Jak Pacani nella sua cantina - Ivo Danchev/OBCT

Jak Pacani nella sua cantina - Ivo Danchev/OBCT

La regione alluvionale della Zadrima, in Albania settentrionale, è da sempre a forte vocazione agricola. Dopo le difficoltà della transizione, l'area cerca ora di rilanciarsi puntando al turismo e alla produzione biologica. Nostra intervista

14/12/2017 -  Francesco Martino Scutari

Jak Pacani è viticoltore, agronomo, apicoltore. Pioniere del rilancio dell'agricoltura nella Zadrima dopo il crollo del sistema cooperativo comunista, è oggi impegnato nel rilancio dell'istruzione specializzata in campo agricolo e nell'introduzione di protocolli biologici nella produzione. Lo abbiamo incontrato nella sua azienda vinicola nel villaggio di Naraç, a pochi chilometri dalla cittadina di Vau i Dejës.

La Zadrima è una regione a forte vocazione agricola, quali sono le sue maggiori potenzialità?

Il territorio di Vau i Dejës e l’intera zona della Zadrima ha un grande potenziale dal punto di vista agricolo: sui suoi 11 mila ettari di terreni agricoli si coltivano vari cereali e foraggi. In più, Vau i Dejës conta 250 ettari di vigne, 150 ettari di olive e 250 ettari di castagne. Nelle regioni più montagnose del territorio si coltivano anche le piante officinali. Qui però le infrastrutture sono molto carenti: un problema che costringe molti a trasferirsi nelle zone più urbanizzate.

E le risorse umane? Esiste un sistema di istruzione professionale adatto a sviluppare le potenzialità agricole del territorio?

L'istituzione principale per la formazione professionale è una scuola che si trova a Bushat, uno dei villaggi della regione. E' una delle cinque scuole professionali agricole oggi presenti in Albania. Ma per sviluppare ancora di più le risorse a disposizione occorre dare maggiore importanza alla scuola e alla formazione professionale. I giovani di quest'area sanno poco di agricoltura e gli agronomi in attività iniziano ad essere anziani. Occorrerebbe un passaggio di consegne tra gli agronomi dei villaggi della zona e i giovani.

Ma i giovani desiderano occuparsi di agricoltura o pensano di trasferirsi nei centri urbani?

Il governo deve agire, per fare in modo che i giovani abbiano la possibilità di rimanere. In particolare occorre arrivare ad un raggruppamento fondiario per mettere in mano ai giovani terreni più ampi da lavorare.

In ogni caso di positivo c'è che in questa zona si tende a non vendere i terreni agricoli ricevuti dai nonni e bisnonni, si tende a volerli lavorare. Per questo vi è potenziale ma va accompagnato con la formazione professionale. A mio parere, lo stato dovrebbe incentivare e sostenere i giovani che intraprendono un percorso di studio agrario. Attraverso la specializzazione, le nuove figure professionali possono rinnovare l’intero sistema agricolo.

Per le istituzioni albanesi l'agricoltura è una priorità?

No, finora lo sviluppo agricolo non è stato una delle priorità. Mancano le politiche di incentivo all’aumento della produzione e purtroppo siamo molto indietro rispetto al rendimento che si aveva prima degli anni '90. Da queste parti si producevano fino a cento quintali di mais per ettaro mentre oggi non rendono più a questi livelli.

Molti sono i fattori che hanno portato a questo risultato: la frammentazione della proprietà agricola, informazioni scorrette sulle pratiche agricole, sementi di scarsa qualità e fase produttiva non seguita a sufficienza da esperti di agronomia.

A questo vanno aggiunte informazioni carenti sull'uso dei pesticidi e la quasi totale assenza di analisi dei terreni per svilupparne le potenzialità. In teoria la normativa legale sulle pratiche della produzione agricola esiste ma non viene seguita. In quest'area, ad esempio, durante il comunismo vi erano decine di laboratori che potevano effettuare l'analisi dei terreni e informare sull'uso dei pesticidi. Ora ce n'è uno solo per tutta l'Albania, a Fushë-Krujë, a 70 chilometri da qui. Una distanza che lo rende di fatto irraggiungibile alla maggior parte degli agricoltori locali.

Nella situazione attuale il lavoro della terra garantisce alle famiglie che vi sono impegnate un livello di vita dignitoso?

