La Bulgaria sta facendo passi rilevanti in molti settori. Ma non in quello della lotta e la cura di forme tumorali. Non è una questione legata a scarsità di risorse ma piuttosto deriva da un atteggiamento politico-culturale. Il malato di tumore viene dato per spacciato. Quindi non vengono destinate grandi risorse alla sua cura
Di Chiara Sighele*
Bulgaria 2005, non solo candidato modello
Integrazione nella NATO alle spalle, Trattato di adesione all'UE in corso di ratifica, dati macro-economici coerenti con i parametri di Maastricht, maggior tasso di investimenti diretti esteri sul PIL tra tutti i paesi dell'Europa Centro Orientale (10% nel 2004): sotto molti aspetti la Bulgaria del 2005 vanta ottimi risultati, aggiudicandosi anche l'appellativo di locomotrice dei Balcani. Eppure, dall'interno, c'è chi leva una voce discorde dal coro di valutazioni soddisfatte. Con una Tavola Rotonda intitolata "L'area delle malattie oncologiche nella riforma sanitaria fino al 2007 - Un genocidio per legge o strage in Bulgaria" il 20 giugno scorso il Psychological Center for Research (PCR) una ONG tra le più influenti in Bulgaria che si impegna a favore delle persone colpite da disabilità di vario genere ha richiamato l'attenzione sulle estreme difficoltà che i cittadini bulgari malati di cancro sono costretti a fronteggiare.
Con un piccolo ufficio in un seminterrato sul retro del palazzone in vetro della Bulbank, il PRCP ha posto la sua sede nel cuore politico ed economico di Sofia, quasi a simboleggiare il metodo di lavoro che lo contraddistingue. Caso ancora unico in Bulgaria, il Centro si propone infatti di promuovere cambiamenti sociali attraverso il lobbying, sul modello di partecipazione democratica tipico del Nord America. Gli strumenti per farlo certo non gli mancano: facendo capo ad una rete di 18 ONG estesa a tutte le regioni, è rappresentativo dell'intera realtà nazionale ed è anche uno dei 15 membri del Consiglio Bulgaro per l'Integrazione (organo consultivo nei confronti del Consiglio dei Ministri), oltre che avere il supporto tra gli altri della US Democracy Commission e della Commissione Europea.
Secondo l'organizzazione, il problema oncologico in Bulgaria ha raggiunto dimensioni tali da dover essere giudicato non solo incompatibile con la legislazione nazionale ed europea, ma sostanzialmente contrario al diritto umano più basilare, quello alla vita. I toni usati sono decisamente allarmanti e possono dare l'impressione di un'esagerazione. Questo genere di provocazione, tuttavia, non appartiene né ai metodi del Psychological Center né tanto meno allo stile dell'evento allestito il giugno scorso, che si proponeva di contribuire in modo costruttivo alla discussione sul tema. Il Forum è riuscito infatti a portare attorno allo stesso tavolo da un lato le associazioni dei malati e delle loro famiglie e dall'altro numerose personalità di spicco della politica nazionale e internazionale. La presenza del rappresentante permanente del FMI James Roaf e dell'ambasciatore d'Italia G. Battista Campagnola dà ulteriore conferma della volontà del Centro di creare una rete di collaborazioni con tutte le istituzioni disposte a farlo.
I numeri
Messa dunque da parte la motivazione "strategica", la giustificazione dell'allarme con cui la questione viene posta va ricercata altrove. Dal Rapporto di Sintesi espresso dal Forum e successivamente presentato alla Commissione Europea si ricavano cifre difficili da credere. Attualmente in Bulgaria 240 000 persone hanno lo status di malati oncologici, il che significa, comprendendo nella stima anche le famiglie di tali persone, che 1/5 della popolazione è affetta da questo problema. Con questi dati, il Paese è al primo posto in tutta Europa per il numero annuale di morti per forme di cancro curabili. Perché? La risposta del Centro è semplice: solo il 20-25 % dei malati ha accesso a medicinali e trattamenti che potrebbero salvare o prolungare la loro vita. Detto altrimenti, l'80% dei cittadini bulgari malati di cancro non possono ricevere le cure che la legislazione nazionale garantisce loro come un diritto, sottoforma o di trattamento gratuito o di rimborso al 100%. I soldi stanziati per il fondo oncologico non bastano!
