La stampa russa e la notizia dell'arresto di Radovan Karadžić: scetticismo e toni trattenuti di fronte al generale entusiasmo internazionale. Nostra rassegna
La stampa russa ha trattato con una certa freddezza la notizia dell'arresto di Radovan Karadžić. Di fronte al generale apprezzamento internazionale, l'atteggiamento misurato dei giornali si accompagna alla reazione trattenuta di Mosca a livello politico.
L'analisi più scettica e controcorrente arriva dalla Pravda, la voce più istituzionale nel panorama giornalistico che circonda il Cremlino.
Nell'articolo del 22 luglio, che pure non si schiera apertamente a favore di Karadžić né del suo operato, si tende a minimizzare il ruolo del personaggio nelle atrocità dei crimini di guerra, esaltandone invece le capacità militari e di leadership, nonché il "ruolo leggendario" nell'immaginario serbo.
L'autore del commento insiste sul carattere "mitologico" di questa figura, leader e salvatore del popolo serbo, nonché l'uomo più ricercato al mondo dopo Bin Laden. Nel contesto degli eventi di questi giorni, il leader dei serbi di Bosnia viene dipinto come un capro espiatorio, scelto dal Tribunale Internazionale dell'Aja per un processo esemplare, un processo a un martire che diventa un processo all'intero popolo serbo. Anzi, il Tribunale avrebbe fortemente cercato questa seconda occasione, dopo che la morte di Milošević avrebbe privato il primo processo dimostrativo di una conclusione a tutti gli effetti.
L'articolo conclude con un cenno sarcastico alle reazioni internazionali: l'entusiasmo dell'Occidente, la Russia che non si sbilancia, la Serbia che cerca di sfruttare il momento per compiacere l'Europa, sperando in un avvicinamento all'Unione, ma con un occhio preoccupato alle proteste delle organizzazioni nazionaliste.
Proprio dagli scontri fra polizia e nazionalisti a Belgrado e dalle reazioni internazionali prende avvio l'analisi del quotidiano Izvestija, che con altrettanto scetticismo intitola "Troppo presto per gioire" l'articolo del 23 luglio firmato da Ksenija Fokina. L'autrice sottolinea quanto l'arresto sia stato applaudito da Europa e Stati Uniti, rifacendosi poi a fonti del Financial Times per affermare che proprio questi ultimi abbiano in realtà garantito la latitanza di Karadžić, forse in cambio della promessa di uscire dalla politica. Prosegue infatti tracciando un quadro tragicomico della latitanza di Karadžić, il "mago" che esercitava la medicina alternativa nella città di Belgrado mentre ufficialmente i servizi segreti lo cercavano per mare e terra.
L'analisi guarda con pessimismo alle possibili conseguenze dell'estradizione, a parere dell'autrice un secondo "compitino" presentato da Belgrado al giudizio dell'Europa dopo l'indipendenza del Kosovo. L'integrazione sarebbe ancora molto lontana, e l'entusiasmo di questi giorni non sarebbe che l'ennesima, labile promessa europea.
Nezavisimaja Gazeta, nell'articolo di Julija Petrovskaja del 24 luglio, si concentra invece sul futuro processo, che rischierebbe di trasformarsi in una tribuna politica per Karadžić che, come Milošević, si difenderà da solo (anche se, essendo psichiatra e non avvocato, sarà preparato da una squadra di avvocati), e che rischia l'ergastolo per genocidio, come altri personaggi a lui legati e già condannati.
L'autrice osserva come l'arresto stia suscitando acceso interesse nel mondo di Internet, dove le reazioni che emergono dai vari forum spaziano dall'entusiasmo per la cattura alla violenta difesa dell'ex-leader serbo-bosniaco.
Anche questo articolo evidenzia la fredda reazione di Mosca di fronte ad Europa e Stati Uniti che auspicano nuovi arresti, mentre Belgrado, nello sforzo di avvicinarsi all'Europa, già comincia a parlare dell'arresto di Mladić, che si nasconderebbe nella capitale serba, "ma non troppo".
A parlare più approfonditamente di Mladić è Kommersant che, citando fonti del Daily Telegraph, lo indica come il "traditore" che avrebbe indicato ai servizi segreti la posizione di Karadžić, che esercitava la medicina alternativa nel quartiere di Nuova Belgrado, consegnandolo quindi alle forze dell'ordine. Mladić, accusato degli stessi crimini contro l'umanità per il genocidio di Srebrenica, avrebbe cominciato a collaborare già mesi fa, nel tentativo di evitare un'estradizione.
Concludiamo la rassegna con l'articolo di Andrej Jaslavskij per Moskovskij Komsomolec, quotidiano popolare moscovita. Intitolato "I consigli per la meditazione di Radovan Karadžić", il pezzo riporta goliardicamente alcune "citazioni colte" tratte da conferenze e articoli pubblicati con lo pseudonimo di Dragan Dabić, per poi osservare come la Serbia si stia "vendendo" all'Europa e spiegando l'indifferenza di Mosca con un pragmatico "perché essere più serbi dei serbi?".