Il governo di Tirana rende nota la presenza di 16 tonnellate di armi chimiche di distruzione di massa. A circa 50 km dalla capitale albanese sono ben nascosti i magazzini di stoccaggio di questo arsenale di vecchia fabbricazione, ma altamente pericoloso. Con l'aiuto degli USA l'intero arsenale verrà distrutto, il timore è che le armi giungano in possesso di reti del terrorismo

01/02/2005 -  Artan Puto Tirana

La stampa albanese ha discusso in questi giorni il problema delle armi chimiche di distruzione di massa che l'esercito albanese ha ereditato dal passato comunista. Il governo albanese ha dichiarato pubblicamente alle organizzazioni internazionali di essere in possesso di queste armi ed ha chiesto un'assistenza specializzata per poterle distruggerle.

Su questa vicenda il vice ministro albanese della difesa, Besnik Bare, in un incontro con l'Osservatorio sui Balcani, ha dichiarato che questo impegno del governo albanese dimostra l'impegno nell'integrazione nella NATO.

Secondo Bare "non si tratta di una scoperta archeologica, perché si sapeva dell'esistenza di queste armi, che sono rimaste custodite anche durante 1997, l'anno della instabilità sociale e politica, un anno molto critico per l'esercito albanese".

L'alto funzionario del Ministero albanese della difesa ha ammesso che il governo albanese aveva informato gli stati membri della NATO dell'esistenza di queste armi, già prima del 2003. Il governo albanese ha reso pubblica l'esistenza delle armi chimiche in accordo col quadro degli impegni previsti come stato firmatario, nel 1993, della Convenzione sulle Armi Chimiche delle Nazioni Unite.

Il vice ministro albanese della difesa Besnik Bare ha riferito che "eccetto le 16 tonnellate di sostanze chimiche dichiarate, l'esercito albanese non dispone di altri armi di distruzioni di massa. Con questo atto l'Albania si schiera tra i primi10 Paesi al mondo che hanno dichiarato il possesso di armi chimiche, dichiarando la sua buona volontà per distruggerle ha dato così un messaggio anche ai Paesi vicini per fare la stessa cosa e per togliere ai Balcani l'aggettivo di 'polveriera'".

Secondo la stampa degli ultimi giorni un equipe del Ministero della Difesa albanese ha ispezionato il luogo segreto dove si tengono le sostanze chimiche, un edificio custodito da 30 soldati (30-50 km dalla capitale). Come membro dell'equipe, il vice ministro Bare ha confermato che le armi chimiche sono simili a quelle usate durante la Seconda Guerra Mondiale e se dovessero essere impiegate nei proiettili causerebbero ustioni e intossicazioni.

"Le sostanze chimiche sono immagazzinate in recipienti metallici al riparo dalla ruggine. La presenza delle rondini in questo edificio dimostra un ambiente ancora non contaminato", dice il vice ministro.

Secondo il giornale "Gazeta Shqiptare", il quale fa riferimento a fonti militari "il raggio di attività di queste armi chimiche sarebbe di circa 50 km, eventuali perdite oppure una loro esplosione, avrebbero conseguenze imprevedibili per tutta la città di Tirana e le regioni intorno".

Xhelo Rexhepi, ex funzionario del Ministero albanese della Difesa ha dichiarato per il giornale "Panorama" che l'arsenale chimico faceva parte dell'aiuto solidale che l'Albania riceveva dalla Cina in base ad un accordo firmato dall'allora primo ministro albanese Mehmet Shehu ed il suo omologo cinese Chu En Lai. Questo accadeva nei primi anni '70, al tempo in cui l'Albania godeva di stretti legami politici con la Cina di Mao Tse Tung.

"Fino al 1960 gli armamenti che giungevano in Albania erano sopratutto di fabbricazione sovietica, ma dopo la rottura dei legami con l'URSS, le armi che giungevano nel Paese erano di fabbricazione cinese. Queste armi arrivavano nel paese dopo che le autorità militari albanesi avevano presentato alle autorità cinesi i bisogni dell'esercito albanese. Le armi provenivano dalla Cina, imbarcate su navi ed il loro trasporto era eseguito di nascosto, mettendo le armi nei depositi di grano delle navi di trasporto. Questo perché secondo le leggi internazionali era proibita la loro produzione, trasporto, vendita ed il loro stoccaggio" dichiara per "Gazeta Shqiptare", H.N., uno degli ex militari che ha preferito rimanere anonimo.

Secondo Xhelo Rexhepi, tra le armi di distruzione di massa, biologiche, nucleari e chimiche, l'Albania possedeva solo "sostanze tossiche militari", perché il piccolo Paese comunista cercava solo di difendersi da una presunta aggressione da parte degli imperialisti americani ed i revisionisti sovietici".

Le autorità albanesi hanno chiesto l'assistenza Americana per distruggere l'arsenale chimico, per proteggere la popolazione e per evitare ogni tentativo di farne uso per motivi terroristici da parte di reti fondamentaliste.

Gli USA hanno stanziato 18,2 milioni di $ per neutralizzare questo materiale pericoloso. Il progetto, che terminerà nell'aprile del 2007, e il primo di questo tipo che il governo americano realizzerà in un Paese dell'Europa del Sud-est.

A causa della mancanza di risorse economiche, il governo albanese metterà a disposizione "la massima sicurezza per la difesa delle armi chimiche e la trasparenza sulla loro distruzione", dice Bare.

Per questo motivo, pochi giorni fa l'Albania è stata visitata da un gruppo di specialisti militari e civili americani guidati dal capo dell'Agenzia della Riduzione degli Armamenti nel Dipartimento di Stato, Clacksen D. Wyckoff.

La delegazione Americana è stata ricevuta dal ministro albanese della difesa, Pandeli Majko, il quale, secondo la stampa albanese, ha apprezzato "l'aiuto incondizionato degli USA all'esercito albanese" che nella fattispecie si riferisce al progetto per la distruzione delle armi chimiche.

Dal canto suo, Washington ha espresso un giudizio positivo sulle autorità albanesi che si sono dimostrate pronte a proteggere questi armi e a consentirne la distruzione il più presto possibile.

Secondo l'ambasciatore Americano a Tirana Marcie Rees, in Albania arriverà molto presto un'apparecchiatura specializzata per queste operazioni, che consentirà la combustione di queste armi e la loro trasformazione in sostanze non dannose. Sembra che la preoccupazione maggiore degli Americani sia la paura che queste armi finiscano nelle mani di reti terroristiche, le quali possono offrire del denaro che non si può rifiutare da una amministrazione locale che soffre sempre di più della piaga della corruzione.