Il Caucaso meridionale tra Usa, Russia ed Unione Europea. Il ruolo di Iran e Turchia, la centralità della questione energetica. Nostra intervista ad Albert Bininashvili
Albert Bininashvili è Visiting Professor alla Columbia University (New York) e docente all'Interdisciplinary Master in Eastern European Studies (MIREES) dell'Università di Bologna (Forlì). Grande conoscitore dell'area caucasica e centroasiatica, e' esperto di sicurezza e geopolitica delle risorse energetiche, in particolare del Golfo Persico e del Mar Caspio
Qual è l'interesse degli Stati Uniti ad avere una forte presenza nel Caucaso?
Abbiamo detto che gli Stati Uniti non stanno cercando una nuova area di confronto con la Russia, ma dall'altra parte dobbiamo prendere in considerazione gli interessi americani nel Medio Oriente e nel Golfo Persico. Per questo motivo dobbiamo guardare all'Iran, Paese-chiave dell'area che rappresenta tanti problemi per la diplomazia americana e che costituisce una seria questione per gli interessi della sicurezza nazionale americana. Scopo degli Stati Uniti è quello di creare una specie di accerchiamento di questo Paese e per questo motivo Georgia e Azerbaigian hanno un ruolo assolutamente importante, considerando che da un punto di vista geo-strategico vediamo la presenza diretta americana in Afghanistan, in Iraq, in Turchia. Avere una presenza in Georgia e in Azerbaijan per garantire gli interessi americani potrebbe completare questo quadro e creare anche un clima che sia da incentivo per i leader dell'Iran ad entrare in una fase di trattative più realistica con gli USA.
Oltre a Stati Uniti, Russia ed Unione Europa, ci sono altri attori internazionali che, secondo lei, mirano ad assicurare la propria influenza nella regione? Ed in questo, quanto conta la possibilità di accedere alle risorse energetiche quali il petrolio ed il gas naturale provenienti dal Mar Caspio?
Due stati di alto rilievo regionale sono ben presenti e hanno confini diretti con la regione caucasica: la Turchia, membro della NATO, e l'Iran, Paese-chiave del Medio Oriente, Caucaso Meridionale e dell'Asia Centrale, che esiste sulla cartina geo-politica internazionale incessantemente da ventisei secoli e quindi con grande tradizione e cultura politica e diplomatica.
L'Iran è in una fase di realizzazione di grandi ambizioni regionali che però stanno assumendo anche un carattere di minaccia della stabilità e della sicurezza internazionale, vedi il programma atomico del Paese. Però ha confini diretti con Turkmenistan in Asia Centrale e con Armenia e Azerbaijan nel Caucaso. Riveste, inoltre, un ruolo nei conflitti locali, ad esempio in Karabakh dove ha preso una posizione più filo-armena per diversi motivi, tra i quali il fatto che il governo iraniano teme la possibilità di rinascita del nazionalismo azero che aumenterebbe il rischio di crescita dei sentimenti irredentisti degli azeri dell'Iran. L'Iran, inoltre, cerca di avere rapporti con Paesi che hanno sentimenti meno filo-occidentali, e quindi l'atteggiamento filo-americano e filo-europeo dell'Azerbaijan non va bene. L'Armenia invece, oltre ad avere un orientamento filo-russo, ha grande dipendenza economica per cui rappresenta anche un interessante mercato per l'Iran.
Per quanto riguarda i rapporti tra Georgia e Iran c'è da dire che la Georgia riceve indirettamente il gas iraniano, perché l'Iran lo pompa verso l'Armenia che parzialmente lo riesporta. Questo è un caso interessante perché assistiamo al fatto che un Paese filo-americano quale la Georgia sta mettendo a rischio le posizioni americane di embargo sull'Iran.
Il ruolo della Turchia è di massima importanza. Dal punto di vista delle risorse energetiche è già diventato un Paese-chiave per il transito di gas e petrolio: nonostante la forte resistenza della Russia, infatti, sono stati realizzati l'oleodotto Baku-Ceyhan ed il gasdotto Baku-Erzerum.
La Turchia potrebbe anche dare una dimensione internazionale ad alcuni progetti già realizzati che erano stati studiati solo per uso domestico turco. Mi riferisco, ad esempio, al progetto "Blue Stream" che porta il gas dalla Russia sotto il Mar Nero in Anatolia Orientale, a Trebisonda (Sochi-Trebisonda): questa pipeline potrebbe essere prolungata fino in Turchia centrale e occidentale e creare un collegamento con la Grecia e con i sistemi europei del gas.
