Anna amava moltissimo il suo Paese, per questo non poteva stare zitta. C'era chi non voleva sentirla, chi aveva paura di ascoltarla, chi non era in grado di reggere la pesantezza delle sue denunce. Ma per tanti costituiva un esempio di impegno e coraggio. Un editoriale

10/10/2006 -  Maddalena Parolin Oslo

Non c'è nessuno in Russia in grado di sostituire il coraggio, l'esperienza, le capacità di Anna Politkovskaya. "Uccisa l'ultima voce libera", hanno commentato molti. "Morta l'ultima espressione della libertà di stampa". Ed ora gli attivisti per i diritti umani e tutti coloro che in vario modo cercano di approfondire l'intricata realtà della Russia sempre meno libera, e la sua politica nel Caucaso, si sentono colpiti duramente e privati di una voce diventata ormai un punto fermo, con la responsabilità di reagire e il timore per un avvenire sempre più difficile.

La Cecenia è il nodo che collega e ingigantisce tutti i mali che affliggono la Russia: arbitrio, corruzione, xenofobia, crisi economica, disagio sociale, degrado del sistema giudiziario e dell'esercito. Anna si è tuffata a fondo nel tentativo di fare chiarezza su quel nodo complesso e per anni ha rischiato la vita senza mai smettere di denunciare la "guerra sporca" e di parlare ai suoi cittadini, ai potenti, al mondo.

Il ruolo dell'informazione durante la prima guerra cecena era stato determinante per mobilitare l'opinione pubblica e giungere agli accordi che nel 1996 avevano messo fine ad una guerra impopolare. Il Cremino ha fatto tesoro della lezione e con la seconda campagna, dal 1999, ha efficacemente impedito in tutti i modi l'informazione libera nel Paese e soprattutto la documentazione delle violazioni dei diritti umani nella Repubblica Cecena. Anna iniziò ad occuparsi di Cecenia proprio quando farlo diventava ancora più rischioso e con gli anni la sua figura era diventata un punto di riferimento internazionale, non solo come giornalista ma anche come difensore dei diritti umani.

Se qualcosa del conflitto ceceno è trapelato, moltissimo è merito del suo lavoro, della sua professionalità e tenacia, e della sua passione per il suo popolo e per la libertà.

Anna amava moltissimo il suo Paese, per questo non poteva stare zitta. C'era chi non voleva sentirla, chi aveva paura di ascoltarla, chi non era in grado di reggere la pesantezza delle sue denunce, così contrastanti con la versione ufficiale del Cremlino e della televisione. E c'era chi la ammirava: per tanti costituiva un esempio di impegno e coraggio.

Ma forse Anna è stata uccisa anche dai colleghi che l'hanno lasciata sola a raccontare quello che anche loro avrebbero dovuto raccontare, quelli che hanno preferito diventare cronisti di corte e hanno abdicato alla loro dignità di giornalisti. Sembrava che il suo nome, la sua notorietà e il suo essere al di sopra delle parti e contro tutte le forme di violenza fossero in grado di proteggerla, e forse per molto tempo è stato così.

Anna è stata uccisa in pieno centro a Mosca, nell'androne di casa sua. Oggi più che mai la Cecenia non è solo un posto pericoloso in cui andare, ma anche e soprattutto un argomento pericoloso di cui scrivere o anche solo parlare, indipendentemente da dove ci si trovi.

Silenzio in patria e dall'estero espressioni di sdegno, anche dai tanti leader che si vantano dell'amicizia personale di Putin e portano la loro parte di responsabilità nel non aver mai affrontato la questione dei diritti umani in Russia, nell'aver lasciato che la Cecenia divenisse una "tragedia dimenticata". Quante persone dovranno morire prima che l'Europa passi all'azione dopo aver preso coscienza di quello che sta succedendo in Russia e in Cecenia?

Il mondo intero reclama a gran voce indagini chiarificatrici e accurate che svelino i colpevoli e le responsabilità. Ma per avere ottimismo in merito occorrerebbe negare l'evidenza, e dimenticare i depistaggi che hanno circondato gli attentati di Mosca dell'autunno '99, le omissioni che circondano i terribili eventi del Nord-Ost (il sequestro del teatro di Mosca) e le verità nascoste della tragedia di Beslan. E non c'è più Anna ad indagare con la sua tenacia, a dare voce ai testimoni, ai superstiti, ai parenti, a tutti i dimenticati dopo le tragedie che hanno sconvolto il mondo intero.

Anna è andata al cuore delle questioni, mostrando alla Russia e al mondo le tante drammatiche conseguenze del conflitto intricato, gli attori che ne traggono profitto così come le vittime, da entrambe le parti, documentando con rigore e professionalità ogni sua singola affermazione, ogni sua denuncia, ogni più piccolo avvenimento.

Ci ha insegnato i motivi per cui i diritti umani in Russia e specialmente in Cecenia dovrebbero preoccupare tutti noi.

Aveva dato voce alle madri dei soldati russi, all'abbandono, da parte dello stato che avevano servito, dei propri figli con terribili ferite fisiche e traumi psicologici, del loro divenire pericolosi per sé stessi e per la società, sbandati, alcolizzati, violenti. Aveva raccontato il degrado del sistema militare, i pestaggi, le violenze. Andando avanti nonostante l'odio e a volte le minacce dei militari a causa del suo lavoro in Cecenia.

Aveva dato voce ai ceceni, entrando clandestinamente nel Paese e spiegandoci che per far sentire parte della Federazione Russa un popolo stremato sin dalle deportazioni di Stalin degli anni '40, e ora decimato da un decennio di guerra, ci vuole ben altro che una costituzione scritta a Mosca, elezioni farsa in odore di brogli e signori della guerra che nascosti dietro alte cariche dello stato sguinzagliano bande armate irregolari che terrorizzano il Paese, lasciandolo in un clima di paura che terrorizza quanto le bombe.

La vita e gli scritti di Anna Politkovskaya dimostrano senza mezzi termini che l'umanitarismo militare in realtà è solo la faccia pulita del terrorismo di stato. "Terrorismo di stato contro terrorismo di gruppo", l'aveva definito.

Anna ha tentato fino alla fine di mettere questa drammatica realtà sotto gli occhi dei cittadini russi e dei potenti che li manipolano nascondendosi dietro la vuota retorica della guerra. Ora che manca una delle menti piu' lucide e coraggiose della Russia, il futuro della Federazione sembra ancora più buio.

Chiunque sia stato il vero mandante di questo omicidio a sangue freddo, la sparizione di questa voce scomoda è stata sicuramente un ottimo regalo di compleanno per Putin e per i suoi pretoriani in Cecenia. E far emergere la verità sulle vittime di tutti i terrorismi, di stato e di gruppo, senza di lei sarà ancora più difficile.

Maddalena Parolin ha redatto questo articolo per Osservatorio sui Balcani e Peacelink