Si può riuscire a vivere di agricoltura, ma di certo non ci si arricchisce. Una strategia spesso utilizzata è integrare diverse colture come le vigne, le olive e gli ortaggi in serra.

Non mancano alcuni esempi positivi: ad esempio da un paio di anni una fetta rilevante del mercato kosovaro di ortaggi si copre con verdure coltivate nelle serre di Kosmaç, uno dei villaggi della Zadrima.

Ma un'opportunità di maggiore sostenibilità arriva anche dal turismo, sia nelle aree di pianura che in montagna. Qui vicino abbiamo ad esempio il sito archeologico di Koman, unico in Europa o i paesaggi magnifici dell'altipiano di Toplanë. Posso aggiungere altre attrazioni turistiche come la caverna delle Colombe, i castelli di Sava, Vigu e Deja. Il territorio offre molte risorse che bisogna sfruttare. E' importante legare l'agricoltura al turismo promuovendo l’agriturismo, il trekking e le passeggiate a cavallo.

Rispetto alla prospettiva di sviluppare il biologico nella Zadrima, qual è il suo punto di vista e quali sono le principali difficoltà?

Il biologico rivestirà sempre più importanza e, del resto, le nostre produzioni attuali non sono molto lontane dall'essere bio. Uliveti e vigneti restano poco trattati e così le pratiche attuali sono molto vicine all'agricoltura biologica.

La questione principale si pone per il futuro agricolo del biologico è l’incontro tra l’offerta e la domanda. Si riuscirà a vendere i propri prodotti? Il biologico ha costi produttivi più alti e una resa finale più bassa: questo significa che l'agricoltore albanese rischia nel breve periodo - e fino a che un sistema di agricoltura biologico non maturi davvero nel paese - di guadagnare meno da ciò che produce.

Serve quindi maggiore consapevolezza sul tema da parte di un gruppo di agricoltori il più ampio possibile, perché tra l'altro è necessario improntare protocolli comuni per percorrere questa strada e per ottenere adeguate certificazioni. Anche su questo tema c'è bisogno di formazione, che ancora manca.

La strada della produzione biologica può essere quindi percorsa, a patto che venga sostenuta da un gruppo ampio e coeso di agricoltori.

Consapevolezza dei produttori quindi, ma i consumatori albanesi sono pronti a cogliere la differenza tra un prodotto biologico ed uno che non lo è?

In Albania ci sono tanti contadini che per il mercato producono con l'agricoltura convenzionale, ma che per il consumo familiare scelgono prodotti bio, che spesso provengono da piccoli orti nei quali non fanno alcun tipo di trattamento. Faccio così anch'io. Ma sia i consumatori che gli agricoltori in Albania sono ancora poco consapevoli sul possibile impatto sulla salute dei prodotti chimici. Una scarsa consapevolezza che, dal lato della produzione, si riflette sull'uso spesso sconsiderato e poco informato di pesticidi.

Per saperne di più

Attenzione al destino di intere famiglie, allo sviluppo delle comunità locali, al paesaggio, ai temi dello sviluppo economico. Sono questi, in sintesi, gli elementi cardine che l’Alleanza per lo sviluppo e la valorizzazione dell’agricoltura famigliare del nord Albania si propone di mettere in moto, lavorando a partire dai saperi tradizionali, dalle produzioni tipiche e dal ruolo della donna.

Avviato nel marzo 2017, questo progetto triennale è promosso da due ong italiane – Reggio Terzo Mondo (RTM) e Cooperazione per lo sviluppo paesi emergenti (COSPE) – con il sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). L’obiettivo dell’iniziativa può suonare “tradizionale” – lo sviluppo eco-sostenibile di uno dei territori più arretrati dell’Albania – ma la rete e il metodo che si propongono di realizzarlo sono innovativi.

COSPE onlus lavora nell’ambito della cooperazione internazionale in 30 Paesi del mondo con circa 150 progetti a fianco di migliaia di donne e di uomini per un cambiamento che assicuri lo sviluppo equo e sostenibile, il rispetto dei diritti umani, la pace e la giustizia tra i popoli.

Da sempre si occupa di sovranità alimentare, diritto a terra, acqua e cibo e tutela ambientale, mettendo al centro la conversione ecologica e sociale dell’economia e degli stili di vita.