La Russia revoca l'embargo all'Abkhazia e stringe i rapporti con il Paese secessionista. Senza garantirne il riconoscimento ufficiale mantiene così la promessa fatta dopo il riconoscimento del Kosovo
Di Olga Allenova da Kommersant, 07.03.2008
Traduzione per Osservatorio Caucaso di Irene Dioli
Il 6 marzo, il ministero degli Esteri della Federazione Russa ha comunicato la revoca delle sanzioni economiche contro l'Abkhazia. Ora la Russia intratterrà regolari rapporti con il paese, pur senza garantirne il riconoscimento ufficiale. Così facendo, il Cremlino mantiene la promessa fatta dopo il riconoscimento del Kosovo.
Nella stessa data, il ministero ha indirizzato al comitato esecutivo della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) una nota ufficiale con cui annuncia il ritiro dell'embargo nei confronti dell'Abkhazia. Il documento comunica la revoca del divieto di intrattenere rapporti di natura commerciale, economica e finanziaria con il paese.
Al contempo, la Russia ha mantenuto il proposito di rivedere i rapporti con le repubbliche non riconosciute, formulato in seguito all'annuncio dell'indipendenza del Kosovo. Pur senza riconoscere l'Abkhazia, Mosca si dichiara disponibile ad intrattenere rapporti economici con Sukhumi.
Ricordiamo che la limitazione dei rapporti con l'Abkhazia risale alla risoluzione dei capi di Stato della CSI "Sulle misure di regolamentazione del conflitto con Abkhazie e Georgia" del 19 gennaio 1996. Secondo le dichiarazioni ufficiali, il documento mirava principalmente a portare Sukhumi su posizioni più morbide nel processo negoziale con Tbilisi, innanzitutto sulla questione del ritorno dei rifugiati.
Al ministero degli Esteri ritengono che l'Abkhazia abbia soddisfatto le richieste fondamentali espresse dai capi di Stato della CSI: "La maggior parte dei rifugiati di nazionalità georgiana sono tornati in Abkhazia". Il ministero osserva anche che il processo di rientro procede molto lentamente: oltre 200.000 rifugiati dall'Abkhazia rimane nelle regioni interne della Georgia in attesa di tornare in patria. Secondo i dati a disposizione, il proseguimento di questo processo di ritorno è frenato dal rifiuto della Georgia di effettuare la registrazione proposta dal Commissariato ONU per i rifugiati.
Sottolineata l'osservanza delle disposizioni da parte dell'Abkhazia, a fronte invece dell'atteggiamento non sempre costruttivo da parte georgiana, il ministero ha dichiarato che la conservazione delle precedenti restrizioni nei confronti dell'Abkhazia "ostacola la realizzazione dei programmi sociali ed economici nella regione e opprime la popolazione con ingiustificate privazioni".
Peraltro, a proposito di ingiustificate privazioni, Mosca fa un po' la furba. È noto che l'embargo introdotto un anno fa sulle merci georgiane non si estendeva all'Abkhazia: mandarini e grappoli d'uva continuavano ad arrivare sul mercato russo. Le restrizioni coinvolgevano solo i vini, tanto che nell'ultimo anno la produzione di vino in Abkhazia è rimasta praticamente ferma.
Vale anche la pena di osservare che non ci sono stati provvedimenti di questo tipo nei confronti dell'Ossezia del Sud. Questo ha motivazioni squisitamente geografiche: se Tskhinvali riceve l'autorizzazione ad esportare la propria produzione, sarà tutta la Georgia occidentale ad avvantaggiarsene. Prima dell'embargo, la maggior parte della produzione georgiana passava dall'Ossezia del Sud. Nel caso dell'Abkhazia, questo è escluso: finora, Sukhumi ha vietato il transito delle merci georgiane dirette in Russia.
È perfettamente evidente che la decisione di Mosca è fortemente legata all'intenzione di coinvolgere l'Abkhazia nell'organizzazione dei Giochi Invernali di Soci nel 2014. In condizioni di sanzioni economiche, la Russia potrebbe avvalersi delle risorse logistiche e produttive dell'Abkhazia solo di nascosto, mentre ora non avrà bisogno di trovare giustificazioni.