Chiusi dentro. I campi di confinamento nell'Europa del XXI secolo

Chiusi dentro - copertina

Presentazione del saggio edito di recente da Altreconomia, a cura della rete Rivolti ai Balcani, che esamina a fondo le politiche europee e italiane sulle migrazioni e l'asilo. Dall'esternalizzazione delle frontiere alla creazione di veri e propri campi di confinamento dentro e fuori l'Ue

Le migrazioni e la mobilità delle persone da almeno 25 anni  continuano ad essere gestite e vissute, senza visione come una perenne e non giustificata emergenza dai paesi europei, anziché offrire canali di ingresso sicure e legali alle persone che comunque continueranno ad arrivare, mosse dal desiderio di libertà, di lavoro, di  trovare un futuro di vita migliore. Si continua così senza successo a cercare di limitarle e scoraggiarne  l’arrivo con misure di sicurezze, deterrenza e impedimenti di ogni sorta lesivi spesso della dignità personale

Dall’adozione del trattato di Schengen negli anni 90 i viaggiatori dei ceti medi e popolari di Maghreb, Sahel e Turchia, che sino ad allora si imbarcavano regolarmente sui voli per le capitali europee con il solo passaporto ritirando all’arrivo il visto di tre mesi, si ritrovarono costretti a fare la fila davanti alle ambasciate, ricevendo nella maggior parte dei casi un diniego. Fino a quando le mafie del contrabbando dei porti franchi del Mediterraneo, intuito l’affare, iniziarono a sfruttare l’occasione prima dall’Albania e del Marocco, poi fu la volta di Turchia, Libano, Siria, Egitto e Tunisia e Libia prima verso le popolazioni di questi paesi e poi verso le persone provenienti dall’africa subsahariana e continentale.

Per quanto infatti il regime dei visti abbia trasformato la mobilità in un percorso a ostacoli, la frontiera è sempre rimasta aperta. Il grande equivoco sta tutto qui.

I divieti di viaggio non hanno fermato i flussi, né li hanno particolarmente contenuti: li hanno semplicemente dirottati sui canali illegali. Oltre al dramma delle attraversate nel mar Mediterraneo, a  partire dal 2014, in concomitanza con gli arrivi di popolazioni civili in fuga dalle guerre in Siria e in Iraq, migliaia di persone hanno intrapreso sulle rotte di terra un viaggio lungo l’Asia occidentale, la Turchia, le isole greche,  i Balcani e l’est Europa, nel tentativo di arrivare nei paesi dell’Unione Europea, persone che spesso sono trattenute ai margini sui confini esterni in campi di accoglienza che diventano stanziali, permanenti e di lungo periodo.

La pubblicazione "Chiusi dentro ", edito da Altreconomia racconta la vita e la storia di queste realtà di questi campi in un dossier curato dalla rete "Rivolti ai Balcani ", rete nata nel 2019 composta da più di 30 realtà italiane dell’associazionismo dell’accoglienza del giornalismo e del mondo accademico, con l’intento di informare curare e difendere le persone che attraversano “la rotta balcanica".
Intervengono:

Duccio Facchini direttore di Altreconomia

Gianfranco Schiavone presidente di ICS Trieste

Silvia Maraone (in collegamento dalla Bosnia Erzegovina) coordinatrice di IPSIA BIH e del progetto di accoglienza BRAT.

INFO:

IPSIA ACLI
Via della Signora 3, 20122 Milano - Tel. +39 027723227