Alexandre Prieto

Non sono molte le organizzazioni internazionali che hanno propri progetti a Srebrenica. Tra queste l'UNDP, 12,3 milioni di budget su 4 anni. A capo dell'ufficio nella cittadina bosniaca, Alexandre Prieto. Che abbiamo intervistato

13/05/2005 -  Andrea RossiniLuka Zanoni

Quando sono state avviate le attività dell'UNDP a Srebrenica ed a quanto ammonta il vostro budget?

Abbiamo iniziato a lavorare nel settembre-ottobre del 2002. Inizialmente dovevamo finire il programma nel settembre di quest'anno ma poi i fondi hanno tardato ad arrivare ed allora abbiamo dovuto estendere la tempistica. Staremo qui almeno per un altro anno. L'intero budget, sui 4 anni, è di 12,3 milioni di dollari.

Quali gli obiettivi principali dei progetti dell'UNDP a Srebrenica?

L'obiettivo principale è quello di promuovere il rilancio della regione e di promuovere una comunità multietnica. Il programma è suddiviso in cinque campi d'attività: governo locale, sviluppo economico, società civile, questioni di genere ed infrastrutture.

Quando avete deciso di lavorare in questi cinque specifici campi d'attività?

Riteniamo che i problemi che deve affrontare l'intera area siano interconnessi. Ciò significa che vi sono alti tassi di disoccupazione, strutture di governo deboli, l'infrastruttura è devastata e vi sono comunità divise e non vi è alcun senso di cittadinanza.

Promuovete progetti di formazione rivolti alle donne?

Alexandre Prieto

Ogni qual volta decidiamo di avviare attività in uno dei campi prima menzionati teniamo in considerazione le questioni di genere. Almeno il 42% di chi sta rientrando sono donne, spesso si tratta di vedove. La media nel resto della Bosnia è del 25%. Per questo motivo riteniamo che la questione di genere sia un fattore importante per lo sviluppo della regione. Il nostro scopo è quello di dare alle donne la possibilità di assumersi più responsabilità sia nei processi politici che in quelli di sviluppo economico.

Ha nominato prima la società civile. Quale la situazione di quest'ultima a Srebrenica? Vi sono ONG multietniche o quante promuovono progetti di collaborazione tra le varie comunità?

Il numero di ONG o, come preferiamo chiamarle, di organizzazioni della società civile qui nella municipalità di Srebrenica è relativamente alto. Per alcuni versi anche troppo alto e solo alcune di queste sono multi-etniche. Ve ne sono certe che stanno facendo un buon lavoro. Altre sono invece davvero deficitarie. La preoccupazione maggiore è che il mondo delle associazioni sia troppo schiacciato sui donatori. Ciò significa si agisce a seconda delle preferenze dei donatori e non delle esigenze riscontrate sul campo. Ora collaboriamo molto con loro ma a partire dal 2005 inizieremo a limitare il nostro coinvolgimento.
Quale il motivo di un così alto numero di ONG a Srebrenica?
Uno dei principali motivi è la disoccupazione. Le ONG sono percepite come un'opportunità di lavoro. Si crea un'ONG, si cercano e spesso trovano dei fondi ed almeno qualcuno di quelli che la ha fondata percepisce così un reddito. Quello che ci proponiamo nel prossimo anno è di creare organizzazioni di cittadini dato che riteniamo che vi sia una certa distanza tra le ONG ed i cittadini. Vogliamo lavorare di più con i cittadini.

Srebrenica ha attratto molte donazioni da tutto il mondo ma ciononostante quando si entra in città si ha l'impressione che la guerra sia finita da dieci minuti. Le infrastrutture ad esempio sono ancora molto danneggiate. Perché?

Parte dei fondi arrivati a Srebrenica sono stati investiti per ciò che all'inizio era più urgente: il sostegno agli sfollati. Poi molti soldi sono stati spesi per risistemare la rete elettrica, ed è ancora un capitolo di spesa ingente. La municipalità di Srebrenica è molto vasta e quindi ogni volta che occorre collegare un villaggio alla rete elettrica vanno spesi molti fondi.

Quindi quei soldi sono stati effettivamente spesi per la città?

Si, anche se è vero che entrando a Srebrenica non ci si rende conto di questo. Occorre andare nei villaggi attorno per trovare le strade riparate. Un altro problema con le strade è che sono state ricostruite con materiale scadente ed alla prima forte pioggia si rovinano. Molti fondi sono stati anche impiegati nella ricostruzione delle case: circa 9.000 euro in media per ogni casa. Quindi, considerando il tutto, la cifra si fa ingente. Certo non si percepisce molto di quanto fatto ... ma va anche considerato che la municipalità ha un budget molto limitato, che si aggira ogni anno sui 600.000-800.000 euro.

Quindi si è intervenuti molto nei villaggi?

Si, è vero.

Quanti sono gli sfollati serbi che vivono ancora a Srebrenica? Vi sono centri collettivi e chi se ne occupa?

Vi sono ancora sfollati a Srebrenica, vivono in campi e se ne occupano le autorità della Republika Srpska.

Avete idea di quanti siano e da dove provengano?

Credo che alcuni di loro siano originari dell'ovest della Bosnia ed altri di Sarajevo.

Quali a suo avviso le prospettive per lo sviluppo di quest'area?

