L'Armenia stretta tra l'alleato russo e il vicino georgiano, porta del Paese sul mar Nero. La voglia di neutralità, le pesanti ripercussioni della guerra sull'approvvigionamento di merci ed energia

03/09/2008 -  Kristine Gasparyan Yerevan

Il conflitto nel Caucaso meridionale ha devastato completamente la regione, in termini sia politici che economici. Allo stesso tempo, sembra essersi aperta una nuova era di conflitto russo-americano per una nuova regione di influenza.

In questo momento di tensione nei rapporti politici globali, per la regione potrebbe essere vitale il ruolo dell'Armenia, che è portata a mantenersi neutrale nelle sue relazioni con entrambi i Paesi vicini, Georgia e Russia. Le parti in lotta "apprezzeranno" il ruolo dell'Armenia in quanto alleato regionale, per rafforzare le loro posizioni nella regione. Ma per l'Armenia questa situazione non è in alcun modo vantaggiosa, dato che si concluderà con una nuova escalation nella situazione politica interna. In Armenia potrebbero riapparire due fronti contrapposti, di orientamento filorusso o filoamericano, con effetti potenzialmente disgreganti per lo Stato.

Per la prima volta, le forze politiche ritengono unanimamente che la neutralità diplomatica ufficiale sia la politica preferibile nei confronti di un conflitto tra due nazioni amiche dell'Armenia. Il presidente dell'Armenia, Serzhe Sargsyan, ha presentato le sue condoglianze per le vittime a entrambi i presidenti, sia quello russo che quello georgiano. Serzh Sargsyan ha nuovamente ribadito che la Federazione Russa è un alleato strategico e la Georgia un Paese amico, e che perciò l'Armenia è attivamente interessata al raggiungimento a breve di un accordo di pace.

Il presidente dell'Armenia ha confermato che l'Armenia è pronta a fungere da corridoio umanitario per entrambe le parti in lotta, e ha ribadito la sua intenzione di fornire assistenza umanitaria. Il governo armeno sta muovendo i passi del caso, compatibilmente con la situazione, offrendo assistenza umanitaria ad entrambe le parti, sia georgiana che osseta, e di partecipare alla riparazione di ponti e infrastrutture danneggiati.

Un simile approccio diplomatico si può ben spiegare prendendo in considerazione la natura dell'economia locale. La penuria di alcuni prodotti che si è venuta a creare in Armenia lascia spazio ad un ripensamento della politica estera del Paese, che consideri l'importanza di vie di comunicazione alternative.

La guerra, che è durata solo alcuni giorni, si è ripercossa sull'economia armena compromettendo in particolare i trasporti regolari delle merci provenienti dalla Georgia, e ha creato il panico nel mercato interno, specialmente sulle forniture di gas e di prodotti petroliferi. La temporanea interruzione delle attività del porto di Poti e la distruzione di un ponte ferroviario stanno minacciando di complicare ulteriormente la situazione.

Secondo Armenian News, dalla fine di agosto l'Armenia è alle prese con la peggiore penuria di carburante dall'inizio degli anni '90, nonostante la notizia della riapertura della linea ferroviaria georgiana Est-Ovest, che serve da principale linea di trasporto merci per i due Stati del Caucaso meridionale. La guerra ha lasciato il governo armeno nella difficoltà di ripristinare le forniture di grano, carburante e altri prodotti fondamentali dai porti georgiani sul Mar Nero di Poti e Batumi, che movimentano più del 90 per cento delle merci estere importate dall'Armenia.

Diverse forze politiche in Armenia hanno espresso la loro preoccupazione per questi violenti avvenimenti, insistendo sul fatto che la guerra, con le sue tragiche conseguenze, le tensioni internazionali ed i possibili ulteriori sviluppi, stanno interessando direttamente la regione, e in particolare l'Armenia e gli armeni. Da una parte la Georgia è la diretta confinante e la porta per il Mar Nero, dall'altra la Russia è per l'Armenia un partner strategico.

Uno dei principali partiti in Armenia - Dashnaktsutyun - ha sottolineato tre punti di particolare importanza per la situazione del Paese: innanzi tutto c'è il futuro del popolo del Nagorno Karabakh. Sotto questo profilo, la guerra in Georgia ha reso esplicita la mancanza di prospettive di una soluzione violenta dei conflitti etnici.

La seconda pietra angolare per la diplomazia armena dovrebbero essere gli interessi dei cosiddetti "armeni georgiani", particolarmente nella regione del Samtskhe-Javakheti, dove gli armeni sono la popolazione maggioritaria e il problema è la loro protezione in quanto minoranza nazionale.

La terza preoccupazione espressa da questo partito è che venga compresa l'importanza di mantenere l'unanimità in materie di importanza nazionale e che riguardano la stabilità del Paese.

L'opposizione, nel manifestare il proprio punto di vista sul conflitto in Georgia, sorprendentemente non sta esprimendo giudizi sulle azioni russe.

Il leader dell'opposizione e primo presidente dell'Armenia, Levon Ter-Petrosyan, ha espresso il suo punto di vista in un'intervista rilasciata a "A1+", in cui ha ribadito che nessuno può negare che la guerra sia stata scatenata dalla Georgia, che aveva come obiettivo quello di cancellare l'Ossezia del Sud con la forza, così come nessuno può negare che la Russia con il suo decisivo intervento abbia salvato il popolo osseto dal genocidio. Ter-Petrosyan ha descritto le azioni del leader georgiano come un tipico esempio di «wishful thinking»: pensare di poter realizzare i propri desideri, nonostante essi siano irraggiungibili.

L'ex ministro armeno per gli affari Esteri, Vardan Oskanyan, ha pubblicato un articolo sull' International Herald Tribune, commentando la situazione nel Caucaso e sottolinenando in particolare che quello attuale potrebbe essere un momento storico per il Caucaso: "Una opportunità storica, nel contesto di un nuovo patto regionale di sicurezza, per Bruxelles, Washington e Mosca, per incontrarsi con Tbilisi, Yerevan e Baku e creare un Caucaso non allineato, libero da alleanze contrapposte. Una tale neutralità, positiva, impegnata ed inclusiva sarebbe possibile e benefica per tutti".

Questa visione è in linea con la recente proposta della Turchia per una Piattaforma di stabilità e cooperazione in Caucaso. Gli alti funzionari turchi hanno già dichiarato diverse volte la loro intenzione di istituire la Piattaforma. Solo in futuro si vedrà se questo tentativo avrà successo.

I recenti violenti avvenimenti hanno provato una volta di più l'aspetto tragico e privo di prospettive dell'uso della forza quale modo per risolvere le questioni interetniche. Questa è la principale conclusione, che è necessario tenere in mente per evitare una escalation di altri conflitti, che stavolta potrebbero coinvolgere anche gli armeni.