Sembra non placarsi la crisi politica in Albania. Il Partito Socialista, attualmente al governo, si divide ancora. Questa volta in merito alla rimozione del procuratore generale di Tirana Arben Rakipi. A favore il gruppo di Meta, contro quello di Nano.
Il Presidente Albanese Rexhep Meidani ha firmato lunedì scorso il decreto che conferma la rimozione dall'incarico del procuratore generale Arben Raikipi già
decisa dal parlamento albanese il 19 marzo scorso, lo ha reso noto una televisione privata albanese (25.03.02).
Il presidente non avrebbe comunicato le ragioni alla base della sua decisione e questo, secondo i commentatori della rete televisiva, significherebbe che "le ragioni date in parlamento il 19 marzo scorso restano valide". La decisione del Presidente Meidani segue infatti ad una mozione del parlamento albanese con la quale una strana coalizione formata dal Partito Democratico di Berisa e da parte del Partito socialista, quella che sostiene l'ex-premier Ilir Meta, aveva sfiduciato Rakipi.
Il Procuratore Generale ha riferito ai giornalisti che si appellerà presso la
Corte Costituzionale contro il decreto presidenziale. Ha inoltre annunciato che ai giudici della Corte spiegherà come mai un gruppo di parlamentari (almeno venti) coinvolti a
vario titolo nelle sue inchieste abbiano votato in parlamento contro di lui.
Rakipi alla richiesta dei giornalisti di rivelare i nomi dei parlamentari ai quali si riferiva ha risposto negativamente "i loro nomi li farò solo davanti alla Corte
Costituzionale quando verrà fissata la data della mia udienza". Anche il gruppo di parlamentari che ha boicottato il voto su Rakipi, capeggiato da Fatos Nano, ha fatto appello alla Corte Costituzionale contro la
mozione votata dal parlamento il 19 marzo scorso. Si contesta che a Rakipi non sia stato concesso di chiarire la propria posizione davanti ai parlamentari.
E come altri temi in passato anche il caso Rakipi ha portato drammaticamente in superficie la frattura in seno al Partito Socialista albanese. Il gruppo di
Ilir Meta si è schierato per le dimissioni di Rakipi sostenendo che il Procuratore Generale non aveva rispettato la propria imparzialità essendo molto
vicino a Fatos Nano. E' arrivato sino a votare una mozione congiuntamente al Partito Democratico di Berisa, da poco sceso dall'Aventino e rientrato in
parlamento. Il gruppo di Nano ha risposto a questa presa di posizione con durezza appellandosi alla Corte Costituzionale affermando che il gruppo di Meta ha
agito in questo modo solo per nascondere proprie responsabilità in vicende di corruzione.
La rimozione di Rakipi ha suscitato preoccupazioni presso la Direzione nazionale antimafia italiana. ''Sono molto rammaricato della decisione presa'' ha commentato
all' Ansa Francesco Mandoi, vice procuratore nazionale antimafia, a Tirana per partecipare a un seminario contro la corruzione pubblica. ''Rakipi aveva
avviato con l'Italia e con le procure di altri paesi europei importanti indagini contro la criminalita' organizzata - ha aggiunto Mandoi - e costituiva
personalmente un punto di riferimento''. Mandoi non ha nascosto il timore che ''la sostituzione del procuratore generale possa provocare un momento di
assestamento nel suo ufficio e una stasi nelle indagini dei quali potrebbe approfittare la criminalita'''. A parere del procuratore antimafia esiste ''il
rischio serio che venga scompaginato un ufficio che stava lavorando al meglio, non soltanto con l'Italia''. La Direzione nazionale antimafia ha condotto
numerose indagini negli ultimi anni collaborando proprio con Arben Rakipi.
Rakipi ha affermato che è in ogni caso sua intenzione dimettersi anche se la Corte Costituzionale, nelle prossime settimane, dovesse pronunciarsi a suo favore.