Continua la tensione tra Russia e Georgia. Piccole scaramucce, embargo sui vini, e una distanza sempre più difficile da colmare
Di Tom Parfitt, The Guardian , 24 febbraio 2006
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Maddalena Parolin
I viaggiatori che arrivano all'aeroporto di Tbilisi, capitale della Georgia, vengono accolti da uno spettacolo del tutto particolare: ai cittadini dell'UE, USA e Canada viene dato vivacemente il benvenuto da parte dei funzionari addetti al controllo passaporti, la maggior parte dei quali sono donne dal trucco vistoso e il sorriso beffardo; i viaggiatori russi provenienti da Mosca sono invece costretti ad accodarsi per il visto fuori da un minuscolo ufficio.
Per rendere la vita difficile ai loro ex compagni, i georgiani hanno stampato i formulari per la domanda del visto solo in inglese e nella propria lingua. La maggior parte dei russi non parla inglese, e i caratteri georgiani, benché molto belli da vedere, tondeggianti e simili a geroglifici, sono incomprensibili quanto l'arabo.
Alle donne col rossetto al di là dei vetri viene così fornita un'infinita fonte di divertimento nell'osservare la fila di russi umiliati, tra smorfie e sguardi ai misteriosi formulari.
E' solo un piccolo segno del crescente aggravarsi delle relazioni tra Mosca e Tbilisi, relazioni che sono divenute ancora più spinose dopo che Mikhail Saakashvili ha assunto la presidenza della Georgia con la rivoluzione delle rose nel 2004.
Ultimamente la tensione si avvicina sempre più a posizioni di aperto conflitto, a causa delle regioni separatiste georgiane protette da Mosca e della presenza delle truppe russe nel Paese.
Dopo il crollo dell'Unione Sovietica il Cremlino ha mantenuto ampie basi militari nei territori vicini. Quindici anni dopo i georgiani sono esasperati dalla continua presenza di queste truppe.
"Ho ricevuto il primo ministro turco in visita, e siamo passati nei pressi di una delle basi russe", ha raccontato l'anno scorso il presidente, Mikhail Saakashvili, in un'intervista al Guardian. "Era piuttosto sconcertato alla vista di quei soldati stranieri, a petto nudo, che stendevano ad asciugare i loro calzoni sulla torretta di un carroarmato. E nemmeno io avevo alcuna spiegazione ragionevole da dargli."
Dopo aver chiesto per anni che le truppe facessero i bagagli, il parlamento georgiano ha finito per perdere la calma ed in febbraio ha emesso una risoluzione che chiede al governo di assicurare il ritiro di tutte le forze di peacekeeping russe dall'Ossezia del Sud.
L'Ossezia del Sud è una delle due repubbliche nazionali interne alla Georgia e di fatto indipendenti (l'altra è Abkhazia), le quali mantengono stretti rapporti con Mosca.
Ritornare a controllare le due repubbliche separatiste è una delle priorità del governo di Saakashvili, il quale accusa la Russia di appoggiare il secessionismo nel tentativo di mantenere la Georgia instabile e debole. Nel gennaio scorso il presidente russo Vladimir Putin ha provocato le ire di Tbilisi, quando ha suggerito che se al Kosovo può venire concessa l'indipendenza, altrettanto occorrerebbe fare per l'Ossezia del Sud e l'Abkhazia.
Mentre la risoluzione del parlamento che chiede l'espulsione delle truppe russe non è vincolante, il governo sta ancora cercando una via d'uscita ma la risposta del Cremlino è stata aspra.
"Sono molto, molto dispiaciuto per i georgiani. Queste belle persone alle quali ci sentiamo vicini, attualmente sono in una situazione difficile," ha detto Putin con una compassione "glaciale" poco tempo fa.
"La Georgia sta vivendo grandi difficoltà economiche, e se alcune persone ritengono di risolvere questo tipo di problemi semplicemente distogliendo l'attenzione della gente, alla ricerca di nemici esterni, penso che vadano nella direzione sbagliata."
Sono seguite poi una serie di misure "occhio per occhio": l'ambasciata russa a Tbilisi ha - indovinate - smesso di concedere visti ai georgiani (in risposta ai presunti ritardi per le truppe russe nell'ottenere i propri documenti).
Il commentatore politico russo Gleb Pavlovsky, che è anche consulente al Cremlino, ha fatto infuriare Tbilisi quando ha suggerito che la disputa della Russia con Saakashvili potesse essere risolta con "una pallottola".
Sappiamo però che non è tutto semplicemente un'invenzione di Mosca nel tentativo di indebolire una ex repubblica sovietica. Le denunce dell'Ossezia del Sud in merito ai villaggi incendiati durante la guerra civile georgiana nel 1991 sono fondati; mentre gli abkhazi hanno ragione quando affermano che la loro repubblica non è mai stata una parte del paese completamente integrata.
Tskhinvali, la capitale dell'Ossezia del Sud, si sta armando per lo scontro. Recentemente il presidente Eduard Kokoyta ha accusato Saakashvili di star preparando un attacco militare. "Se i peacekeeper russi si ritireranno, faremo tutto il possibile per resistere all'aggressione delle forze georgiane" ha dichiarato il ministro della Difesa Anatoly Barankevich ad un giornalista. Barankevich ha affermato che le repubbliche russe del nord del Caucaso hanno promesso aiuto nel caso si arrivi ad una guerra.
Dobbiamo preoccuparci di queste aspre scaramucce in posti così lontani? L'Unione Europea si è preoccupata sufficientemente da mandare un messaggio alla Georgia raccomandandole di "trattenersi da azioni unilaterali".
Qualsiasi cosa accada, il conflitto fratricida è lontano dal risolversi. Alle donne dell'aeroporto di Tbilisi con i loro sorrisi coperti di rossetto è assicurato il divertimento ancora per molto tempo.