maggiormente la città.