Ad inizio aprile a Zavidovici, BiH, si è festeggiato il decennale dell'apertura dell'Agenzia per la Democrazia Locale. Numerose iniziative ed un convegno in cui si è dibattuto di Bosnia e cooperazione decentrata
Scrive: Maria Perino, membro dell'Associazione ADL Zavodivici
A Zavidovici, il 7 aprile scorso, nell'ambito delle numerose manifestazioni organizzate per il decennale dell'apertura dell'ufficio dell'Ambasciata di Democrazia Locale, si è svolto il convegno "Gli attori locali e la cooperazione internazionale in Bosnia Erzegovina", un'iniziativa per ragionare sul senso della cooperazione a Zavidovici e nei Balcani, un anno dopo un incontro sullo stesso tema svoltosi a Sarajevo.
L'Adl di Zavidovici ha così confermato la volontà di compiere un percorso di analisi critica anche nei giorni dei festeggiamenti e delle celebrazioni, mediante un confronto tra voci che operano in ambiti diversi.
Esad Hecimovic, giornalista del settimanale bosniaco Dani, ha esaminato l'importanza dei simboli e dell'uso che ne viene fatto nel contesto bosniaco contemporaneo. L'analisi di Hecimovic è partita dall'immagine della firma degli Accordi di Dayton in cui appaiono sorridenti nel ruolo di pacificatori i presidenti di Serbia, Croazia e Bosnia Erzegovina, tutti e tre successivamente incriminati dal Tribunale dell'Aja per crimini di guerra. Accordi che - secondo il giornalista bosniaco - altro non furono che la definitiva legittimazione internazionale della separazione su base etnica del paese.
Oggi in Bosnia - ha proseguito Hecimovic - le cerimonie commemorative di quegli anni continuano ad essere divise tanto che nella maggior parte della popolazione la possibilità di costruire una memoria condivisa appare drammaticamente distante. E non bastano alcuni gesti retorici che di tanto in tanto si impongono all'attenzione dei media: la ricostruzione del ponte di Mostar, ad esempio, celebrata come simbolo di rinnovati legami in una popolazione che la guerra ha diviso, di fatto non unisce. Hecimovic ha spiegato che la città è nettamente divisa in zone etnicamente omogenee e il ponte si trova all'interno di una di queste: non divide o unisce nessuno.
Altri luoghi frequentati da tutte le comunità come Brcko e l'area "Arizona" (dal nome evocativo di un altrove ricco e libero da rivendicazioni di parte), se accomunano nella attività commerciali, negli acquisti e nei consumi - ha chiarito il giornalista bosniaco - sono tuttavia un'apparenza di normalità dietro alla quale non è difficile cogliere le reti criminali e le profonde disuguaglianze economiche che lacerano strutturalmente il paese.
Dalle considerazioni di Hecimovic è emersa la realtà di una "guerra protratta" e di una società instabile e divisa nella quale una cooperazione che crea relazioni e rapporti di fiducia è quindi uno strumento politico alternativo alle derive identitarie.
Proprio in merito alla cooperazione, la funzionaria del municipio di Zavidovici, Dzeraldina Milicevic, ha analizzato i rapporti che si sono sviluppati negli anni tra le istituzioni locali e l'Adl: i partenariati locali hanno permesso di realizzare numerose iniziative e di rispondere ad alcuni bisogni della popolazione, hanno attivato esperienze di partecipazione che si auspica possano continuare a crescere, specialmente tra i giovani. Ma è anche importante pensare, è stato sottolineato, a nuove forme di cooperazione orizzontale in un contesto che resta instabile.
Secondo Sanjin Buzo, esponente di "Dosta!" - movimento di contestazione che si è recentemente imposto nel panorama mediatico bosniaco - l'insoddisfazione e l'incertezza sociali trovano nei ripiegamenti nazionalisti un surrogato alla cittadinanza. I nuovi nazionalismi e la corruzione sistemica, ha affermato Buzo, hanno fatto crescere un diffuso e paralizzante senso di impotenza tra la popolazione e hanno bloccato la comunicazione politica dal basso. "Dosta! si presenta come voce di chi è stanco di essere destinatario passivo di interventi decisi da altri, e rifiutando alleanze e mediazioni denuncia un sistema politico corrotto e bloccato".
L'antagonismo di Dosta! è certamente uno squarcio che sollecita a reagire . Ma in quale direzione? E quali indicazioni può offrire alla cooperazione?
"La crisi e la frammentazione di questa società civile dimostrano semplicemente che è necessaria una ricerca di nuovi accordi /patti e di nuovi posizionamenti. Questo percorso passa per i singoli e per i gruppi trasversali che non sono necessariamente "registrati", che non hanno ad esempio sviluppato una propria visione o piano strategico d'azione". E' partita da questa considerazione Valentina Pellizzer, cooperante e ultima voce del convegno, per sviluppare un ragionamento sulle nuove forme di cooperazione di cui negli interventi precedenti si era cominciato ad accennare. Si tratta a suo avviso di imparare a mischiare diverse forme di cooperazione, di andare oltre l'apparato attuale il quale, benché nei casi migliori supplisca ai bisogni, "non produce cambiamento, non crea coscienza", si tratta di trovare "l'energia necessaria per proporre modelli fuori dagli attuali schemi sclerotici".
Ci pare quindi che dal convegno siano emerse una conferma e una prospettiva. La conferma del rifiuto degli schemi neocoloniali del diffuso umanitarismo e della pretesa di "raddrizzare i torti". La prospettiva di azione degli attori locali che si possono muovere verso convergenze tra istituzioni, organizzazioni transnazionali, movimenti sociali, associazionismo, incidendo in maniera significativa su diverse questioni, come architetti di mondi politici locali, alternativi all'etnopolitica, cellule di una nuova dimensione globale.