La denuncia del PCRP è che le bassissime percentuali di accesso alle terapie non sono attribuibili alla povertà del Paese. In primis, l'Organizzazione Mondiale della Sanità richiede ai Paesi in via di sviluppo di coprire almeno il 49% dei casi oncologici, esattamente il doppio di quanto faccia oggi la Bulgaria. Inoltre, proprio i buoni risultati dell'economia bulgara offrono risorse grazie alle quali sarebbe possibile raddoppiare con relativa facilità gli attuali 50 milioni BGN annuali riservati a questo tipo di cure. Sommando gli avanzi di bilancio statale limitatamente 2004 e primo semestre 2005 e le riserve del Fondo Assicurazione Sanitaria Nazionale, si ottengono poco più di 3 miliardi BGN complessivamente disponibili. Ulteriori 50 milioni per le terapie oncologiche non si riescono tuttavia a reperire.
Un problema di molti. Un problema di tutti?
Come rende esplicito il Psychological Center, non le risorse sono il principale ostacolo ma la mancanza di volontà politica e, alla base, di maturità psicologica nell'affrontare la questione. Ascoltando le testimonianze di alcuni pazienti presenti all'incontro, forte è stata la sensazione di irrealtà. In Bulgaria risulta diffusa e radicata l'opinione che investire in una persona malata di cancro sia, in fondo, uno spreco di risorse: razionalità consiglia di rassegnarsi alla loro sorte segnata. Opinione pubblica e classe politica, incuranti dei risultati scientifici che smentiscono l'irreversibilità della malattia qualora venga diagnosticata in tempo e adeguatamente combattuta, sembrano accettare di buon grado la brutalità di una simile posizione, per cui qualche giorno, mese, anno di vita in più non vale poi molto. Di recente, tuttavia, qualcosa ha iniziato a muoversi e, anche grazie al sostegno di organizzazioni come il PCRP, sempre più persone decidono di rendere pubblica la loro situazione, denunciando l'ingiustizia di cui sono vittime. Un incoraggiante seppur doloroso successo è stato testimoniato dall'intervista telefonica ad una malata di Plovdiv, ormai allo stadio terminale, che nel febbraio scorso è stata la prima ad vincere una causa contro il Governo per averle negato il diritto all'assistenza.
Sullo sfondo di questa tragedia silenziosa, l'azione del Centro va valorizzata al massimo. In un contesto come quello bulgaro dove il tema della disabilità - sia essa fisica, mentale o derivata da malattie altamente invalidanti come per esempio il cancro - è ancora un tabù, il Psychological Center for Research esprime quella parte della società civile che si sente partecipe e responsabile dello sviluppo veramente democratico ed inclusivo del proprio paese. Nella Bulgaria che fa il conto alla rovescia per l'ingresso nell'UE, 180 000 malati sono lasciati soli di fronte al progredire del loro cancro: curabile, ma non curato. La convinzione del Psychological Center è che il dramma di questa (numerosa) minoranza dovrebbe essere considerato un problema di tutti i bulgari, cittadini ed istituzioni. Se anche la maggioranza dell'opinione pubblica e della politica bulgara se ne convincesse e se ne assumesse la responsabilità, mobilitando le risorse finanziarie e umane che il paese possiede, questa sarebbe davvero la miglior prova di maturità democratica con cui la Bulgaria potrebbe prepararsi all'adesione.
* Chiara Sighele sta realizzando uno stage formativo presso l'Ambasciata italiana a Sofia