In caso di miglioramento dei rapporti con l'Iran, inoltre, la Turchia potrebbe diventare lo sbocco naturale per enormi risorse di gas persiano che passerebbero attraverso il territorio turco verso l'Europa. In questo caso, sempre nel caso in cui un giorno noi dovessimo diventare testimoni del miglioramento dei rapporti con il governo di Teheran, a sua volta l'Iran potrebbe diventare un Paese di transito per l'esportazione del gas turkmeno e uzbeko, anziché costringere questi Paesi a svendere il loro gas alla Gazprom russa che poi lo distribuisce in Europa e mantiene quindi gli Stati europei in stato di dipendenza.
Quali sono, secondo lei, le prospettive future dei conflitti in Abkhazia, Ossezia del Sud e Nagorno-Karabakh? Quali le reali possibilità di soluzione? Come questi conflitti influenzano il processo di state-building, di transizione democratica e di sviluppo economico delle tre Repubbliche del Caucaso del Sud?
Inizierei da come questi conflitti influiscono sulla creazione della società civile e sul processo di state-building. L'esistenza dei conflitti è di per sé un grande ostacolo sulla strada per la realizzazione dei grandi progetti e delle grandi ambizioni dei popoli caucasici. Come ci si può aspettare di avere una società civile quando centinaia di migliaia di persone sono state sradicate dalle loro case e sono tuttora socialmente marginalizzate, come nel caso di Azerbaijan, Georgia e parzialmente Armenia?
E tutto ciò come risultato delle guerre inter-etniche che sono abbastanza lontane dall'essere risolte. Il conflitto in Nagorno-Karabakh è una disputa tra due stati, l'Armenia e l'Azerbaijan, e come risultato della guerra combattuta tra la fine degli Anni '80 e l'inizio degli Anni '90 il territorio del Karabakh è stato annesso dall'Armenia. Tutti gli sforzi di Yerevan oggi sono concentrati sull'integrazione totale di quest'area nelle strutture del governo armeno. Tanto è stato fatto finora e questo è stato favorito dalla pulizia etnica della popolazione azera che è stata fatta in queste zone. Un grosso problema di questo conflitto consiste nel fatto che non è stata occupata solo la zona del Karabakh ma un territorio più grande, nel quale la popolazione armena non è mai stata presente. Questo rappresenta un grande problema per tutti gli organismi che stanno cercando una soluzione alla disputa perché si può discutere l'appartenenza del Karabakh mettendolo in relazione con il desiderio di indipendenza della popolazione a maggioranza armena che esisteva già in epoca sovietica, ma cosa si può dire dei territori intorno al Karabakh che sono stati presi dall'Armenia e dove è stata effettuata una pulizia etnica? Penso che la posizione dell'Armenia di oggi, che nega qualsiasi possibilità di trattativa, sia una politica di procrastinazione nella speranza che col passare del tempo alcune cose si risolvano da sé. Il governo armeno sta facendo un grave errore a non utilizzare la sua forte posizione diplomatica per riprendere le trattative che potrebbero condurre probabilmente al riconoscimento di qualche forma di autonomia o ad un assetto di tipo federativo, in cambio della liberazione dei territori che sono stati occupati oltre il Karabakh. Il governo di Yerevan, però, non sembra voler riaprire i negoziati contando sulla presenza militare russa sul suo territorio e sui rapporti privilegiati con la Russia.
Per quanto riguarda i conflitti delle autonomie georgiane di Abkhazia e Ossezia del Sud, direi che questi conflitti possono essere risolti con la normalizzazione e il miglioramento dei rapporti bilaterali russo-georgiani. Ciò che oggi è importante per la diplomazia georgiana è cercare di sganciare la ricomposizione dei suoi conflitti interni dal collegamento con la risoluzione dei problemi della ex-Jugoslavia. E questo perché il Presidente russo Vladimir Putin sta ricattando la Georgia affermando che il futuro status di questi territori è legato alla posizione dell'Occidente sulla questione del Kossovo.
Quali sono il ruolo e lo spazio che la società civile si sta creando in Armenia, Azerbaijan e Georgia?
Piuttosto che di una società civile già esistente, parlerei dei problemi della nascita di una società civile in questi Paesi. Solo la Georgia ha mosso dei passi nella direzione della costruzione di una società civile, in quanto la vita politica culturale della Georgia è più ricca rispetto agli altri Paesi.
In Azerbaijan il contesto è quello di un regime autoritario che esercita grande pressione sugli oppositori politici. Anche in Armenia c'è una situazione di soffocamento della vita politica e di limitazione della libertà politica, anche se Yerevan avrebbe potuto diventare un Paese di avanguardia per lo sviluppo dei valori democratici occidentali nella regione grazie alla diaspora armena presente nei Paesi europei e negli Stati Uniti. Quindi direi che c'è ancora una lunga strada da percorrere per la creazione di una società civile nel Caucaso meridionale. 2 - fine