Partirei dalle autorità locali. Credo che negli ultimi due anni i progressi siano stati moltissimi. Hanno fatto un gran lavoro e sono molto responsabili. Sono reattivi a nuove idee, nuove metodologie, e nuove prospettive di sviluppo. Se guardiamo a questo il futuro è incoraggiante. Dato che la municipalità risponde bene l'abbiamo molto coinvolta nei nostri programmi. Le municipalità sono in grado di implementare progetti e ciò significa che hanno sviluppato competenze sufficienti a farlo e che sono in grado di interpretare i bisogni dei cittadini quando definiscono i budget. Questo è positivo perché aiuta a diminuire le tensioni tra i vari gruppi etnici. Dal punto di vista dello sviluppo economico il tutto - ribadisco - è incoraggiante.

I processi di privatizzazione in altre parti della Bosnia stanno procedendo, qui no. Può essere questo il motivo del mancato sviluppo economico della regione?

No. E' importante ricordare che Srebrenica è stata sottoposta ad un vero e proprio embargo sui fondi internazionali sino al 2000. Ciò significa che per quattro anni non hanno ricevuto fondi dalla comunità internazionale, sono quindi anni indietro rispetto ad altre zone della Bosnia.

Quale il motivo di quest'embargo?

Per l'ostruzione che la comunità internazionale riceveva da parte delle autorità locali di allora, del partito politico al potere in quegli anni.

Un "embargo" su Srebrenica o sull'intera Republika Srpska?

Alexandre Prieto

Sulla municipalità di Srebrenica. Vi sono ancora alcune municipalità in Bosnia Erzegovina dove non vengono investiti fondi della comunità internazionale. Un altro problema che ha bloccato lo sviluppo di Srebrenica è che non è situata sulle principali direttive bosniache. Ma vi è potenziale per lo sviluppo. Dobbiamo lavorare con le persone per migliorare le loro capacità di essere loro stessi promotori del proprio sviluppo. Dobbiamo migliorare la gestione finanziaria delle imprese private, dobbiamo migliorare la loro possibilità di accedere al credito. Il potenziale maggiore arriva dalla lavorazione del legno e dallo sfruttamento delle foreste. Ma lavoriamo anche nel campo agricolo.

Perché puntare sull'agricoltura?

Perché la possibilità per la famiglie rientranti di trovare lavoro e garantirsi un reddito è minima qui. Il tasso di disoccupazione a Srebrenica è tra il 60 ed il 70%. Il numero di persone impiegate in aziende è limitato. Un'alternativa potrebbe essere l'agricoltura, almeno permetterebbe alle famiglie di avere un reddito minimo su cui contare.

Quest'opportunità non potrebbe essere sfruttata da chi vive in città. Uno deve decidere se stare in città o trasferirsi in campagna?

Si, in campagna vi sono più opportunità ed infatti i rientri hanno avuto più successo nei villaggi. Stiamo cercando di promuovere nuovi progetti rivolti direttamente a chi risiede in città: tra questi il sostegno alle imprese. Non riusciamo ad intervenire bene come facciamo in campagna ma ci proviamo.

Gran parte della comunità internazionale si sta preparando alle commemorazioni del 10 luglio. Ritenete che queste ultime aiutino la riconciliazione o rischiano piuttosto di rendere ancora più tesa la situazione?

E' una domanda difficile. Posso solo esprimere un punto di vista generale: le relazioni tra le varie comunità stanno migliorando, ma lentamente. E' un processo naturale che è difficile da rendere più rapido. Serve dare tempo, non vi è nulla che si possa fare a proposito perché si tratta di sentimenti. In economia è più semplice, si hanno buoni indicatori e si sa esattamente cosa fare. Qui si parla di cose difficili da misurare. Per me occorre in questo campo procedere molto cautamente.

Tornando alla ricostruzione ed al ritorno. Sta procedendo tutto bene?

Come accaduto in altre parti ella Bosnia vi sono case ricostruite per i rientranti che rimangono però vuote. A volte alcune famiglie hanno una casa in Federazione, nella quale vivono, e tengono anche una casa qui a Srebrenica senza però rientrare.

In precedenti interviste ci è stato detto che nonostante le statistiche ufficiali parlino di 4500 persone rientrate quelli che hanno fatto ritorno effettivamente sarebbero solo 1550 o forse meno ...

Si, dovrebbe essere così.

Ciò significa circa 1500 case vuote?

No, no, molte meno! In molti casi si tratta di persone che sono rientrati in possesso di appartamenti che erano rimasti integri e che non sono stati ricostruiti. Dovrebbe essere rientrato circa il 10-11% della popolazione ante-guerra, con il 10-15% della case ricostruite che rimangono vuote.

Si vuole creare a Srebrenica una scuola internazionale di pace, crede che questo potrà aiutare il processo di riconciliazione?

Vorrei innanzitutto capire a chi si rivolgerà questa scuola. Credo a persone che vengono da fuori e non ai cittadini di Srebrenica. Non credo che da un'iniziativa del genere possa trarre beneficio la popolazione locale. Credo invece sarebbe più interessante coinvolgere in alcuni progetti le scuole. Ogni anno aumenta il numero di bambini rientranti che frequentano le scuole locali. Da qui si deve ripartire.

Alla redazione dell'intervista ha collaborato Mirella Vukota