Scontro istituzionale in corso a Tirana sulle nomine dei nuovi giudici della Corte Suprema. Il parlamento respinge le candidature proposte dal presidente Topi. Il conflitto latente tra la presidenza della Repubblica e il premier Berisha, le diverse posizioni di democratici e socialisti
L'Albania è stata attraversata nelle ultime settimane da una grave crisi istituzionale, che ha coinvolto il presidente della Repubblica, Bamir Topi, il parlamento, in particolar modo la sua presidente Jozefina Topalli, e i membri della Corte Suprema.
La crisi è scattata nel momento in cui sono stati presentati al parlamento i 5 decreti presidenziali con i nomi dei 5 candidati alla Corte Suprema. La costituzione albanese prevede che la nomina dei membri di questa Corte venga proposta dal presidente della Repubblica sotto forma di decreto presidenziale, che deve essere approvato a maggioranza semplice dal parlamento. Tra i 17 membri della Corte Suprema ne dovevano venir sostituiti 5, il cui mandato è scaduto quest'anno.
Il presidente Topi aveva presentato le sue candidature al parlamento albanese nei primi giorni di maggio ma, tra dibattiti e questioni controverse, derivanti dall'irrisolto problema di Gerdec, le candidature sono giunte all'ordine del giorno solo il 19 giugno, dopo forti pressioni e addirittura boicottaggi da parte dell'opposizione. Il 19 giugno nell'aula del parlamento è accaduto un colpo di scena, mai visto prima d'ora nella storia post-comunista di questo Paese: nessuna delle candidature è riuscita ad ottenere i voti necessari alla nomina. La votazione segreta su cui in molti, premier Berisha incluso, hanno avuto da ridire, non ha procurato a nessuna delle candidature più di 40 voti, lasciando trasparire che i voti a favore erano stati solo quelli del partito Socialista (PS) mentre la maggioranza e i partiti minori dell'opposizione avevano votato contro la nomina dei 5 giudici.
Prima della votazione, una parte del parlamento temeva che anche tale evento si sarebbe tradotto in un tentativo di controllo da parte del partito Democratico (PD) nei confronti dell'istituzione del presidente della Repubblica. Di questo si era parlato a lungo dopo una recente proposta di Berisha, quella di includere nella revisione costituzionale anche l'obbligatorietà della controfirma da parte del premier ai decreti del presidente, proposta che non ha avuto alcun seguito.
Dalle fila del PD sono iniziate a circolare accuse nei confronti del presidente della Repubblica, per mancato rispetto della costituzione nella parte relativa a decreti e candidature. Qualcuno ha anche avanzato l'ipotesi di una prossima destituzione del presidente Topi. Nessuno però ha illustrato esplicitamente quali parti della costituzione fossero state violate dal presidente della Repubblica. Nel dibattito scaturito dalle accuse diversi costituzionalisti, tra cui anche l'ex rappresentante del PD Spartak Ngjela, hanno escluso l'ipotesi destituzione poiché la proposta delle candidature è avvenuta secondo quanto previsto dalla costituzione albanese.
Protagonista del conflitto è diventata soprattutto la presidente del parlamento albanese, Jozefina Topalli, che ha motivato le accuse non in base alla costituzione, bensì in base alla prassi che vuole che il presidente della Repubblica e le commissioni parlamentari discutano e decidano, sulla base di un comune accordo, le candidature che formalmente sono però proposte dal presidente.
L'analista del quotidiano "Shqip", Aleksander Cipa, ha definito le pretese della Topalli come "una violazione dell'indipendenza dell'istituzione presidenziale, oltre ad essere un inconfutabile tentativo di controllo della Corte Suprema". Dello stesso parere i rappresentanti dell'opposizione, che hanno definito il conflitto come "l'aspirazione di Berisha a controllare tutti i poteri, e a 'PD-izzare' il più possibile i membri della Corte Suprema". Mentre l'LSI (Movimento socialista per l'integrazione) ha proposto di dare maggior voce in capitolo ai partiti dell'opposizione nella prassi di consultazione tra il parlamento e il presidente.
Molto dure le reazioni di Bamir Topi, che ha partecipato a diverse conferenze stampa e approfondimenti televisivi, esprimendo la propria indignazione nei confronti del PD. "E' un'esecuzione politica nei confronti di queste illustri candidature", ha più volte affermato, commentando che la bocciatura dei suoi decreti è stato un duro colpo per l'istituzione del presidente. "Non so come si possano bocciare le candidature di illustri giuristi con alle spalle una brillante carriera alla Corte di Strasburgo, oppure di brillanti professionisti che durante il regime di Hoxha erano detenuti o confinati politici", ha denunciato Topi, non soffermandosi però sul conflitto sorto tra i poteri in Albania.
Ciò che più ha fatto discutere è stato il motivo, poco chiaro, per cui le candidature dei giudici non sono state accolte. La presidente del parlamento Jozefina Topalli ha preferito fare mistero sui motivi concreti, accusando il presidente della Repubblica di mancato rispetto del parlamento, evitando in tal modo eventuali motivazioni di merito.
Sulla stampa albanese, la bocciatura delle candidature è stata in parte attribuita al fatto che alcuni dei nomi proposti da Topi avevano ricoperto cariche importanti nel proprio ambito professionale anche durante il regime. Altri hanno attribuito la bocciatura semplicemente al fatto che le candidature erano state presentate senza la partecipazione del premier, interpretando la crisi istituzionale non solo come un conflitto tra il presidente e il parlamento, ma anche come un conflitto tra il presidente Topi e il premier Berisha. Tra gli analisti non manca chi ha voluto smentire le convinzioni secondo cui Topi è un presidente mite, promosso al vertice dello stato per garantire una condotta armoniosa con gli umori del premier. Ma le reazioni e il conflitto istituzionale in corso mettono seriamente in discussione l'indipendenza del presidente della Repubblica.
Secondo la tanto discussa prassi parlamentare, la prossima tappa spetta al presidente stesso e al parlamento, che deve fornire "assistenza legislativa" al primo. Per ora è stata istituita un'apposita commissione presso la presidenza della Repubblica, che sta raccogliendo i pareri dei partiti politici.
Nel frattempo lunghe consultazioni, non del tutto trasparenti secondo i media, si stanno svolgendo all'interno del PD. Nei prossimi giorni verranno resi pubblici nuovi nomi che si prevede avranno migliore sorte dei primi candidati, mentre finora i due principali partiti politici hanno reso note le condizioni per delle candidature accettabili. Si sono trovati dei punti in comune sull'integrità morale e sulla trasparenza dei redditi, divergono però su altre questioni come l'importanza che - secondo il PD - dovrà avere il passato politico dei candidati, e la professionalità, che il PS pone in primo piano rispetto agli aspetti politici.